25 Aprile 2024, giovedì
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Meloni racconta al Nyt la destra candidata a guidare l’Italia

La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, concorda con il giudizio storico che Benito Mussolini era stato il male per l’Italia. Lo riporta il New York Times in un lungo reportage al seguito della donna candidata a “guidare l’Italia” e che “fa preoccupare l’Europa”.

Molti i temi, dall’ammissione di lanciare “messaggi isterici” quando è molto stanca, alla definizione di “imbecilli nostalgici” di coloro che mettono a rischio la sua strategia per apparire staccata dal passato. E poi c’è quel “sì” al giudizio negativo sul Duce.

Il corrispondente da Roma Jason Horowitz riporta la risposta data da Meloni nel corso di un’intervista, realizzata a Cagliari, il 2 settembre scorso, in piazza del Carmine, dove la leader della destra aveva dato vita a un “comizio ad alto decibel”, segnato da un “crescendo retorico” contro le “lobby dei diritti gay”, i “burocrati europei e i migranti illegali”.

“Ma ha poi abbassato il tono – scrive – quando le è stato chiesto se fosse d’accordo, con tutte le limitazioni del caso, con il giudizio storico secondo cui il leader fascista Benito Mussolini – che lei da giovane considerava un ‘buon politico’ – era stato il male e il brutto per l’Italia”. “Yeah”, “sì”, ha risposto, “quasi in modo impercettibile, tra sorsi di un Aperol Spritz e boccate da una sottile sigaretta durante un’intervista in Sardegna”.

Il Times considera la risposta un modo per rassicurare la platea globale riguardo i suoi legami con il fascismo, ma allo stesso tempo evidenzia come Meloni cerchi di rassicurare la base della destra dura di “patrioti” “che lei non è cambiata”.

La leader di Fratelli d’Italia, continua il reportage, ha spiegato che la sua popolarità in ascesa non voleva dire che il Paese si “era mosso verso gli estremi” ma che semplicemente si era trovata “più a suo agio” con lei. I mercati globali e l’establishment d’Europa restano diffidenti, spiega il giornale, che ricorda quando Meloni definiva l’euro la “valuta sbagliata”, e il suo sostegno al leader ungherese Viktor Orban e alla rappresentante della destra populista francese Marine Le Pen e ad altre democrazie non liberali dell’est Europa.

“Mi accuseranno di essere fascista per tutta la vita – dice Meloni – ma non mi interessa perché, in ogni caso, gli italiani non credono più a questa spazzatura”.

La leader di Fratelli d’Italia, secondo il New York Times, sospetta che nessuno dei suoi alleati voglia una donna premier. “Mi piacerebbe dire – è il suo commento – che non è un problema il fatto che io sia una donna, ma non sono più così sicura”.

Il reportage ricorda la vita di Meloni: cresciuta senza il padre, con la madre che scriveva romanzi rosa, il trasferimento nel quartiere operaio della Garbatella, a Roma, l’adolescenza di ragazza sovrappeso e introversa, ma appassionata di romanzi e fan di Michael Jackson, “da cui ha detto di aver imparato il suo buon inglese”, e poi l’approdo nel movimento giovanile del Fronte della Gioventù, considerata la sua “seconda famiglia”.

Adesso, continua il quotidiano americano, Meloni prende le distanze dal passato, definisce “imbecilli nostalgici” coloro che rischiano di mettere a rischio il suo “duro lavoro di purgarsi dal fascismo e costruire una nuova storia”, dichiara di “non avere relazioni” con Le Pen, di Orban dice “non ho condiviso le sue posizioni riguardo la guerra in Ucraina”, definisce il presidente russo Vladimir Putin un aggressore e promette che continuerà “assolutamente” a inviare all’Ucraina armi d’attacco.

Ma non sempre i toni sono moderati. Viene ricordato il suo duro intervento alla conferenza del partito spagnolo dell’estrema destra Vox, quel “no alle lobby Lgbt, no alla violenza dell’Islam, sì ai confini più sicuri, no all’immigrazione di massa, sì al lavoro per il nostro popolo, no alla finanza internazionale”.

“Il tono, quello è stato molto sbagliato – ammette nell’intervista – ma mi succede quando sono molto stanca” e il suo messaggio “diventa isterico”.

Ma ci sono cose su cui non torna indietro, come la fiamma tricolore nel simbolo, che evoca, secondo gli storici, le fiamme che troneggiano sulla tomba di Mussolini.

La fiamma, dice, “non ha niente a che fare con il fascismo, ma è un riconoscimento del viaggio fatto dalla destra democratica nella nostra storia repubblicana”.

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