16 Maggio 2024, giovedì
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Riciclaggio, 18 condanne a Roma

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Diciotto condanne per 115 anni di reclusione. Assoluzioni, sette, anche eccellenti come quella del fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia e dell’ex amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, Stefano Mazzitelli. Così si è concluso il processo di primo grado per quella che l’accusa aveva definito come la più grande truffa messa in piedi in Italia e per un maxiriciclaggio da due miliardi di euro.

I giudici della I sezione penale, dopo oltre 9 ore di camera di consiglio, hanno condannato a 15 anni di reclusione l’imprenditore Gennaro Mokbel, a 8 anni sua moglie Giorgia Ricci e a 11 anni il consulente Carlo Focarelli, a 7 anni l’ufficiale della Guardia di Finanza Luca Berriola e 5 anni e 4 mesi per l’avvocato Paolo Colosimo.

I sette assolti sono usciti dal processo, a seconda delle singole contestazioni, o con la formula «per non aver commesso il fatto» o «perché il fatto non costituisce reato».

«Per me è finito un incubo. È stata una battaglia durissima – ha dichiarato Scaglia uscendo dal tribunale visibilmente commosso – che non doveva neanche iniziare. Un pensiero va alle tante persone che soffrono in carcere ingiustizie simili. Sono contento di aver avuto fiducia nella giustizia fino in fondo». Per questa vicenda, iniziata due anni e mezzo fa, il fondatore di Fastweb ha dovuto affrontare un anno di carcerazione preventiva.

L’inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai sostituti Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti, faceva riferimento ad una «Frode Carosello» che ha visto coinvolti gli ex vertici dirigenziali di Fastweb e Telecom Italia Sparkle. La Procura contestava agli imputati a seconda delle posizioni, i reati di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata finalizzata al riciclaggio, l’intestazione
fittizia di beni, l’evasione fiscale, il reinvestimento di proventi illeciti e delitti contro la pubblica amministrazione.

Il nuovo impeto diplomatico dell’Onu

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Non c’è modo migliore per tastare il polso del mondo che attraverso la capacità unica di aggregazione delle Nazioni Unite. Durante le ultime due settimane, nel turbinio di incontri e discorsi che caratterizza l’apertura della sessione annuale dell’Assemblea generale, mi sono confrontanto con leader e rappresentanti di gruppi e paesi che rappresentano il 99 percento della popolazione mondiale.

Che cosa batte nel cuore della famiglia umana? Inanzitutto, la voglia di liberarsi di conflitti, pregiudizi e disuguaglianze, di un clima sempre più caldo e del fardello della disoccupazione. In secondo luogo, l’euforia di vivere in un momento storico di infinite opportunità e di essere la prima generazione in grado di mettere fine alla povertà estrema.

Pienamente consapevole delle sfide che ci aspettano, ma al tempo stesso incoraggiato dagli sforzi diplomatici di cui sono appena stato testimone alle Nazioni Unite, ho fiducia nelle nostre prospettive.

La settimana scorsa ha visto l’approvazione, da parte del Consiglio di sicurezza, di una risoluzione che rappresenta una svolta per la Siria – la prima notizia incoraggiante dopo anni di stallo e inerzia.

Le Nazioni Unite e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche intraprenderanno una missione urgente per la messa in sicurezza e lo smaltimento dell’arsenale e dei programmi chimichi siriani. Si tratta di una grande conquista per la pace e la sicurezza internazionale, che darà anche impulso agli sforzi per porre fine al conflitto.

Il Consiglio ha inoltre adottato una posizione decisa sulla situazione umanitaria in Siria: continuiamo a insistere per ottenere accesso alle zone colpite, interrompere il flusso di armi e le violazioni dei diritti umani e, soprattutto, arrivare a una conferenza internazionale che ponga fine a questo tremendo conflitto.

La guerra sta distruggendo il paese – limitarsi a distruggere le armi chimiche non basta. La vittoria militare è un’illusione. L’unica risposta possibile è negoziare una transizione verso la nuova Siria che il paese e la popolazione meritano: per questo siamo decisi a riunire tutte le parti intorno al tavolo dei negoziati a metà novembre.

Il progresso, tuttavia, non è stato circoscritto alla Siria. Iran e Stati Uniti hanno approfittato dell’Assemblea Generale per aperture di dialogo che potrebbero mettere fine a decenni di tensioni.

Durante gli incontri di alto livello abbiamo assistito all’avanzamento del processo di transizione democratica in Myanmar e Yemen, nonché a sviluppi sul versante del Sahel e per quanto riguarda l’attuazione dell’accordo quadro di pace in Congo e nella regione dei Grandi Laghi.

Gli stati membri si sono impegnati a fornire sostegno ai paesi che confinano con la Siria, che al momento accolgono due milioni di rifugati, e il Quartetto per il Medio Oriente si è riunito per la prima volta in oltre un anno per mostrare il proprio supporto alla recente riapertura dei negoziati israelo-palestinesi.

I successi delle prime settimane di lavori dell’Assemblea non sono stati limitati alle sfide più pressanti di pace e sicurezza. Le Nazioni Unite hanno anche proseguito sul cammino dello sviluppo sostenibile, il nostro principale obiettivo a lungo termine.

Il 2015 sarà un anno storico: la scadenza prefissata per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Mdg), per l’adozione di un’agenda di sviluppo per il post-2015 e per la sottoscrizione di un nuovo accordo sul cambiamento climatico.
Le Nazioni unite sono rapide nel fornire una risposta nelle situazioni di emergenza e rappresentano spesso l’ultima spiaggia per risolvere quelle questioni che altri trovano troppo problematiche. A volte l’Onu è in prima linea, altre volte si confonde tra una miriade di altri attori; a volte raggiungiamo i nostri obiettivi, altre volte falliamo. Ma lavoriamo ogni singolo giorno, senza orari, in tutto il mondo, per sostenere gli interessi dell’interna popolazione mondiale anche nelle situazioni più impegnative. La diplomazia e l’azione multilaterale continuano a dimostrarsi mezzi privilegiati per affrontare tanto le crisi attuali quando le complesse sfide del nostro futuro comune. La centralità delle Nazioni Unite nel panorama odierno riflette la logica globale dei nostri tempi: mentre i nostri destini si intrecciano sempre di più, il nostro futuro non può che essere uno di profonda e ampia collaborazione. – See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2438#sthash.BDnvhr3g.dpuf

Seae, il meglio deve ancora venire

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Paralizzato da problemi interni di organizzazione e in perenne lotta con la Commissione europea per la definizione delle rispettive competenze, il Servizio europeo per l’azione esterna, Seae, non ha goduto di buona fama nei suoi primi due anni e mezzo di vita.

Non ha saputo rispondere alle aspettative sul suo ruolo di proiezione dell’Unione europea (Ue), trovandosi impreparato davanti alle trasformazioni della sponda sud del Mediterraneo, ai conflitti in Libia, Mali e Siria e alla crisi iraniana.

È anche per rivitalizzare la sua funzione che a fine luglio Catherine Ashton, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha reso pubblico un documento che delinea i principali interventi di revisione del Seae, previsti per il 2014.

Coordinamento complesso
Le proposte dell’Alto Rappresentante sembrano invece poco convincenti quando si tratta la spinosa questione del coordinamento interno, soprattutto tra gli organi deputati alla gestione delle crisi e le altre strutture, in particolare i dipartimenti geografici e tematici e il Foreign Policy Instrument, che gestisce le risorse finanziare destinate alle principali azioni di politica estera dell’Ue.

In questo ambito il documento si limita a indicare la necessità di assicurare un maggiore coordinamento interno, attraverso un mandato rafforzato del Segretario generale e un migliore utilizzo del personale militare e delle risorse di intelligence.

Altro obiettivo è migliorare la tempistica e l’efficacia del processo decisionale in materia di gestione delle crisi, con nuove procedure che riducono i passaggi consultivi e decisionali.

Essenziale poi la revisione dei meccanismi di finanziamento delle azioni di politica estera e la creazione di un centro servizi unico per il supporto alle missioni civili e militari.

Si auspica inoltre che una presidenza permanente designata dall’Alto Rappresentante sia estesa a tutti i gruppi di lavoro del Consiglio dell’Ue, alcuni dei quali seguono ancora il vecchio regime della rotazione semestrale della presidenza.

Un punto cruciale è quello del coordinamento tra Seae e Commissione europea. Si prevedono incontri più frequenti tra l’Alto Rappresentante/vice presidente della Commissione europea e gli altri commissari responsabili delle politiche esterne dell’Unione – oltre al presidente, i Commissari per allargamento, cooperazione allo sviluppo, commercio, assistenza umanitaria, affari economici e monetari.

Una questione fondamentale riguarda le rispettive competenze, non chiarite fino in fondo dal Trattato di Lisbona, per le relazioni con i paesi del vicinato e con i paesi di Africa, Carabi e Pacifico, nonché sugli aspetti esterni delle politiche interne, come sicurezza energetica, ambiente, migrazioni, lotta al terrorismo, regolamentazione finanziaria e governance economica.

Tuttavia, il contenuto si limita a una serie di considerazioni su questioni relative alla gestione delle risorse umane, dal bilanciamento della composizione istituzionale a favore dei nuovi stati membri e di genere alla politica del personale. La proposta di riforma di Ashton conclude precisando che i temi del cambiamento istituzionale interno, delle necessarie modifiche dei testi giuridici e le questioni più generali, insomma le novità più significative ed interessanti, saranno affrontate solo nel 2014. Forse il meglio deve ancora venire.

Da Srebrenica lezione di diritto internazionale

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La vicenda sulla responsabilità civile dello stato olandese per i tragici eventi svoltisi intorno alla città bosniaca di Srebrenica nel luglio del ‘95 è arrivata al suo epilogo. La Corte suprema dei Paesi Bassi ha infatti affermato alcuni importanti principi di diritto in materia di responsabilità degli stati per la condotta dei propri contingenti militari impegnati in missioni di peacekeeping sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Dutchbat 
La Bosnia-Erzegovina era allora teatro di una sanguinosa guerra civile che vedeva contrapposti i tre principali gruppi etnici che l’abitavano: musulmano, serbo e croato. La caduta di Srebrenica segnò l’inizio di una serie di esecuzioni di massa per mano delle milizie serbo-bosniache che costarono la vita a più di 8000 civili musulmani.

Nell’aprile del ‘93 il Consiglio di sicurezza Onu aveva dichiarato Srebrenica e il territorio circostante zona protetta. Nel marzo del ’94 il compito di salvaguardare l’incolumità della popolazione civile venne affidato al Dutchbat, un contingente di caschi blu olandesi che operava nell’ambito della missione di peacekeeping denominata Unprofor.

Quando nell’estate del ‘95 la città fu attaccata, i militari olandesi non soltanto non fermarono il massacro, ma espulsero dalla propria base migliaia di civili musulmani che vi si erano rifugiati, condannando di fatto molti di loro a morte certa. I parenti di quattro delle vittime decisero di intentare una causa contro lo stato olandese.

Nodo giuridico
I ricorrenti chiesero ai tribunali olandesi di affermare la responsabilità dei Paesi Bassi per la condotta del Dutchbat che non aveva fatto quanto in suo potere per salvare le vite dei loro congiunti. Dinnanzi alla Corte distrettuale dell’Aia lo stato negò ogni responsabilità, sostenendo che i propri militari non avevano agito per conto dei Paesi Bassi, ma erano parte integrante di Unprofor e operavano sotto la catena di comando Onu. La loro condotta non era dunque imputabile allo stato, ma andava attribuita alle Nazioni Unite.

Se, invece, si considerano i contingenti “prestati” come organi dello stato inviante, diventa decisivo determinare quale entità abbia effettivamente esercitato il proprio controllo sulla condotta supposta illecita. La Commissione del diritto internazionale ha ritenuto più convincente la seconda soluzione, che sia la Corte d’appello che la Corte suprema hanno poi adottato.

La questione dirimente era dunque chi esercitasse il controllo effettivo sul Dutchbat nelle ore in cui si svolgevano i fatti. Pur non escludendo che anche le Nazioni Unite potessero influenzare l’azione dei militari, con le due decisioni prese il 6 settembre scorso, i giudici hanno infine ritenuto che lo stato olandese esercitasse un controllo effettivo sul proprio contingente. Tale convinzione si basa prevalentemente su due circostanze.

Da un lato, lo stato d’invio mantiene comunque alcuni poteri sulle proprie truppe (ad esempio in materia disciplinare), che non sono dunque mai completamente sottratte a qualche forma di controllo statale. Dall’altro, l’incapacità di Unprofor di assolvere al proprio mandato e la decisione di evacuare i caschi blu avevano determinato, nella fase decisiva, un intervento diretto del governo dell’Aia, i cui ordini affiancavano (e a volte contraddicevano) quelli provenienti dalla catena di comando Onu.

La condotta del Dutchbat andava dunque imputata ai Paesi Bassi, cui corre pertanto l’obbligo di risarcire i parenti delle vittime.

Il camaleonte giapponese

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Rifiuto totale della guerra e del militarismo. Questa la politica adottata dal Giappone con la Costituzione del 1947 (Nihonkoku Kenpō) che stabilisce chiaramente, ancora più fermamente dell’articolo 11 della Costituzione italiana, non solo il divieto tassativo della “minaccia/ricorso all’uso della forza come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali”, ma pure il “non riconoscimento del diritto di belligeranza del paese”.

Svolta
Ciononostante, dal 2007 le forze di autodifesa giapponesi (Jieitai) fanno capo a un Ministero della difesa che, per mezzo dell’esclusivo National Institute for Defense Studies (Nids), è responsabile della creazione e messa a punto di un nuovo tipo di strumento militare.

Centrale è la nuova dottrina giapponese dell’indipendenza marittima. La Forza di autodifesa marittima (Kaijō Jieitai) fa infatti la parte del leone nella nuova politica estera giapponese. Si tratta di un leone marino iperattivo nella difesa degli interessi geostrategici del paese, dall’Oceano Pacifico all’Oceano Indiano, passando per il Mar della Cina.

Nel Mar della Cina il premier conservatore-nazionalista Shinzō Abe corre sul filo del rasoio di una serie di assi economico-politici concorrenti. Tra questi emerge la difesa della sovranità giapponese sulle isole Senkaku o Diao/Tiaoyutai, una questione su cui Repubblica popolare cinese, Giappone e Repubblica di Cina si stanno scontrando in senso lato e letterale.

Due anni fa la Cina, scavalcando il Giappone, è diventata la seconda più grande economia del mondo. Rispondendo indirettamente a questo balzo in avanti, e in seguito alle recenti dispute territoriali, il Nids e il Ministero della difesa del Giappone hanno elaborato nuove linee guida. Le si ritrova, in particolare, nel terzo documento “revisionista” del periodo post Guerra Fredda del 2010 e nel Libro bianco della difesa del 2012.

In questi due documenti si evince che nuove<i< jieitai<=”” i=””>, flessibili e dinamiche (i.e., con un’acquisita o potenziata forza di proiezione anfibia) dovranno occuparsi della protezione delle linee di comunicazione marittime e delle operazioni difensive a medio e lungo raggio.

Asia pivot
La scommessa del Nids è quella di ottenere che questa nuova dottrina venga adottata come essenziale alla sopravvivenza del paese anche grazie all’appoggio degli Stati Uniti e della loro marina che ne sono i principali sostenitori.

Infatti, il cosiddetto “Asia-pivot” di Washington non significa che ora gli Stati Uniti guardino all’Asia come l’unico e più importante asse della loro politica estera. In realtà, vogliono semplicemente rilanciare la solida alleanza Usa-Giappone, dando a Tokyo un ruolo maggiore e molto più autonomo.

La grande flessibilità e la capacità operativa della nostra Marina – si veda a proposito l’operazione umanitaria di Nave Cavour in occasione del terremoto a Haiti nel 2010 o l’impiego del Garibaldi e dei suoi caccia ognitempo AV-8B Plus nelle operazioni di no-fly zone della recente crisi libica – potranno rappresentare non solo la chiave di volta della trasformazione giapponese, ma anche uno stimolo ulteriore al cambiamento della sua politica estera. Inoltre, le due marine potranno beneficiare di uno scambio di know-how e personale militare che corroborerà l’amicizia italo-giapponese.

Un incredibile libro presentato a Taranto

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A L ‘Università per l’Europa
prof. Francesco Gui

Ringrazio per le info e gli  aggiornamenti che ricevo che seguo e  inoltro ad alcuni iscritti della sez.mfe di Martina Franca. Colgo l’occasione per informarvi  che martedì 15 presso l’elegante sala riunioni del centro storico di Taranto: Poseidon, è stato presentato un libro incredibile dal titolo : ” Come Risanare il Debito Pubblico Senza Chiedere un Euro ai Cittadini” scritto da un avvocato penalista di Taranto Michele Imperio e dal prof. Giuseppe Catapano, quest’ultimo laureato in Economia Aziendale e in Giurisprudenza, certificate of Award del giugno 2004, Rettore dell’Università Popolare di Milano, Presidente dell’ Osservatorio Parlamentare Europeo. Il titolo del libro farebbe  supporre soluzioni utopistiche, in realtà come emerso dalla presentazione, qualora  l’Unione Politica Europea non dovesse realizzarsi, le proposte ivi contenute potrebbero rappresentare un’alternativa coraggiosa e sperimentale per tentare di riportare il paese ai livelli economici precedenti l’adozione dell’Euro. I catastrofisti purtroppo parlano con i dati alla mano e con fatti quotidianamente osservabili. Il libro scritto con un linguaggio semplice e comprensibile non è fatto solo per gli addetti ai lavori ma per tutti i cittadini che vogliano capire come e perchè l’Italia stia rotolando verso livelli, probabilmente irreversibili, di povertà. La sezione di Martina Franca ha partecipato all’evento culturale ritenendo doversoso ascoltare le diverse voci su tale impotante questione. Un commento generale mi è impossibile perchè ho solo letto i primi tre capitoli.
Tuttavia,  trascrivo solo alcuni  titoli dei  27 brevi capitoli di cui si compone il libro per dare un idea dei temi che affronta.

1-Il fiscal compact e l’Organizzazione intergovernativa per la gestione del debito pubblico.
2-Esegesi Storica della Moneta
3-La degenerazione dei meccanismi di formazione della moneta
4-L’eccessiva espansione della moneta e la gita sul Britannia
5-La svendita delle privatizzazioni
6-La grande crisi delle banche americane
7-I rapporti fra la Cina e i Paesi occidentali
8-Il problema dell’emissione della nuova moneta
9-La svalutazione della  moneta
10-Che cosa avviene quando un paese debole non può più svalutare la propria moneta
11-Il problema del debito pubblico
12-L’aggressione di Francia Germania e Stati Uniti contro i paesi mediterranei
13 La divisione dell’Italia in 4 macroregioni a diverso regime normativo e monetario
14-Il maggior sviluppo degli stati di piccole dimensioni. Importanza del settore bancario
15-L’analisi dei sistemi dei piccoli stati a maggior sviluppo economico
16-I guru della grande finanza internazionale speculativa george Soros e MarkRich
17-Lo strano interesse per l’euro di alcune lobby statunitensi. Goldman Sachs Group
18-Monete nazionali e sistemi monetari internazionali. Corsi e ricorsi storici…e  così via……………………………………….

IL libro è stato già premiato al festival Art di Spoleto. Il prof. Catapano e l’avv. Imperio sono in contatto con importanti network televisivi fra cui Porta a Porta con cui stanno concordando una trasmissione televisiva . Il capitolo 15 tratta anche delle problermatiche di Taranto e della sua provincia e in particolare di quelle relative al mancato sviluppo del porto e alla mancata riapertura dell’aeroporto, denunciandone le azioni ostili che le hano determinate

per Contattare gli Autori
Prof. Giuseppe Catapano : email: giucatap@gmail.com  cell. 3772520256
Avv. Michele Imperio : email:avvo.micheleimperio@alice.it  cell.3358199147
ringrazio

Elena Quidello
segretaria sez mfe Martina Franca

Nasce la newsletter CoLAP 2.0: F.A.R.E. PROFESSIONISTI!

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Un notiziario ricco di spunti e riflessioni da e per il mondo delle professioni associative. Un informazione puntuale che a partire da oggi avrà cadenza quindicinale.
Sarà il luogo virtuale del dialogo dove affrontare temi di interesse per l’intero sistema professionale italiano e per la sua utenza. Parleremo di innovazione, di crisi, di formazione, di qualità, etc e lo faremo grazie al contributo di professionisti ed esperti del settore.
Su ogni numero scopriremo una nuova professione!
La newsletter grazie ad una struttura snella e di facile lettura consente di visualizzare subito gli argomenti trattati e di scegliere.
IL 12 Dicembre 2013 il CoLAP promuove un grande evento e questa newsletter vuole essere uno strumento in più per avviare fin da oggi la discussione, il confronto, la promozione proposte dalle nostre associazioni. Il nostro ringraziamento va alle Associazioni Partner di F.A.R.E. PROFESSIONISTI che crescono giorno dopo giorno e che rendono questa idea un progetto.
La rete CoLAP è la nostra forza! Oggi questa rete diventa un veicolo per crescere ed innovarsi.

Buona lettura!

I premiati del premio Italia Diritti Umani 2013

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Premio Italia diritti umani 2013 al giornalista Marcello Ugolini per il libro Retroscena di un inviato speciale (Fontana di Trevi edizioni)

Rischiando spesso la propria vita per il suo lavoro pluridecennale di inviato, anche con questo volume Marcello Ugolini testimonia i retroscena di guerre che hanno martoriato il nostro pianeta nell’ultimo ventennio. Incontri con personalità forti come Madre Teresa di Calcutta, scuotono il lettore imponendo un momento di riflessione su ciò che veramente è accaduto e soprattutto su come, a volte superficialmente, ci viene raccontato dai mass-media.

Premio Italia diritti umani 2013  a Frontiere News, portale web
Per la passione e la costanza con cui racconta ogni giorno storie di diritti umani, privilegiando il punto di vista e l’esperienza umana, di sofferenza e di lotta, di chi non ha voce, di chi non ha potere e lotta quotidianamente per la riaffermazione dei suoi diritti e della sua dignità.

Premio Italia diritti umani 2013 a Doriana Vovola.
Doriana Vovola svolge da anni una preziosa operazione culturale volta a restituire al teatro la sua forza, il suo perché originario in quanto efficace amplificazione dell’ attualità, contrastando lo scollamento degli autori teatrali stessi dalle tematiche di carattere sociale, ambientale e civile, invogliandoli ad utilizzare il mezzo e la poetica teatrali per favorire l’ascolto dell’Altro ed ampliare lo sguardo, oltre i tanti strappi e le tante zone d’ombra, verso una reale consapevolezza della rete di interdipendenza di diritti e doveri di tutti gli individui e di tutti i popoli.
Particolarmente degna di nota è poi la sua ferma volontà di salvare dall’oblìo la figura e l’opera di Antonio Russo, da lei   suggestivamente definito “un essere umano senza serrature”, una “gola instancabile” che “non poteva non gridare insieme ai bambini o ricordare insieme ai vecchi” o “non sperare insieme a madri e padri”. A lui Doriana ha voluto dedicare il Premio di drammaturgia  Etica in Atto da lei stessa creato, giunto quest’anno alla sua quinta edizione.

Lourdes-Medjugorje: la fede esiste ancora! di Rita Occidente Lupo

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di Rita Occidente Lupo

MEDJUGORJEMedyugorje sembra risuscitata dopo un apparente letargo. Non che si sia mai
spenta la sua voce, attraverso le carovane di pellegrini, che a migliaia
addensano la collina, visitano il santuario, incontrano i veggenti. La
Vergine, ultimamente pare proprio non far segreto delle Sue apparizioni, lasciando
segni e lanciando segnali. Anche se non ancora riconosciuta come fonte
autorevole, resta pur sempre un luogo benefico, di fede tale terra: un bagno di
spiritualità e di segni. Che tanti scorgono nel cielo, fissando a lungo il
sole o vedendo le figure più strane, che a volte inseguono le nuvole, altre
illuminano albe e tramonti. I miracoli, altra cosa! Quelli visibili, che
fanno gridare al prodigio, ancora filtrati oculatamente al Bureau Medical di
Lourdes, 69 in oltre 150 anni. In Jugoslavia, non si contano: nel senso che manca
ancora un organismo specifico, preposto a ciò, ma le conversioni a raffica in
entrambi i luoghi di culto, sfuggono alle certificazioni sanitarie! E così si
centellinano le testimonianze, si va cauti nell’affermare che sia vera
anche l’illusione ottica, laddove il fanatismo prende il sopravvento sulla
razionalità.

MEDJUGORJE 2Ma ora, pare proprio che si sia molto vicini al miracolistico: da un pezzo
in verità, da quando già le alluvioni e lo straripamento del Gave a Lourdes,
hanno segnato milioni di danni alla terra di Bernardette, scuotendo coscienze
assopite. In tanti, infatti, a stupirsi di una catastrofe che ha reso
inagibile perfino la Grotta di Massabielle per più giorni, mobilitando la solidarietà
di tutto il mondo. E mentre ancora si fa il punto della situazione francese,
ecco che l’altra fonte mariana del nostro tempo, Medjugorye, crea uno scossone
nello scetticismo popolare. In un momento in cui da troppi focolai si avverte
disagio per il laicismo imperante, per il sacro calpestato, per la fede annientata.
Medjugorye, che dalla statua della Madonna fluorescente, al miracolo di Sla
di Christian Felice, fa toccare il cielo con un dito, fa capire che esiste un’
altra vita, al di là di quella terrena, da guadagnarsi salvando la propria
anima, affogata in troppi vizi, senza caparra. Medjugorye oggi…Lourdes
ieri…la Vergine sempre la stessa, a venire in soccorso dell’umanità!

Rita Occidente Lupo

Giustizia italiana: altro indulto e amnistia?

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di Rita Occidente Lupo

carcere-torinoTempo di riforme, made Cancellieri, nel campo della Giustizia italiana! Dopo la ramazzata razionalizzante, ora la vanga del crimine, che spala reati fino a
4 anni…con grossi limiti.

Si sa per esperienza che l’amnistia e l’indulto non risolvono il problema del sovraffollamento delle carceri perché chi esce dalle prigioni, in assenza di valide alternative di lavoro, tende a commettere gli stessi crimini per i quali è entrato. Quindi la società si ritrova a corto tiro di schioppo con lo stesso problema di prima.

Per quanti vedono l’Italia troppo blanda, nell’amministrare la dura lex, questo è quindi un altro colpo di grazia, sferrato al cuore della legalità. Soprattutto
della Giustizia, che cubitalmente ancora resta in piedi sbiadita in qualche vetusta aula di tribunale, con scarso convincimento degli stessi togati,
inclini più ad alzare la manica della clemenza, che a sferrare il colpo della condanna. Troppa illegalità, a braccetto col malaffare, con la delinquenza
dietro l’angolo, inquieta ancora i sonni italiani. Ormai il tam tam cronachistico, tra femminicidi e stragi, resetta anche la curiosità di chi vorrebbe affondare il
naso nel gossip dell’ultim’ora, prima di dover voltare pagina o far scivolare il mouse velocemente, sull’ennesimo crimine insoluto. Troppa violenza,
intollerabile per giorni di crisi, imbastardisce la volontà di guardare oltre.

Perchè allora questo ritorno di fiamma del legislatore per l’amnistia e per l’indulto che sembravano istituti giuridici archiviati con la Prima Repubblica?

Il dubbio che la posta in palio non sia il sovraffollamento delle carceri, come sostiene con ardore il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ma l’eliminazione dei reati di cui è imputato o per i quali è stato condananto Silvio Berlusconi, onde evitare situazioni prodrome di guerre civili, è molto forte. Magari anche per pressioni internazionali.berlusconi carcere

Il governo appare spaccato, il P.D. anche. Il probabile futuro segretario politico del P.D. Matteo Renzi ha detto espressamente di essere contrario.

Questa proposta di amnistia sembra quindi una nebulosa che avanza zigzagando.

Impantanato nelle sabbie mobili dell’indecisione, un governo che riesce a stento a sopravvivere, per conservare privilegi di casta, senza aver prodotto nemmeno la più elementare delle riforme, l’agognata riforma elettorale, biascica laconici tentativi di larghe intese che hanno bisogno dell’amnistia. Su tutto si discetta e di tutto si filtra
il superfluo: giungendo anche a sognare, senza lampada d’Aladino, che il genio magico possa risolvere incancrenite problematiche come quella carceraria.

Ma se amnistia ha da essere, per evitare contrapposizioni politiche troppo accentuate, che essa sia mirata, che sia mirata la scelta dei reati da inserire nella legge clemenziale! Che non si saldino a poco prezzo le troppe violenze sulle donne, i reati frutto di violenza e terrore! Che non si consenta più che chi, sottratto ai giorni, ucciso dentro da stupro e barbarie, debba continuare a srotolare giorni, conscio che il suo killer se la caverà con una blanda punizione, in nome di attenuanti, profumatamente arringate, amnistie e condoni. Questo non lo vogliamo, non lo vuole nessuno!

Rita Occidente Lupo