19 Aprile 2024, venerdì
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Cinzia Tedesco: ”Ho realizzato tanti progetti musicali, ed alcuni di grande soddisfazione come ad esempio il disco ”Like a Bob Dylan”


A cura di Ionela Polinciuc


Dall’alba dei tempi, la musica ha fatto parte dell’essere umano. Essa ci serve per emozionarci, stare insieme…E perfino per essere più bravi nello sport!
La musica ci emoziona e serve a parlare di quello che succede nel nostro animo. È così che scegliamo che cosa ascoltare, anche senza rendercene conto.
Al riguardo, abbiamo intervistato Cinzia Tedesco.

Cinzia Tedesco


Come è nata la sua passione per la musica?
Ero bambina e cantavo: cantavo a casa, cantavo in macchina mentre andavamo a Taranto dai nonni, imitando Tom Jones, Steve Wonder, Mina, Fred Bongusto e tanti altri artisti che mio padre amava e di cui aveva cassette musicali utilizzate come colonna sonora del nostro viaggio da Gioia del Colle a Taranto. Papà aveva un gruppo musicale, suonava tastiere, chitarra ma soprattutto cantava con una voce potente e molto bella, voce che ha ancora oggi. Io già all’età di 8 anni cantavo nel suo gruppo all’interno dell’aeroporto militare di Gioia del Colle, dove vivevamo, e, crescendo, con papà abbiamo girato la Puglia per fare matrimoni, feste da ballo, serate di piano bar. Studiavo, crescevo e cantavo!
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Ho realizzato tanti progetti musicali, ed alcuni di grande soddisfazione come ad esempio il disco ‘Like a Bob Dylan’, Tributo in Jazz al Menestrello di Duluth; passando a ‘Verdi’s Mood’ , un disco che come il precedente ho realizzato con Stefano Sabatini al pianoforte, Luca Pirozzi al contrabasso, Giovanna Famulari al violoncello e Pietro Iodice alla batteria, ma inciso per la Sony Classica & Jazz che ha creduto nella mia folle idea di cantare in jazz le arie verdiane. Il Tributo a Giuseppe Verdi ha avuto un successo tale da convincere la mia etichetta discografica a produrre il recente ‘Mister Puccini in Jazz’ , disco distribuito come il precedente in tutti i negozi di dischi in Italia e su tutte le piattaforme digitali mondiali. Anche in Mister Puccini ho lavorato con Stefano Sabatini agli arrangiamenti, con lo stesso combo, ed aggiungendo la Puccini Festival Orchestra che ha suonato gli arrangiamenti degli archi scritti da Pino Jodice, e che vede la partecipazione di ospiti che una grande giornalista radiofonica Rai ha definito ‘senatori del jazz’ come Antonello Salis, Flavio Boltro, Stefano di Battista e Javier Girotto. Una produzione Sony molto complessa e artisticamente forte, ed un disco che amo moltissimo e che, come gli altri mi sta dando soddisfazioni. Questi sono i progetti che porto in giro per l’Italia ma anche in Europa, con formazioni che vanno dal duo all’orchestra jazz o sinfonica, e questo per avere la possibilità di cantare su palchi eterogenei ed in contesti che non siano solo i grandi teatri ma anche i jazz club. A Novembre debutterà a Milano un mio nuovo progetto costruito con Roberto Guarino, chitarrista , compositore, arrangiatore , produttore di grandi artisti come Lucio Dalla e Samuele Bersani, vincitore di due premi Tenco, e Flavio Boltro che è uno dei più grandi trombettisti jazz italiani. Sarà un progetto dedicato ai grandi autori e cantautori italiani con cui Guarino ha collaborato ed i cui brani sono patrimonio della grande tradizione musicale italiana.
In che modo usa il web e i social per la tua attività di cantante?
Utilizzo i social per portare i miei progetti all’attenzione del pubblico, da Facebook a Instagram, Twitter e Linkedin, ma anche per essere informata su cosa si muove nel web dal punto di vista musicale. Ho la mia pagina su Youtube, i miei dischi su Spotify ed I-Tunes, ed oggi il web è un veicolo di fondamentale importanza per un artista che voglia ampliare la sua audience. Amo gestire i miei social personalmente per dare vita e calore a questi spazi di incontro tra me e le persone che mi seguono, e creare un canale di comunicazione vero, dove poter non solo raccontare di me e dei miei progetti musicali, proporre concerti, video ed eventi che mi riguardano, ma anche ringraziare i fan e gli appassionati di musica che mi fanno il grande regalo di essermi vicini. Amo essere vicina a chi è ‘mio amico social’ per cui seguo e commento gli altri, per mantenere attivo il rapporto. Non è facile essere presente e dare a tutti la vicinanza che meritano, ma cercherò di non perdere questo entusiasmo.
Come vede il futuro della musica?
La situazione generale in cui viviamo è difficile e lo sarà purtroppo sempre di più nell’immediato futuro. Pandemie, guerre, aumento delle diseguaglianze sociali e del numero di persone in difficoltà rende l’arte un ”bene quasi di lusso ”, e questo è un rischio enorme per la crescita culturale di un Paese. Per chi organizza concerti o produce musica e per gli tutti operatori del settore i costi crescono, ed il ritorno dell’investimento deve essere garantito dal pubblico che si ritrova a pagar sempre di più un disco, un libro, un biglietto per uno spettacolo o per una mostra o per qualsiasi attività culturale. Considerando che l’aumento generalizzato dei prezzi, e quindi dell’inflazione, impoverisce anche il ceto medio che da sempre è il più attivo sul fronte culturale, credo che anche la musica, così come le altre arti, saranno sempre meno fruite ‘dal vivo’. Ho timori giustificati da quanto è ormai sotto gli occhi di tutti. Aggiungo che la crisi di partecipazione si abbatterà fortissima sugli artisti che non sono nel novero di quelli storicamente TOP o televisivi, sarà durissima nei confronti di chi sperimenta e dei giovani, perché i soldi da dedicare alla cultura saranno sempre di meno. E’ un discorso lungo, complesso e che non si esaurisce in una intervista. A fronte di tanto entusiasmo giovanile che porta i conservatori a riempirsi e le orchestre a formarsi (con i fondi dello Stato), vedo i giovani relegati sul web e poco presenti sui palchi, anche se ci sono iniziative lodevoli come quelle del MIDJ e di altre associazioni e festival italiani che sostengono il talento dei giovani. Comunque i soldi saranno sempre meno per la Cultura in generale e quindi anche per la Musica.
Lei quanto ha patito il periodo di restrizioni a causa covid?
Durante il periodo del Covid ho comunque lavorato per creare nuovi progetti, ho partecipato ad eventi on line ed a registrazioni di video musicali con altri colleghi, attività che hanno riempito il cuore ma certamente non le tasche. Comunque c’è stato un sostegno da parte del Governo ed il riconoscimento degli artisti come categoria importante del mondo del lavoro italiano. In più ho cantato per settimane ‘al telefono’ per alcuni malati di Covid dell’ospedale Sant’Andrea ed è un qualcosa che non dimenticherò mai. Certo, ho sofferto l’assenza del palco, la mancanza dell’applauso che rigenera e rinfranca e il non vedere gli occhi felici di chi, ascoltandomi, si emoziona ma durante il Covid ho pensato che, sebbene la musica abbia senso se è condivisa, se unisce, se conforta, se entusiasma e se crea stupore, tutto questo può accadere anche se impossibilitati a ‘respirarsi’. Ho lavorato su questo e tramite il web ho cercato e trovato il contatto con il mio pubblico ed anche con chi non mi conosceva, ritrovando così la forza di andare avanti. Se oggi ho ricominciato con più forza e coraggio è anche per questo periodi di riflessione su di me, sulla mia musica e su quello che davvero volevo fare.

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