3 Maggio 2024, venerdì
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Dimissioni: cosa succede e come agire a riguardo

Per dimissioni, si intende l’atto di rinuncia al proprio incarico lavorativo da parte di
un dipendente, diversamente dal licenziamento che è un’impugnazione presa
esclusivamente dal datore di lavoro.
Ad oggi, la pratica di dimissioni è alla portata di tutti. E’ possibile, quindi, scaricare in
maniera telematica un modulo sul (sito www.lavoro.gov.it), reso disponibile dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rendendo partecipe l’Ispettorato del
Lavoro territoriale competente. Diversamente, si procedeva anni addietro, in
quanto le dimissioni venivano presentate in bianco. Questa pratica prevedeva la
firma del dipendente su di un foglio, molto prima che si potesse prendere in
considerazione un’eventuale dimissione. Risultata come una pratica imprecisa, si
opta direttamente per pratica online.
In una società come la nostra, costituzionalmente legata al lavoro, perché prendere
la decisione di dimettersi?
Molteplici posso essere le cause. In ogni caso, bisogna rispettare delle regole
previste dal CCNL (contratto collettivo nazionale del lavoro). Se il dipendente risulta
messo in regola con contratto a tempo indeterminato, egli può, in qualsiasi
momento, recedere dal contratto di lavoro con solo l’obbligo del preavviso. Nel
momento in cui, il lavoratore rinunciasse al preavviso, il datore potrà inveire contro
di lui, trattenendogli l’ultima busta paga per indennità sostitutiva del preavviso,
diventando così, una sorta di licenziamento.
Quando il contratto di lavoro risulta a tempo determinato, le sorti di questa
decisione comportano un’attesa maggiore in quanto ambedue le parti dovranno
rispettare la scadenza del contratto in essere, non potendosi dimettere né licenziare
prima del previsto. Non è escluso però, che questo possa avvenire comunque.
Ebbene, il datore di lavoro, potrà ancora una volta andare per via legale citando in
giudizio il dipendente, che sarà condannato al risarcimento del danno subito, a
meno che non ci si dimetta anticipatamente ‘’per giusta causa’’. Si tratterebbe,
quindi, di pesanti cause come: mancato versamento dello stipendio, clima lavorativo
insostenibile, molestie fisiche e morali da parte del datore stesso ma anche da
colleghi, trasferimento ingiustificato e mobbing. In tale ipotesi, le dimissioni hanno
effetto immediato.

Nel frattempo, al dipendente appena dimessosi, spetterebbero: l’ultima
retribuzione, TFR (trattamento di fine rapporto), tredicesima e quattordicesima già
maturate e liquidazione delle ferie.
Vivere in una condizione di disoccupazione non è facile al giorno d’oggi, per tanto,
l’INPS offre l’erogazione di un assegno di disoccupazione più comunemente
chiamato Naspi. Quest’ultimo può essere percepito solo in base a due condizioni
quali licenziamento e dimissioni per giusta causa. E’ chiaro che, coloro che si
dimettono senza giusta causa, non possono ottenere la disoccupazione. Infatti, il
lavoratore disonesto, attua la strategia di non presentarsi sul posto di lavoro
costringendo il datore a procedere con la pratica di licenziamento per assenza
ingiustificata, potendo così ricevere il sussidio. A tal proposito, il datore che dovrà
versare allo Stato la somma prevista ogni volta che si troverà costretto e non, a
licenziare qualcuno (ticket Naspi), potrà certamente, in caso di condanna del
Giudice, richiedere il risarcimento danni, detratto dall’ultima busta paga. Questo
provvedimento è stato messo in atto dalla Cassazione per evitare ingiuste lesioni ai
datori.
Al fine di liquidare ogni rapporto annesso al vecchio datore, il dipendente entro 5
anni dal ‘’fine ‘’rapporto’’, potrà far valere i propri diritti pretendendo ogni tipo di
arretrato annesso al contratto, attraverso la supervisione di un legale che si
muoverà per la richiesta di un decreto ingiuntivo in base ai conteggi delle differenze
che restano.
Ricordiamo, infine, che la richiesta di dimissioni può essere revocata entro e non
oltre 7 giorni dall’emissione, senza specificare alcuna motivazione, magari perché
frutto soltanto di una profonda riflessione da parte del dipendente o del datore
stesso, che in precedenza, ha istintivamente deciso di licenziarlo.

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