25 Giugno 2025, mercoledì
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Ricerca in sciopero, l’allarme del PD: “Trentacinquemila precari senza futuro”

D'Attorre: “È un'emergenza nazionale. Il governo intervenga subito, altro che gare con la Francia per attrarre scienziati americani”

ROMA – Lo sciopero nazionale del precariato universitario accende i riflettori su una crisi strutturale da troppo tempo ignorata. Migliaia di ricercatori e assegnisti di ricerca hanno incrociato le braccia oggi in diverse città italiane per denunciare una situazione che rischia di esplodere nei prossimi mesi: circa 35.000 precari, che rappresentano una componente fondamentale delle attività di atenei ed enti di ricerca, si troveranno senza contratto a causa del taglio dei finanziamenti statali e dell’esaurimento delle risorse legate al PNRR.

A sollevare l’allarme è Alfredo D’Attorre, responsabile Università nella segreteria nazionale del Partito Democratico: “La mobilitazione di oggi ripropone una questione di enorme rilievo, sistematicamente rimossa dal dibattito pubblico. Il precariato universitario non è una nicchia: è la spina dorsale della ricerca italiana, e senza un intervento immediato rischiamo una fuoriuscita di massa di competenze, energie e intelligenze”.

Il deputato dem critica con durezza le scelte dell’esecutivo: “In un contesto di risorse sempre più limitate, è assurdo continuare a concentrare fondi su pochi progetti elitari, come quelli del Fondo Italiano per la Scienza, o indulgere in fantasie di competizione con Francia e altri Paesi europei per attrarre cervelli dagli Stati Uniti, mentre l’intero sistema nazionale della ricerca rischia il collasso”.

D’Attorre denuncia inoltre l’incapacità del governo di reperire le risorse necessarie per sostenere i nuovi contratti di ricerca: “Servirebbero 300 milioni di euro per compensare gli atenei del maggior costo dei contratti rispetto ai vecchi assegni. Una cifra che in larga parte rientrerebbe nelle casse dello Stato sotto forma di entrate fiscali, ma che finora non si è riusciti a trovare”.

“La priorità assoluta – conclude – non può essere la competizione internazionale o il maquillage normativo: bisogna affrontare subito il nodo delle risorse. Senza finanziamenti strutturali, qualsiasi discorso sul futuro del sistema universitario resta pura retorica”.

Lo sciopero odierno ha dunque il merito di riportare al centro dell’agenda politica una questione cruciale per il futuro del Paese. Il mondo accademico lancia un appello chiaro: senza ricerca non c’è innovazione, senza innovazione non c’è sviluppo. Ora tocca al governo decidere se ascoltare.

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