22 Maggio 2024, mercoledì
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Dl Imu, scongiurato il fantasma della prima rata

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Archiviata la prima rata Imu. Durante la giornata di ieri, infatti, sono stati ritirati tutti gli emendamenti al dl 102 aventi ad oggetto una possibile riformulazione del pagamento della rata di giugno. A scatenare la reazione a catena, il ritiro dell’emendamento Pd che prevedeva la reintroduzione del pagamento anche della prima rata per tutte le abitazioni con rendita catastale pari e superiore a 750 euro.

Nonostante l’adesione quasi unanime di tutti gli schieramenti politici all’appello di Boccia e Capezzone, resta sul tavolo la proposta di Scelta civica, in base alla quale raddoppiando le detrazioni già previste, il 70% dei proprietari sarebbe comunque esentato dal pagamento dell’imposta, mentre il restante 30% la pagherebbe con l’applicazione di un ampio sconto. «Terremo sul tavolo la nostra proposta fino a che il governo non ci assicurerà che i 2,5 mld necessari per coprire anche la seconda rata Imu non deriveranno da altri aumenti di imposte già esistenti», ha spiegato a ItaliaOggi il vicepresidente della Commissione finanze Enrico Zanetti (Sc), «il governo, per ora, ha solo garantito che le coperture verranno trovate, senza spiegare né come né perché».

Obama ai Republbicani: approvate il bilancio

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Il default per gli Stati Uniti sarebbe una bomba nucleare. Lo ha detto il presidente degli Usa, Barack Obama, citando il finanziere miliardario Warren Buffett. “Se non si alzasse il tetto sul debito gli Usa non sarebbero in grado di rispettare i loro impegni finanziari e per la volta in 225 anni andremmo in default: sarebbe insano, catastrofico, il caos”. Obama ha aggiunto che per quanto “irresponsabile” possa essere lo shutdowun, il default sarebbe “drammaticamente peggiore”. Il presidente degli Usa ha in sosstanza lanciato un ultimatum ai Repubblicani, che con la loro opposizione all’innalzamento del tetot del debito hanno in pratica provocato la paralisi dell’amministrazione statunitense: “I membri del congresso e i Repubblicani della camera in particolare, cessino di chiedere un riscatto, invece di fare il loro lavoro: due dei loro compiti fondamentali sono approvare il bilancio e fare in modo che l’America paghi i suoi conti.

Carceri, da Pd e Pdl sì a Napolitano

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“Impegno totale”, promette Renato Schifani, capogruppo del Pdl in senato. “Subito amnistia e indulto”, sostiene Luigi Manconi (Pd). Popolo della libertà e Partito democratico accolgono così il messaggio rivolto alle camere dal presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, e assicurano che presto le parole del capo dello stato saranno tradotte in leggi. Rispondono con meno entusiasmo il Movimento 5 Stelle, che sottolinea come “si tenti di salvare il caimano” e Idv, che attraverso Tonino Di Pietro parla di “tempistica  sospetta” (chiaro il riferimento alle grane giudiziarie di Silvio Berlusconi e alla sua imminente decadenza da senatore).

Tanto più che ormai il dado sembra tratto. Perché il premier, Enrico Letta, ha assicurato che “per quanto di sua competenza, nel pieno rispetto delle prerogative del parlamento come richiamate dallo stesso presidente della Repubblica, il governo continuerà a fare di tutto per recepire indicazioni e sollecitazioni giunte dal capo dello Stato”, ha concluso. Ma per capire quanto il problema carceri sia sentito da Napolitano basta ascoltare le parole aspre rivolte dal capo dello stato conto le insinuazioni del M5S: «Quelli che, come i grillini, mi accusano di volere un’amnistia pro-Berlusconi sono persone che fanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese», ha risposto da Cracovia. «E non sanno quale tragedia sia quella delle carceri. Non ho altro da aggiungere».

Alitalia: governo al lavoro, il cda resta aperto

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Il cda di Alitalia confida in un veloce riequilibrio della situazione finanziaria. Al termine della riunione del consiglio di amministrazione, che è rimasta aperta ed è stata aggiornata a giovedì prossimo alle 17, la compagnia in una nota ha sottolineato che il cda “è confidente, vista la disponibilità manifestata dai soci e dal sistema bancario, che la situazione finanziaria possa essere presto riequilibrata”. Un riequilibrio indispensabile per evitare che nelle prossime due settimane l’azienda sia costretta a portare i libri in tribunale. La compagnia aerea è alla ricerca di 500 milioni di euro di capitali freschi dopo aver accumulato perdite per più di 840 milioni e debiti per circa un miliardo da quando nel 2009 è stata rilevata da un gruppo di imprenditori italiani e al 25% da Air France-Klm.

E mentre l’Enac guidato da Vito Riggio annuncia che nei prossimi giorni ci saranno incontri per valutare la capacità di Alitalia di garantire la continuità aziendale indispensabile per mantenere la licenza di volo, il vicepresidente della commissione Ue e commissario per l’industria, Antonio Tajani, si dice contrario al partner pubblico, “che rischia di far diventare di nuovo Alitalia una compagnia statale e potrebbe non essere lecito anche da un punto di vista degli aiuti di Stato” e si schiera per un accordo con un socio estero: “Credo che sarebbe la cosa migliore”, ha spiegato. Nel corso della riunione del cda il presidente, Roberto Colaninno, ha riferito ai soci che il governosta completando “l’analisi della situazione per definire idonei interventi per la definizione dei quali è stato chiesto un ulteriore e breve lasso di tempo”.

Riforma Fornero e Legge di stabilità 2013 riducono i limiti della deducibilità dei costi dei canoni di leasing

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E’ definito contratto di leasing un accordo atipico di finanziamento, formato da un contratto di compravendita e uno di locazione del bene. Infatti la società di leasing acquista il veicolo e lo concede in uso ad un’azienda dientro il pagamento di un canone periodico, e per un determinato periodo di tempo. Al termine del quale l’azienda può riscattare il bene, mediante l’opzione di acquisto.

A secondo del soggetto utilizzatore e della destinazione del veicolo la percentuale di deducibilità del leasing auto varia in una percentuale dal 100% al 20%.

I canoni di leasing sono deducibili nella misura del 100% se il veicolo è adibito ad uso pubblico o se utilizzato esclusivamente nell’attività dell’impresa. E’ deducibile nella misura del 70% se il veicolo in leasing è concesso ad uso promiscuo ai dipendenti. Mentre la deducibilità del 20% è riconosciuta per i veicoli che non sono impiegati come beni strumentali, tale misura è elevata dell’80% per i veicoli utilizzati dagli agenti e rappresentanti di commercio.

Dal reddito d’impresa i canoni possono essere dedotti in proporzione al costo del bene che non ecceda un tetto massimo di €18.075,99= per autovetture e caravan.

Diversamente sono i limiti per gli agenti e rappresentanti di commercio:

– autovetture e caravan € 25.822,82=

– motocicli €4.131,66=

– ciclomotori € 2.065,83=.

Di seguito le tavole sinottiche della normativa vigente:  

IMPRESE – UTILIZZO AZIENDALE

  Acquisto Leasing Noleggio Costi di gestione
         
NORMATIVA   20% del valore di acquisto attraverso quote di ammortamento, su max € 18.075,99= 20% del valore delle rate annue complessive su max € 18.075,99= 20% del valore dei canoni su max €  3.615,00= 20% dei costi effettivamente sostenuti e documentati

IMPRESE – USO PROMISCUO AI DIPENDENTI

  Acquisto Leasing Noleggio Costi di gestione
         
 NORMATIVA

 

70% del valore di acquisto senza limiti     70% del valore delle rate annue complessive senza limiti. 70% del valore dei canoni 70% dei costi effettivamente sostenuti e documentati

LAVORATORE AUTONOMO

  Acquisto Leasing Noleggio Costi di gestione
         
NORMATIVA 20% del valore di acquisto attraverso
quote di ammortamento, su max € 18.075,99=
20% del valore delle rate annue complessive su max € 18.075,99= 20% del valore dei canoni su max € 3.615,00= 20% dei costi effettivamente sostenuti e documentati

Rusciano Mariarosaria

Le stampanti 3D in crescita del 49%

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Il 2013 sarà l’anno della grande diffusione delle stampanti 3D. Secondo Gartner le vendite dei modelli al di sotto dei 100 mila dollari quest’anno saranno in crescita del 49%, per raggiungere un totale di 56.507 unità (si parla delle consegne ai rivenditori). Per gli anni a venire le performance saranno ancora maggiori: nel 2014 si raggiungerà il +75% arrivando a 98 mila unità, e un raddoppio dovrebbe essere registrato nel 2015. L’incremento della qualità e delle performance di questi prodotti sta portando a un aumento della domanda da parte di imprese dei diversi settori. Le stampanti 3D consentono infatti di ottenere modelli tridimensionali a partire da un software di progettazione e sono utilizzate per costruire prototipi, generalmente in scala, che vanno dagli elementi per le costruzioni alla medicina. La stampa tridimensionale è inoltre utilizzata anche dai consumatori, per esempio dai modellisti.

Il prezzo delle stampanti 3D scenderà nei prossimi anni, secondo gli analisti a causa della pressione competitiva e dei volumi di vendita via via maggiori, sebbene cresceranno contemporaneamente la qualità e la performance di questi prodotti.

Informazioni condivise su misura

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Le banche stanno attraversando un periodo di trasformazione epocale, in cui per mantenere un ruolo centrale nel contesto economico dovranno cambiare pelle evolvendo nella direzione di una sempre maggiore digitalizzazione dei propri sistemi. Puntando anche su condivisione e comunicazione non solo verso l’esterno ma anche al proprio interno. Una realtà presente in 20 Paesi con una rete internazionale distribuita in 50 mercati e circa 150 mila dipendenti, ha adottato a tal fine una nuova piattaforma intranet basata su Microsoft SharePoint, che gli permette di raggiungere tutti i dipendenti a prescindere da ruolo, lingua e cultura con una voce unica, facilitandone l’accesso agli strumenti di lavoro. «Avere colleghi aggiornati su ciò che accade in azienda è una priorità e influenza positivamente la customer satisfaction», ha raccontato a Circuits Patrizio Regis, head of group internal communications di Unicredit, «avevamo bisogno di diffondere in tutti i Paesi in cui operiamo messaggi e informazioni univoci e rilevanti dal punto di vista istituzionale e del business che i dipendenti potessero usare per gestire al meglio i clienti».

Prima di introdurre la nuova soluzione, Unicredit l’ha testata con il supporto di Microsoft su tremila colleghi rappresentanti di varie funzioni.

Sono state condotte interviste individuali per capire le reali esigenze e, successivamente, la piattaforma è stata gradualmente estesa a tutto il gruppo. «La nuova intranet permette una forte personalizzazione dei contenuti in base alle esigenze: è disponibile in cinque lingue (italiano, inglese, polacco, russo e tedesco) con cui raggiungiamo, in lingua madre, oltre 110 mila persone», ha continuato Regis. Inoltre prevede la possibilità di indirizzare i contenuti verso differenti profili utente in base alle esigenze di fruizione dei contenuti, società d’appartenenza, Paese di provenienza, ruolo e competenza. Oltre alla tradizionale notizia testuale sul web, sono inoltre disponibili video, gallerie fotografiche e podcast. «Ci siamo ispirati all’esperienza che tutti abbiamo sul web per offrire agli utenti una fruizione dotata di un vero valore aggiunto, dove il driver centrale è l’informazione.

Quello di Unicredit «è un esempio di come la tecnologia semplifica il lavoro delle banche, strette tra la necessità di razionalizzare i costi di struttura e la necessità di innovare in un mercato completamente cambiato», ha osservato Tiziana Olivieri, direttore della divisione enterprise e partner di Microsoft Italia, «c’è una forte spinta verso la comunicazione dove l’aspetto social media emerge in modo prepotente». Sempre operando nella direzione di una maggiore digitalizzazione, Microsoft ha realizzato progetti anche con altre banche, come Creval e Banca Carige.

Il Made in Italy senza l’Italia

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Da anni, ormai, la divaricazione tra l’andamento del business delle imprese del made in Italy e il ciclo economico italiano si è fatta visibile. Le aziende di successo nell’esportare il modo di vivere italiano nella dimensione globale, che offre opportunità in continuazione vista la propensione dei consumatori ad adottare su scala mondiale modelli nati in Italia come ben testimoniano Starbucks e Nespresso, continuano a mietere e inanellare performance da prime della classe. Cresce il loro fatturato, trascinato dalla crescita del Pil mondiale e dalla nuova domanda dei mercati emersi, la loro presenza geografica e la capacità di generare cash flow. Ferrero, Luxottica,Tod’s, Ferragamo, Prada, Prysmian e Generali sono solo alcune aziende con prodotti Made in Italy che hanno saputo ben navigare nel corso della peggiore crisi del mercato domestico dal secondo dopoguerra.

Resta comunque il fatto che mercato globale offre opportunità e i campioni del Made in Italy ne stanno approfittando al meglio. In questo modo il paradosso di un’importante economia esportatrice senza un corrispondente ombrello statale appare sempre più in tutta la sua anomala evidenza. Lo Stato-Nazione Italia si è praticamente liquefatto sotto la spinta della globalizzazione, cioè proprio quando la sua importanza per difendere il Made in Italy sarebbe stata massima. Mentre le altri grandi economie esportatrici, come la Germania, la Corea del Sud o la Svezia, hanno saputo stare sulla scena globale con istituzioni credibili e in grado di supportare e favorire il loro business nazionale, il Made in Italy si è ritrovato intrappolato in un Paese nel quale la perdita di tenuta delle istituzioni si è progressivamente accentuata tra governi politici poco credibili all’estero, atipici governi tecnici troppo timorosi nel riformare e inchieste diffuse della magistratura sulle varie Ilva o Finmeccanica, con evidenti ricadute sulla propensione internazionale a investire in Italia.

Twitter, perché vale tanto

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Nelle comunicazioni relative allo sbarco a Wall Street, Twitter ha rivelato i ricavi della piattaforma di microblogging derivati da un lato meno conosciuto delle proprie attività. 47,5 milioni di dollari provengono infatti dalla vendita dei dati raccolti a un gruppo di aziende in rapida crescita che li analizza per stabilire nuovi eventi e tendenze.

Una cifra piccola se paragonata ai ricavi generati dalla pubblicità, ma il business dei dati di Twitter è tutt’altro che irrilevante. Il flusso costante di esperienze, opinioni e sentimenti presenti sul sito ha dato vita a un enorme ecosistema, offrendo la possibilità di capire meglio le persone a coloro che sviluppano prodotti, agli studi di Hollywood ai principali rivenditori sino agli hedge fund. Grazie al sostegno di milioni di dollari in capitale di rischio, sono emerse centinaia di società di social listening.

«L’impatto economico di Twitter è molto più grande dei numeri finanziari con cui si presenta in borsa», ha affermato Rob Bailey, ceo di Data Sift, società di Londra che analizza i data distribuiti sui social network. Questo tipo di società individua tendenze che altrimenti richiederebbero anni per essere rilevate.

Un’opportunità potrebbe venire da Wall Street. Dataminr, che solo quest’anno ha raccolto 30 milioni di dollari di finanziamenti, ha fatto del serving trader la sua attività principale: usa algoritmi simili a quelli utilizzati per gli hedge fund per condurre high-speed trading. Cinque minuti prima la TV desse la notizia della sparatoria a Capitol Hill, gli abbonati di Dataminr erano stati avvertiti di agire, dando loro un vantaggio sulla notizia che ha fatto scendere il S&P Index di 20 punti cinque minuti più tardi.

Le società che analizzano i dati distribuiti sui social network sono la sottocategoria di una nuova industria dati in espansione che raccoglie, diffonde e analizza tutte le informazioni che le persone lasciano online. Mentre è difficile ottenere stime sul valore di mercato dell’industria che analizza i dati sui distribuiti social network, la società di ricerca Idc ha stimato che l’intero mercato dei big data è cresciuto sette volte più velocemente del settore dell’information technology nel suo complesso. Tra due anni potrebbe arrivare a un valore di 16,9 miliardi di dollari.

Il social network concorrente di Twitter, Facebook, ha per lo più evitato di essere coinvolto nel business dei dati. In parte questo è dovuto al fatto che il prodotto di Facebook non è basato sulle conversazioni pubbliche ma piuttosto sulla condivisione privata tra gli amici.

Ciascuna delle società che analizzano i dati dei social network si vantano di avere strumenti esclusivi di estrazione delle informazioni che vanno oltre i criteri di ricerca di base. Alcune riescono a focalizzarsi su un sottoinsieme di persone e a monitorare le frasi che esprimono emozioni. Poi riescono a creare uno schema di indicatori di sentimento che misura quello che quel determinato sottoinsieme pensa relativamente a un tema. Queste società hanno elaborato algoritmi di elaborazione di linguaggio colloquiale per osservare lo slang e le espressioni grammaticalmente scorrette e selezionare i tweet che indicano questioni urgenti a causa di parole come Breaking.

«Non ci limitiamo a contare il volume di queste tendenze. È troppo semplice», ha spiegato Nova Spivak, ceo di Bottlenose, «le aziende hanno passato anni a capire il passato, Twitter ha trovato un modo per misurare il presente». Secondo le aziende, è ancora troppo presto per determinare il valore a lungo termine dei dati di Twitter. Un rischio che Twitter ha rilevato nella documentazione relativa all’ipo è che la crescita della società potrebbe essere indebolita dagli spammer e dai account falsi. Un altro rischio è legato al fatto che gli account Twitter possono essere violati e usati per diffondere informazioni errate. Le società stanno comunque ancora cercando di capire come le conversazioni di Twitter siano collegate al mondo reale. La maggior parte non sta ancora abbandonando metodi come i focus group o le indagini di soddisfazione del cliente, ha affermato Darrell Jursa di Fleishmann Hillard, società di pubbliche relazioni specializzata in crisis management. «Tra l’80 e il 90% delle conversazioni avviene ancora offline», ha spiegato Jursa, «è necessario contestualizzare i dati con il resto». Inoltre, le società che utilizzano i dati stanno cercando sempre più di comprendere se una «crisi» di Twitter abbia in realtà un forte impatto o rimane circoscritta.

Dati, un magazzino per tutta l’azienda

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Il termine tecnico è data warehouse, il magazzino di dati da cui attingere per le attività aziendali. Di soluzioni che permettono di costruire il proprio data warehouse si parla da tempo, ma è negli ultimi anni che i dati hanno acquisito un’importanza crescente dal punto di vista strategico parallelamente all’incremento delle loro dimensioni, tanto che oggi si parla di big data.

«Dieci anni fa, quando abbiamo cominciato, il data warehouse era ancora un concetto da visionari», ha raccontato Franco Vittone, amministratore delegato di Teradata Italia, «ora è una filosofia largamente diffusa anche nelle aziende. La sua realizzazione, però, non è un fatto scontato. Avere un unico ambiente, un’unica versione dei dati che alimenta tutte le divisioni, è un processo non ancora completato». Nelle aziende, sottolinea il manager, tradizionalmente le diverse divisioni erano concepite come silos e così gli archivi a cui attingevano per la propria attività. Ancora oggi è così, e il processo di consolidamento non sempre è avvenuto: un certo numero di database convive e può capitare che lo stesso dato presenti valori differenti: «L’univocità è un valore enorme.

Credem, già dieci anni fa pensò di preparare un magazzino di dati il cui utilizzo si sarebbe sviluppato nel tempo. In pratica Credem si trovò nella necessità di dotarsi di un sistema evoluto di customer relationship management, ma colse la palla al balzo per innestarlo su di un archivio che poi avrebbe servito le altre attività fino ad arrivare oggi alla business intelligence. «All’epoca avevamo già un data warehouse», ha spiegato Fabrizio Iotti, It manager di Credem, «ma ritenemmo che quel tipo di organizzazione tecnica non fosse la migliore. Ci importava che il sistema consentisse la scalabilità e in un modo non troppo oneroso. Così abbiamo preso il primo appliance Teradata, che ci ha seguito nel tempo. Oggi abbiamo un ambiente dati costituito da un nucleo centrale di enterprise data warehouse che comprende tutte le informazioni del gruppo bancario, nessuna esclusa».

I silos, incredibilmente, esistono anche in ambienti che utilizzano la business intelligence perché non è scontato che il carburante per questa attività si trovi raccolto in un unico posto. E se la qualità e unicità del dato sono elementi fondamentali, non è da sottovalutare il dispendio di risorse per allineare la stessa informazione su un certo numero di database, con il rischio di errore che questo comporta.

Prospettive a parte, Teradata si è dotata nel tempo di applicativi che si innestano sul proprio data warehouse pur continuando a realizzare magazzini virtuali utilizzati dalle più disparate soluzioni di terzi. La crescita del portafoglio spesso è avvenuta con acquisizioni, come con Aprimo, eCircle e Aster. «Con Aprimo ci siamo dotati di applicazioni di marketing, con eCircle di digital messaging visto che l’e-mail è tutt’ora il mezzo più efficace per fare campagne di marketing, e con Aster abbiamo ampliato la nostra offerta nel big data nei dati non strutturati.