2 Ottobre 2025, giovedì
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Indagini dell’EFSA confermano la potenziale pericolosità degli alimenti fritti o tostati

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L’EFSA ha confermato precedenti valutazioni che, sulla base di studi effettuati sugli animali, dimostrano come l’acrilammide negli alimenti sia un potenziale agente cancerogeno per i consumatori in tutte le fasce d’età ed in particolare nei bambini.
L’acrilammide si forma durante la normale cottura ad alta temperatura (dai +120°C in su), la si può quindi ritrovare soprattutto in alimenti come il caffè, biscotti, cracker e pane croccante, pane morbido, alcuni alimenti per l’infanzia ma soprattutto nei prodotti fritti ed in particolare nelle patatine. Essa infatti si forma a partire da reazioni tra alcuni zuccheri e aminoacidi (costituenti delle proteine), entrambi naturalmente presenti in molti alimenti. Ad elevate temperature si ha infatti la cosiddetta reazione di Maillard, che è quella che crea la “doratura” dei cibi, rendendoli anche più gustosi.
Una volta formato e ingerito, questo composto viene assorbito dal tratto gastrointestinale, si distribuisce a tutti gli organi e viene ampiamente metabolizzato all’interno del nostro organismo. La glicidammide, uno dei principali metaboliti derivati da questo processo, è la causa più probabile delle mutazioni geniche e dei tumori osservati negli studi effettuati sugli animali. Oltre al cancro, il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA ha considerato i possibili effetti nocivi sul sistema nervoso, sullo sviluppo prenatale e postnatale e sulla riproduzione maschile. Questi effetti comunque non sono stati, per il momento, ritenuti motivo di preoccupazione, sulla base degli attuali livelli di esposizione alimentare.
L’industria continua a ricercare mezzi per ridurre la formazione di acrilammide durante i processi di cottura di molti alimenti, è bene comunque che i consumatori adottino comportamenti adeguati, con scelte oculate sugli alimenti da acquistare, specie per i bambini. Ma soprattutto sarà bene evitare eccessive cotture (esagerato imbrunimento) e variare le stesse tecniche di cottura includendo soprattutto la bollitura, la cottura a vapore e metodi simili che contribuiscono a ridurre al minimo la formazione di acrilammide. Ricordandoci poi che la frittura comporta anche la formazione di altri composti pericolosi, come ad esempio l’acroleina, se proprio non possiamo rinunciare alle nostre patatine fritte cerchiamo almeno di scegliere un olio con alto punto di fumo (temperatura alla quale un grasso alimentare comincia a decomporsi, producendo composti tossici) come l’olio extravergine di oliva, evitando comunque di arrivare a temperature superiori ai 170°C e sostituendolo ad ogni frittura senza “rabboccarlo”. Evitiamo inoltre di usare il burro per queste cotture ed eliminiamo dall’alimento le parti eventualmente arrostite o carbonizzate. Ricordiamoci poi chel’associazione di questi piatti con verdure fresche diminuisce i rischi associati all’acrilammide e ad altre sostanze tossiche formatesi durante il processo di cottura, sia perché le fibre ne riducono l’assorbimento intestinale sia per il prezioso carico di antiossidanti che i vegetali possiedono.

La senatrice Stefania Pezzopane e l’ex spogliarellista Simone: “E’ importante”

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Nell’epoca dei selfie capita che tramite social network vengano allo scoperto relazioni d’amore, d’affetto, anche quelle apparentemente meno probabili.

Come quella tra Stefania Pezzopane, 54 anni, senatrice Pd, ex presidente della provincia dell’Aquila, separata, una figlia, e Simone Coccia Colaiuta, ex spogliarellista, ex concorrente di Uomini&Donne ed ex di Floriana Secondi, concorrente del Grande Fratello 3, aspirante attore.

E’ successo che due mondi così distanti, la senatrice e lo show man, si siano conosciuti e apprezzati. Entrambi infatti postano selfie su Facebook ed entrambi parlano apertamente del loro legame. Ma non è tanto la differenza di occupazioni a spiccare, quanto la notevole differenza di età, cosa che per un politico potrebbe rivelarsi un boomerang.

Il Corriere della Sera ha intervistato la coppia:

«Siamo molto legati, per il futuro non mi sento di escludere nulla, intanto viviamo questo bellissimo presente», risponde l’aspirante attore alla domanda sulla natura dei loro rapporti, prima di cedere la parola a lei. «La nostra è un’amicizia affettuosa. Ci siamo conosciuti e ci capita spesso di stare insieme», spiega la Pezzopane a conferma di quanto si vede nelle foto pubblicate su Facebook. «Siamo molto diversi, ma proprio per questo il rapporto è così bello», prosegue ancora. Non ci sono timori per la dimensione pubblica della relazione, quale che sia la sua natura. «Viviamo un legame molto importante che non ho paura di rendere pubblico – prosegue la senatrice – Posto spesso mie foto sui social network che riguardano sia il mio lavoro, sia la mia vita privata». Per il futuro, comunque, nulla di scontato: «Le amicizie possono evolversi o fermarsi», conclude lei.

Usa. Chicago come ai tempi di Al Capone, 14 morti nel weekend festivo

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Un weekend di sangue mai visto a Chicago, a conferma che la terza citta’ d’America, la citta’ di al Capone, resta anche la piu’ violenta. Nei tre giorni del lungo fine settimana del 4 luglio, quello della Festa dell’Indipendenza, in decine di sparatorie sono rimaste uccise almeno 14 persone, mentre altre 82 sono rimaste ferite. Un bilancio agghiacciante, spia di una vera e propria emergenza sociale che nessuno finora e’ riuscito a gestire, ne’ la polizia ne’ le autorita’ cittadine.

Con decine di gang armate che si affrontano per le strade colpendo spesso passanti incolpevoli. “Per dieci minuti e’ sembrato che in citta’ ci fosse una sparatoria ovunque”, scrive il Chicago Tribune. Un inferno di fuoco. E c’e’ gia’ chi ha ribattezzato Chicago – tra l’altro la citta’ della famiglia Obama – col nome di ‘Chi-raq’: come a dire che il livello di violenza nelle sue strade e’ paragonabile a cio’ che succede in quelle di Baghdad.

Ad innescare l’ultima scia di sangue, giovedi’ scorso, alcuni colpi di arma da fuoco sparati contro una coppia. Poi la ritorsione, con un fuoco di fila durato per tre giorni e che ha colpito chiunque si trovasse nel mezzo.

Ed e’ stato necessario l’intervento delle forze speciali della polizia per riportare la situazione sotto controllo. L’ondata di violenza ha lasciato a terra soprattutto giovani vittime. La maggior parte di loro erano poco piu’ che adolescenti. La vittima piu’ anziana e’ stata invece una donna di 66 anni colpita da un proiettile vagante alla testa mentre saliva le scale di casa. Cinque delle vittime, invece, sono state uccise dalla polizia, e tra queste ci sono due adolescenti di 14 e 16 anni che, nonostante gli fosse stato intimato di riporre le armi, hanno continuato a sparare contro gli agenti.

“No comment”, e’ stata la laconica risposta del sindaco Rahm Emanuel, ex braccio destro di Barack Obama, che ha visto andare in fumo il piano ‘Summer Safety’ che avrebbe dovuto garantire maggiore sicurezza nelle strade cittadine soprattutto durante il ponte del 4 luglio, con l’utilizzo di 300 agenti extra. E a non portare i benefici previsti sembrano essere anche le severe leggi introdotte a Chicago e in Illinois per limitare il possesso di armi da fuoco.

Del resto, basta oltrepassare il confine con l’Indiana ed entrare in un negozio per comprare una pistola liberamente. Per rendersi conto dell’allarmante situazione di Chicago basti pensare che ogni anno il numero di omicidi e’ nettamente superiore a quelli che accadono a New York, metropoli tre volte piu’ grande. Nel 2013 ce ne sono stati 415, contro i circa 350 della Grande Mela.

Maltempo Milano, esonda fiume Seveso: traffico in tilt e blackout

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– Il fiume Seveso è esondato nella notte tra 7 e 8 luglio a causa delle forti piogge portate dall’ondata di maltempo che si abbatte sul nord Italia. Disagi anche a Padova, dove la sera del 7 luglio una bomba d’acqua ha causato allagamenti e fatto cadere alberi, mentre a Reggio Emilia una violenta grandinata ha investito la città. Allagamenti e danni anche a Pavia, con la perturbazione che interessa tutto il nord e che solo da giovedì raggiungerà anche il centro e il sud.

Maltempo, scattata pre allerta per fiume Lambro.

È scattata la pre-allerta per il livello del fiume Lambro tra i comuni di Sesto San Giovanni e Cologno Monzese. Il Comune di Sesto avvisa dei possibili problemi alla viabilità che potrebbero verificarsi nelle prossime ore. Da stamani è stata chiusa la circolazione su via San Maurizio, in entrambi i sensi. A Monza – dove piove a intermittenza – il fiume è ancora entro i parametri.

Maltempo Milano, in 2mila senza energia elettrica.

Sono poco più di 2.000 al momento le utenze senza energia elettrica a Milano a causa degli allagamenti in corso dalla notte. E’ quanto si apprende dall’ A2a. L’ex municipalizzata spiega di aver tutte le squadre disponibili in azione per svuotare non appena possibile le cabine elettriche dall’acqua con le idrovore, con l’ausilio anche dei tecnici dell’Amsa (l’azienda di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Milano), per ripristinare il servizio.

I principali disagi riguardano le vie Ca’ Granda e vie limitrofe, viale Suzzani, viale Zara, piazza Padre Giuliani e largo Vulci. Qualche problema si registra anche in viale Marche e viale Sarca.

Tra le zone più coinvolte dagli allagamenti, in particolare, all’A2a non risulta ci siano problemi alle erogazioni al Niguarda, uno dei più grandi ospedali milanesi.

Maltempo, fulmine cade a Roma: interrotta ferrovia Roma-Viterbo.

A causa di un fulmine che ha colpito la rete aerea, il servizio extraurbano della ferrovia Roma-Viterbo è sospeso tra Civitacastellana e Montebello. Lungo lo stesso tratto, Atac e Cotral hanno messo in strada bus aggiuntivi a disposizione dei passeggeri. Lo comunica l’Agenzia per la mobilità.

Maltempo La Spezia. Barca affonda, salvati 2 naufraghi.

Hanno abbandonato la barca che stava affondando e, a nuoto sotto la tempesta, hanno raggiunto gli scogli della diga foranea, dove sono stati tratti in salvo da vigili del fuoco e capitaneria di porto. E’ accaduto la notte tra 7 e 8 luglio alla Spezia, nei pressi del varco di levante della diga foranea: protagonisti, due uomini, ricoverati all’ospedale spezzino con un principio di ipotermia. L’episodio è avvenuto poco dopo la mezzanotte.

La coppia ha abbandonato la barca, un natante di 16 metri partito da Napoli e diretto alla Spezia, ma all’ingresso nel golfo aveva cominciato a imbarcare acqua. I due hanno fatto in tempo a lanciare l’allarme, prima di indossare il giubbotto di salvataggio e tuffarsi in mare per raggiungere gli scogli della diga. Sono stati trovati e tratti in salvo dai sommozzatori dei vigili del fuoco, e poi trasportati sulla terra ferma dalla capitaneria di porto.

Maltempo Milano, bus e tram bloccati.

Autobus e tram con percorsi deviati, traffico paralizzato: l’esondazione del Seveso, avvenuta questa notte e non ancora terminata, sta mandando in tilt la circolazione in varie zone di Milano. Bloccato il traffico anche in ingresso in città su viale Monteceneri e sul cavalcavia Bacula. Si resta in coda anche su viale Jenner e via Lancetti, sulle circonvallazioni in direzione centro.

Sul suo sito e su twitter, Atm informa in tempo reale gli utenti delle modifiche di percorso delle linee di superficie e dell’agibilità delle varie stazioni della metropolitana.

Maltempo Milano, esonda Seveso.

Si tratta per il Seveso della seconda esondazione in appena 15 giorni, con l’acqua che stavolta è arrivata fino alla zona di Porta Nuova e il quartiere Isola. Un allagamento che, secondo gli abitanti del quartiere, non era così serio dal 2004. Disagi anche a Padova, dove la sera del 7 luglio una bomba d’acqua ha causato allagamenti e fatto cadere alberi.

Il fiume è esondato intorno alle 2.50 della notte in zona Niguarda, ma continua a fuoriuscire, causandodisagi alla viabilità e blackout. La Protezione civile regionale, i Vigili del fuoco e urbani stanno chiudendo al traffico le vie più colpite e sono al lavoro con le pompe idrovore, ma l’ operazione è difficoltosa sia per la mancanza di corrente sia per la grande quantità di acqua per le abbondanti piogge che, nella notte, si sono riversate sulla città.

Nella zone più colpite dall’esondazione il traffico è ovviamente molto rallentato: i veicoli procedono a passo d’uomo con lunghe code ai semafori già dalle 7 della mattina dell’8 luglio. I pedoni più avveduti si sono attrezzati con gli stivali da pioggia, ma per molti trovare l’acqua in strada questa mattina è stata una sorpresa cui non erano preparati, tanto da uscire in sandali come di consueto in un giorno di luglio.

Molto vasta rispetto alle esondazioni del Seveso avvenute in precedenza, l’area colpita: se il punto di origine rimane la zona Niguarda, questa volta l’acqua si è allargata fino a viale Suzzani, via Ca’ Granda, viale Sarca, viale Fulvio Testi, invadendo viale Zara, piazza Sondrio, e invadendo il quartiere Isola, dove in particolare sono sott’acqua via Jacopo dal Verme, piazza Segrino, via Lario, piazza Lagosta fino a via Pola, dove l’esondazione si ferma.

Federalismo canaglia, più tasse per tutti

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Comune che vai, tassazione che trovi. Che il federalismo fiscale abbia portato in dote un generalizzato aumento delle imposte è cosa ben nota ai contribuenti italiani. Quello che è forse meno noto è che l’aumento è tutt’altro che omogeneo e, ad esempio, a Roma e Milano si pagano molte più tasse che a Cuneo o Gorizia.

“Un piccolo imprenditore milanese quest’anno smetterà di lavorare per pagare le tasse il 27 agosto – scrive Andrea Rossi su La Stampa -. Un torinese tre giorni prima, il 24. A quel punto avrà poco più di quattro mesi per occuparsi di se stesso e del proprio profitto. Se però la sua attività fosse insediata altrove, potrebbe chiudere i suoi conti con il Fisco anche un mese prima. A Cuneo, il suo ‘tax free day’, il giorno in cui si libera dalla morsa dello Stato, sarebbe addirittura il 25 luglio, a Gorizia e Sondrio il 28. In fondo, è meglio che non si lamenti. Potrebbe andare peggio: ad esempio, i suoi colleghi romani o bolognesi annasperanno fino al 29 settembre, come i fiorentini e i reggini; i cremonesi fino al 17, i biellesi all’11. Il più grande prestigiatore di questi ultimi anni è stato il Fisco: tra i 2007 e il 2014 lo Stato ha eliminato ai Comuni trasferimenti per 7,5 miliardi. E i sindaci si sono rivalsi su cittadini e imprese, aumentando le imposte locali. Ovviamente per 7,5 miliardi. I presidenti di Regione, poi, ci hanno messo del loro, facendo lievitare le addizionali Irpef di 2,4 miliardi. Risultato: non solo il macigno fiscale sulle imprese si è appesantito (la pressione sui profitti delle aziende è passata dal 59,1% del 2011 al 63,1 del 2014), ma soprattutto si è diversificato da regione a regione e, ancor di più, da città a città, producendo grossolani squilibri anche a distanza di pochi chilometri, realtà dove mantenere un’attività è diventato un atto d’eroismo più che una scommessa”.

“Il principio del federalismo fiscale – dice Roberto Calderoli – si basa sulla buona amministrazione. Sono un bravo sindaco? Gestisco bene la mia amministrazione? Se sì, spendo poco, riesco a tenere le aliquote basse e attiro imprese sul mio territorio”.

Secondo il ‘padre’ del federalismo questa tassazione a macchia di leopardo è quindi un’opportunità sia per le aziende, che possono andare in cerca del comune a loro più favorevole, sia per i comuni, che possono attirare aziende ed aumentare così i loro introiti. Una tesi che non tiene però conto di almeno un paio di elementi, primo fra tutti il fatto che i comuni non sono tutti uguali, non hanno ad esempio le stesse infrastrutture e, cosa più importante, che questa disparità di trattamento non giova certo alla concorrenza, penalizzando alcuni e privilegiando altri.

L’osservatorio permanente degli artigiani di Cna sulla tassazione delle piccole e medie imprese mostra un’Italia fortemente condizionata dalle differenti imposizioni fiscali, dove un artigiano romano perde per strada (lasciandoli a Stato, regione e comune) il 74,4% dei suoi profitti, un milanese il 65,1% e un cuneese il 56,2%.

“Fino al 2011 – spiega ancora Rossi – il quadro era molto più uniforme. Poi è arrivata l’Imu. Dopo ancora la Tares, che oggi si chiama Tari. Infine la Tasi. E una quota sempre più consistente della leva fiscale è passata nelle mani dei sindaci. Doveva essere il principio base del federalismo: il risultato, per ora, è un feroce e diffuso aumento della pressione fiscale. Ma non dappertutto. O, almeno, non con le stesse dimensioni. Ad esempio, a Roma, il Comune fa pagare alle aziende 8 mila euro di Imu (o Tasi) e 6 mila di tassa rifiuti, Bologna tartassa i fabbricati (10.700 euro) ma è meno esosa sull’immondizia (2.700). Sommando le imposte, parliamo comunque di 13-14 mila euro, mentre Cuneo si accontenta di 2.600 euro in tutto, Arezzo di nemmeno 4 mila. Reggere la concorrenza, con disparità così macroscopiche, diventa una chimera. Tre anni fa non c’era poi tutta questa differenza: il carico fiscale su un’azienda romana era il 65,7%; per una partita iva cuneese, all’opposto della classifica, era il 55,3%. La situazione del cuneese non è cambiata granché – anche se di certo non è migliorata -, in compenso i romani sono rimasti strangolati: per loro la pressione del Fisco è cresciuta del 10%. E il gap con i territori che meno s’accaniscono sui contribuenti è raddoppiato. In un certo senso chi fa impresa là dove i tributi locali sono fortemente aumentati è penalizzato due volte: dall’eccessivo peso fiscale che grava su tutte le aziende italiane, e dalla particolare condizione del suo comune. Gli basterebbe, ad esempio, trasferirsi da Firenze ad Arezzo per intascare 700 euro in più al mese. O, se volete, per pagare 700 euro in meno di tasse”.

Che sia giusta la tesi di Calderoli o che sia, al contrario, vero che questa disparità penalizza le aziende, quello che è certo è che il federalismo fiscale, che si doveva tradurre in un alleggerimento del peso del fisco, e anche in una sua redistribuzione più equa, si è risolto nel suo esatto opposto. E lo ha fatto, per di più, riuscendo nell’impresa quasi unica di scontentare tutti, in primis i contribuenti che hanno visto il loro debito col fisco aumentare di anno in anno e, in secundis, Stato ed Enti Locali, con il primo che ha visto ridurre le sue entrate e i secondi che non smettono di lamentarsi dei minori trasferimenti pur aumentando aliquote e tasse varie ad ogni occasione.

Oppido Mamertina, figlia del boss insulta carabiniere: “Vuole far solo carriera”

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Oppido Mamertina, provincia di Reggio Calabria — 342 metri sul livello del mare, 5356 abitanti, 4 frazioni, 18 fra cappelle e santuari, 4 cosche di ‘ndrangheta — è al centro della polemica sull’inchino della Madonna in processione davanti alla casa del boss mafioso. Scrive Attilio Bolzonisu Repubblica:

“Il trionfo dei festeggiamenti del 2 luglio ci spiega cosa è un paese dove c’è la ‘ndrangheta e dove c’è una chiesa, raccoglie in una sola e semplice immagine tutto quello che abbiamo detto e scritto in queste settimane dopo la visita in Calabria di Papa Francesco con la sua scomunica ai mafiosi. Per raccontarvi come è andata la processione, dobbiamo cominciare per forza dai parenti. Chi era alla testa della solenne cerimonia all’angolo fra via Ugo Foscolo e corso dell’Aspromonte? Chi era tutto bardato con talare nera, cotta bianca e stola davanti ai portatori che facevano ondeggiare la statua di gesso a un passo del vecchio patriarca Giuseppe Mazzagatti? Un prete, un prete che in molti qui considerano «un benefattore», un prete che è cugino dei Rustico, i Rustico che sono gli alleati storici dei Mazzagatti in una faida infinita che ha terrorizzato questo paese ai piedi della montagna più alta della Calabria.

GUARDA ANCHE: Lucio Musolino, il giornalista del Fatto Quotidiano insultato a Oppido Mamertina VIDEO FOTO

Parroco di Tresilico, don Benedetto Rustico ha guardato immobile la Madonna che si piegava leggermente verso il balcone di quel palazzo di tre piani, un secondo dopo il maresciallo dei carabinieri Andrea Marino ha richiamato i suoi due brigadieri lasciando il corteo per rinchiudersi nella sua caserma. Ci sono parenti e parenti, ci sono i cugini e ci sono i figli e anche i fratelli. Don Peppe Mazzagatti, boss di Oppido Mamertina, condannato all’ergastolo per omicidio e «agli arresti domiciliari per motivi di salute » ha un figlio che si chiama Rocco che è anche lui in carcere. Cosa ha fatto nella sua vita prima di mettersi al servizio della cosca? Otto anni di seminario a Reggio Calabria. «Prete voleva diventare mio fratello Rocco, prete, noi siamo tutti cattolici in famiglia, e adesso io chiedo la Grazia alla mia Madonna per tutto il male che ci hanno fatto», urla Domenica Mazzagatti sotto lo striscione bianco “Ave Maria e Santissima Vergine” che è legato al palo davanti al supermercato dove lavoravano tre dei sei suoi nipoti in galera. La «mia» Madonna. Dall’altra parte c’è il balcone dell’inchino, la casa dei Mazzagatti.

È cominciata qui la nostra giornata a Oppido Mamertina, la prima tappa alla scoperta di una Madonna che è ancora proprietà dei boss. Quattro campanelli. Mazzagatti Domenica, Mazzagatti Racosta, Mazzagatti Polimeni, Mazzagatti Giuseppe. Abitano tutti insieme. Il vecchio è steso su un letto, infermo e sofferente. La moglie Giuseppina butta voce dal balcone: «Là è arrivata la Madonna e non qua, là in fondo, falsi sono, tutti falsi». Arriva la figlia Domenica, grida anche lei, si agita, arrivano i carabinieri. Lei grida ancora: «Infamità, vogliono distruggere la nostra famiglia, io sono legalitaria, fino a ieri mi piaceva il ministro Alfano e mi piaceva pure la ministra Bindi, ma ora ci scrivo a quelli, ora ci scrivo per le menzogne che hanno detto». Domenica Mazzagatti lancia messaggi contro il comandante della stazione dei carabinieri: «Il maresciallo Andrea Marino vuole guadagnare altri gradi sulla nostra pelle. Non ce l’ho con tutti gli altri e nemmeno col predecessore, ce l’ho con lui». Dice che per anni non ha mosso dito quando la processione è passata sempre di qua: «Cosa era, cieco? E adesso ha cominciato a vedere all’improvviso? ». La ‘ndrangheta? «Non esiste ». La ‘ndrangheta che si mischia con la chiesa? «Non esiste». La chiesa che si mischia con la ‘ndrangheta? «Non esiste».

Sbraita, insulta, difende uno per uno i suoi fratelli, nipoti, zii, cognati: «Sono orgogliosa di tutti loro ». Il maresciallo Andrea Marino è rintanato nella sua caserma. Non parla, quello che doveva fare l’ha fatto. Nel giorno della processione. E anche prima. Raccontano che aveva avvicinato quelli del comitato per i festeggiamenti della Madonna delle Grazie e li aveva diffidati di far “girare” la statua, li aveva consigliati di non fermarsi in quell’angolo, di non offendere ancora la Madonna. Non l’hanno ascoltato. E non l’hanno ascoltato nemmeno i portatori, gli uomini che sulle spalle conducono la Vergine dove vogliono. Perché vi siete fermati lì? Niente cognomi, sanno che stanno indagando su di loro. Antonio, portatore numero uno: «È la tradizione ». Salvatore, portatore numero due: «È la tradizione». Giuseppe, portatore numero tre: «È la tradizione ». Tutto il paese è per la tradizione. Gli uomini nella piazza, le donne della frazione Piminoro e quelle di Castellace, i ragazzi che giocano a carte nei bar. Tutto il paese sta con don Benedetto Rustico, il parroco che considera quasi sua la Madonna delle Grazie di Oppido Mamertina. È scomparso come un fantasma dalla sua chiesa, don Benedetto. Ed è ricomparso il giorno dopo in video, intervista esclusiva al quotidiano online Strill.it. Con la sua verità: «Sono rammaricato dell’interpretazione del maresciallo così rigida e anche dell’eco sproporzionato che la stampa ha dato, pur sapendo che questo non è un evento così catastrofico ». Così ha parlato don Benedetto. E così: «Si è fatto quello che si è fatto tutti gli anni. La processione ha la consuetudine di un percorso già definito. Per alcune situazioni, in alcuni posti, la Madonna fa un giro rispetto alla posizione dove non può andare, soprattutto perché non può entrare nei vicoli. Quindi la statua si gira per guardare la strada e le case che normalmente non può guardare per una questione di percorso ».

Si gira e si rigira anche lui, come la povera Madonna. Dice che «non ci siamo capiti con il maresciallo », nega che ci sia «un rapporto fra chiesa e ‘ndrangheta almeno a mia conoscenza», ammette che «tornando indietro avrei modificato il percorso e avrei anche fatto a meno di fare la processione perché non vogliamo che la festa dia adito a situazioni lontane dal sentimento religioso ».

Si gira e si rigira anche il sindaco Domenico Giannetta. Dopo che il 2 luglio ha visto andare via il maresciallo dei carabinieri e lui è rimasto, alle sue spalle gli assessori e il comandante dei vigili. Comunicato del sindaco: «Sono indignato relativamente ai fatti occorsi in data 2 luglio 2014… fatti diffusi in modo sommario e approssimativo che denigrano la comunità che abbiamo il piacere e l’orgoglio di rappresentare». Poi cita Papa Francesco, condanna «ogni forma di criminalità», spiega che è rimasto lì — al momento dell’inchino — per «buon senso». Se mai qualcuno dovesse avere guai giudiziari per quello che ha fatto fare alla Madonna, il comune di Oppido Mamertina si costituirà parte civile. Viva don Peppe Mazzagatti e viva il parrocco.

Arrestato Furio Fusco, fotografo di baby modelle: “Ci voleva nude, toccava…”

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Un archivio di foto di ragazze nude, in pose sexy, alcune ai limiti della pornografia. O si dovrebbe dire pedopornografia, perché gli investigatori parlano di ragazze di 14, 15 anni.

Nate nel 1998, nel 1999. All’alba di martedì 8 luglio i carabinieri hanno arrestato a Roma Furio Fusco, un fotografo piuttosto noto nel mondo della moda e dello spettacolo. Le accuse sono pesanti: adescamento alla prostituzione minorile, produzione di materiale pedopornografico, tra le altre.

L’arresto è arrivato al termine di un’indagine basata anche su materiale raccolto nell’ambito di un’inchiesta giornalistica avviata da Repubblica alcuni mesi fa. I giornalisti hanno raccolto una serie di testimonianze di giovanissime aspiranti modelle e showgirl che pensavano di fare soldi grazie alle foto e alla moda. Ma, a sentire le ragazze e stando alle accuse formalizzate dal pm, Fusco non si sarebbe limitato alle foto senza una liberatoria dei genitori. Scrive Daniele Autieri, autore dell’inchiesta di Repubblica citando la testimonianza di una ragazzina:

“La maggior parte delle ragazze fotografate – ricostruisce – sono minorenni. Molte sono del ’98 o del ’99″. Quattordicenni in cerca successo, di una porta aperta su una passerella o di uno spazio su una rivista di moda. “Lui le tocca tutte – ricorda – tocca il seno e altro, con diverse scuse”. “E le ragazze cosa fanno?” domandiamo. “Le ragazze sono sole” si giustifica. Esperienze dure, spesso traumatiche, che le giovani raccontano con difficoltà. E che in nessun modo hanno condiviso con le loro famiglie. “I genitori non sanno nulla – rivela un’altra fonte”.

Le ragazze vengono contattate via Facebook, sono tutte liceali romane, si parla di almeno 50 minorenni, soprattutto dei quartieri Parioli, Trieste. Zone chic, le stesse frequentate dalle ormai celebri baby squillo dei Parioli.

“Lui tiene tutte queste foto in un hard disk”, racconta Elena. “Le foto presenti sul sito – spiega – sono pochissime rispetto a quelle che fa”. Un archivio che il fotografo delle minorenni utilizza anche per convincere nuove ragazze a superare il muro del pudore. “Mi ha mostrato tantissime foto – rivela un’altra testimone – e mi ha detto: guarda quante ragazze le fanno, anche la tua amica ha fatto foto così”. Resta adesso il sospetto su quale sia l’utilizzo finale di questo database che nulla ha a che fare con la promozione delle ragazze nel mondo della moda. E il confine tra produzione, collezionismo e distribuzione di materiale pedopornografico è veramente sottile. Un confine che proprio in questi giorni sarà analizzato dagli uomini della IV Sezione del Nucleo, guidati dal capitano Tiziano Testarmata, che hanno sequestrato tutti i supporti elettronici sia in casa che nell’agenzia e sono già da ore al lavoro sui computer di Fusco.

Tim e Vodafone, dal 21 luglio avviso di chiamata a pagamento (come disattivarlo)

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“Nei servizi automatici i costi nascosti per i clienti Tim e Vodafone” titola Repubblica, “La stangata di Tim e Vodafone” scrive Libero.

La notizia è questa: a partire dal prossimo 21 luglio i clienti di Vodafone e Tim dovranno pagare per alcuni servizi finora gratuiti, in ordine sparso: “LoSai” e “ChiamaOra” di Tim e “Recall” e “Chiamami” di Vodafone.

Sono i classici servizi che ci avvisano delle chiamate ricevute quando il nostro cellulare era spento, occupato o non raggiungibile.

Capitolo Tim: i servizi “LoSai” e “ChiamaOra” costeranno – a chi è in possesso di una ricaricabile – “1,90 euro ogni quattro mesi, con addebito su credito residuo a partire dal 21/07/2014″, come si legge anche sul sito ufficiale dell’azienda”. Il costo annuale quindi è di 5,7 euro.

Per i Clienti con abbonamento invece “il servizio è a tempo indeterminato ed è GRATUITO fino al 6/09/2014. A partire dal 7/09/2014 il servizio è fruibile a 48 cent (IVA inclusa) al mese solare, con addebito bimestrale di 96 cent sul rendiconto TIM”. Il dubbio a questo punto rimane sulla data in cui si inizierà a pagare: sul sito ufficiale, come già detto, si parla del prossimo 21 luglio. Il messaggio ricevuto dai clienti Tim, invece, parla del prossimo 4 agosto come data in cui Tim “rinnova i servizi LoSai e ChiamaOra”.

Sul sito Vodafone ancora non è stato annunciato nessun cambiamento ma è lo stesso servizio clienti a confermarlo.

E quanto sarà il costo per i clienti Vodafone?Risponde Repubblica: “Gli aumenti per Recall e Chiamami saranno pari a 6 centesimi al giorno nel caso di utilizzo del servizio, fino a 21,36 euro l’anno con ricavi aggiuntivi che potrebbero arrivare fino a 420 milioni”.

L’allarme di Federconsumatori:

“Tra due settimane diventeranno a pagamento i servizi opzionali di Tim e Vodafone. Si tratta di Lo sai eChiama ora di Tim e di Chiamami e Recall di Vodafone. Fino a ora i gestori li concedevano gratis. Dal 21 luglio li faranno pagare e le somme potranno arrivare a seconda dei casi fino a un massimo di 21,90 euro l’anno. I clienti dovranno essere avvisati con sms delle avvenute variazioni. Ma attenzione: se non si fa nulla, scatteranno gli addebiti”.

Come disattivare i servizi?

“Gli utenti Tim possono contattare il 119 o il 40920, gli utenti di Vodafone il 42070 o il42592 e chiedere all’operatore di disattivare i servizi di cui non intendono usufruire. La disattivazione deve essere effettuata dalle compagnie telefoniche completamente gratis”.

Bere birra fa bene: cinque serissimi motivi per farlo

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Bere birra fa bene. Esistono almeno cinque serissimi motivi, comprovati da altrettanti studi scientifici, per farlo. Spesso bistrattata, perché temutissima nemica della “pancetta”, la birra è in realtà il meno calorico tra gli alcolici ed è pure un valido aiuto per il mantenimento della linea. Previene le malattie, allontana i sintomi della menopausa ed è fonte di vitamine e antiossidanti.

Ecco allora una lista di buoni motivi per berla, senza sensi di colpa, se cercate sollievo nelle serate di calura estiva.

1. La birra aiuta a prevenire le malattie – Alcune serissime, come l’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa per la quale non esiste cura, che è stata associata ad alti livelli di alluminio nel cervello. Ebbene, il silicio contenuto nella birra potrebbe aiutarvi a prevenire il male. Secondo uno studio del 2008 pubblicato su Food And Chemical Toxicology, il silicio è in grado di ridurre i livelli di alluminio nel tratto digestivo e rallentare l’accumulo del metallo nel corpo e nel tessuto cerebrale.

Occhio però a non esagerare perché, secondo un’altra ricerca dell’University College London, più di due pinte al giorno possono causare perdite di memoria.

La birra fa bene anche al cuore. Uno studio del 2013 condotto dalla Harokopio University di Atene ha scoperto che migliora la flessibilità delle arterie. E aumenta i livelli di colesterolo buono, l’Hdl.

2. La birra è fonte di vitamine e antiossidanti –Parola di Stephan Domenig, direttore medico dell’istituto austriaco The Original F.X. Mayr Health Centre, secondo il quale:

“Nella birra ci sono molti super nutrienti. La bevanda contiene tutti gli essenziali – e alcuni dei non essenziali – amminoacidi”.

Per farla breve, in una pinta ci sono fosforo, iodio, magnesio, potassio e calcio. E uno studio della Tufts University del 2009 sostiene che il consumo di birra aiuti proteggere la densità minerale delle ossa.

Meglio se non pastorizzata perché contiene maggiori quantità di vitamina B. Specie se siete vegetariani: non molti sanno che la birra è in particolare una fonte naturale di Vitamina B12. Vitamina che si trova principalmente negli alimenti di origine animale ed ha un ruolo determinante per il buon funzionamento del sistema nervoso, essendo soprannominata anche la vitamina del buon umore.

3. Altro che “pancia da birra”: aiuta a mantenere la linea –  La University of London lo ha certificato: è inverosimile che un consumo moderato sia associato a un aumento di peso. Anzi, secondo il dottor Domenig “bere birra aumenta la produzione di bile che aiuta a digerire i cibi grassi. Inoltre, è una fonte di fibre – due bicchieri forniscono il 30% del fabbisogno giornaliero – e queste sono note per allontanare la fame”.

La birra, a dispetto dei superalcolici, ha un basso contenuto di zuccheri. La nutrizionista Kathryn O’Sullivan, spiega:

“A differenza dei soft drink, alza di meno il livello di zuccheri nel sangue Inoltre, la birra è costituita per il 93% d’acqua, per questo è così dissetante”.

Proprio per questo può persino aiutare a prevenire il diabete. Secondo uno studio del 2010, condotto su più di 38 mila uomini, bere uno o due bicchieri al giorno riduce del 25% le possibilità di incorrere nel diabete di tipo 2.

4. La birra ti fa pelle e capelli più belli – L’orzo, principale ingrediente della birra, contiene l’acido ferulico un potente antiossidante che protegge la pelle dai danni del sole. Se invece volete capelli più lucenti, ecco la ricetta di Janey Lee Grace, autrice di “Look great naturally… Without ditching the lipstick”:

“Il luppolo, grazie al silicio, aggiunge luminosità, volume e fortifica i capelli dall’interno. Ma prima di fare un impacco, è necessario bollire la birra per rimuovere l’alcol, che può privare i capelli del naturale rivestimento di grassi. E’, inoltre, opportuno mescolare il liquido con l’olio di cocco”.

5. La birra aiuta a tenere gli ormoni in equilibrio – Merito dei fitoestrogeni del luppolo, o estrogeni vegetali, che possono aiutare a ridurre i sintomi della menopausa come le vampate di calore e l’abbassamento della libido. E sono un valido aiuto per le donne che soffrono di sindrome da ovaio policistico, endometriosi e perimenopausa, perché contribuiscono a tenere gli ormoni in equilibrio.

Detenuti carcere Larino: “Papa Francesco ci spieghi se possiamo prendere l’ostia”

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“A questo punto, vogliamo incontrare il Papa. Solo lui può dirci se possiamo ricevere o no i sacramenti. E questo noi dobbiamo saperlo”. Quando, lunedì 7 luglio, nella “sala della socialità” del reparto Alta sicurezza 3 del carcere di Larino, prende la parola uno dei quindici ‘ndranghetisti, il vociare che fino a quel punto aveva accompagnato la visita ispettiva al penitenziario dell’assessore regionale alle Politiche sociali del Molise, Michele Petraroia, si spegne.

 

Racconta su Repubblica, Giuseppe Caporale:

“Noi, tutti insieme — dice il boss, indicando con il dito il gruppo di detenuti calabresi intorno a lui e guardando l’assessore — due settimane fa, dopo la scomunica del Papa alla ‘ndrangheta durante la visita in Calabria, abbiamo posto una domanda al nostro prete (il cappellano del carcere don Marco Colonna, ndr). E, visto che siamo tutti condannati per reati di mafia, gli abbiamo chiesto se potevamo continuare a prendere i sacramenti. Don Marco ha preso tempo, giustamente — prosegue il detenuto — Ha detto che si doveva informare, che non aveva sentito bene le parole del pontefice e che le aveva ascoltate solo distrattamente alla televisione. Ci ha detto che ne avrebbe parlato con il vescovo (don Gianfranco De Luca della diocesi di Larino-Termoli, ndr). Noi, nel dubbio, a messa non ci siamo andati fino a quando non è venuto il vescovo a parlarci, e a darci con le sue mani la comunione. Ma quando, dopo la messa di domenica, abbiamo posto la stessa domanda anche a lui, ci ha detto che c’è ancora bisogno di riflettere e approfondire. Poi ci ha lasciato da leggere il discorso integrale del Papa a Sibari”.

Quindi il boss rivolge un invito all’assessore: «Visto che è qui per conoscere questa vicenda da vicino, faccia sapere fuori che vogliamo incontrare Papa Francesco. Che da lui vogliamo la risposta alla nostra domanda». Petraroia annuisce e prende appunti con un’assistente: «Capisco il vostro turbamento e non sono la persona adatta per parlarvi di pentimento o conversione. Conosco questo carcere e le persone che ci lavorano e sono certo che potranno aiutarvi ».

Nella sala c’è anche Carmelo Bellocco, capo cosca di una potente ‘ndrina di Rosarno: «Assessore, faccia anche arrivare un messaggio alle nostre famiglie. Dica loro che noi non abbiamo offeso la chiesa, mai», dice. «Abbiamo solo fatto una domanda, tutti insieme. Non c’è nessuna rivolta come dicono invece i telegiornali. Noi non siamo come quelli dell’inchino… (con un chiaro riferimento alla vicenda della sosta della statua della Madonna davanti all’abitazione di un boss a Oppido Mamertina, ndr ) ».
A quel punto i detenuti rompono il silenzio e cominciano a prendere la parola uno alla volta. «Perché esce questa immagine di noi? Perché ci vogliono far passare per rivoltosi? », si sfoga uno di loro, seduto accanto al boss della Sacra corona unita Federico Trisciuoglio: «Ci vogliono punire », dice. «Tutti questi articoli di giornale e servizi della tv ci fanno solo del male».

Nella “sala della socialità” dovrebbe esserci anche Giuseppe Iovine, fratello del boss del clan dei Casalesi pentitosi da un mese, ma non c’è: è rimasto in cella e non ha voluto partecipare all’incontro. Ma nemmeno quando Petraroia passa attraverso il reparto Z (dove si trovano i parenti dei collaboratori di giustizia che devono scontare una pena in carcere) Iovine si avvicina.

Quando, dopo un’ora di ispezione dei reparti, Petraroia esce dal penitenziario, è stato appena stato diffuso l’ultimo messaggio di monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso. Che sulla vicenda dice: «Occorre chiudersi a riflettere su come conciliare la forza della misericordia con il dramma della scomunica». Nessuna rivolta, spiega poi il presule: i detenuti, sostiene, hanno voluto porre una «questione».