Si dice che la guerra sia finita, a Kabul, dove da ieri sono di colpo piombate le milizie talebane. Ultima tappa che attendeva di entrare raggiunta – dopo cinque grandi città dello stato già in loro comando- e conquistata ,obiettivo facilitato negli ultimi giorni in vista del ritiro militare statunitense deciso dal presidente Joe Biden. Uno dei passaggi fondamentali nell’offensiva delle scorse ore è stata la presa del centro di chiave di Jalalabad, presa senza combattere. Subito dopo è caduta anche Bamiyan: la città e la sua valle sono famose per i Buddha distrutti proprio dai talebani esattamente 20 anni fa, nel 2001. Le milizie taliban in dieci giorni hanno conquistato la stragrande maggioranza dei capoluoghi di provincia, incontrando scarsa opposizione.
L’intera città è nel caos più totale, con il presidente Ghani fuggito in Uzbekistan “per evitare un bagno di sangue”. Ghani ha quindi auspicato che i talebani superino la “nuova prova storica” proteggendo “il nome e l’onore dell’Afghanistan”. È “necessario che i talebani garantiscano tutte le persone, le nazioni, i diversi settori, le sorelle e le donne dell’Afghanistan per conquistare la legittimità e il cuore del popolo”, conclude Ghani, promettendo di “continuare a servire sempre la nazione“.
L’ipotesi di un governo di transizione è durata poche ore: gli insorti promettono la rinascita dell’Emirato islamico on migliaia di afghani che stanno cercando di abbandonare il Paese. In un primo momento l’operazione sembrava “pacifica”, ma man mano che passano l’ore il clima si fa sempre più teso. Prima l’ambasciata Usa ha diramato un’allerta riferendo di “spari in aeroporto” e la Bbc ha citato testimoni secondo cui la gente corre sulla piste pur di riuscire a salire sugli aerei e lasciare il paese. Poco dopo inoltre sono state sentite forti esplosioni nella capitale. I talebani sono pronti a proclamare l’Emirato islamico che 20 anni fa era stato abbattuto dall’intervento occidentale.
In un nuovo video, il vicecapo mullah Baradar Akhund promette “serenità” alla nazione e di occuparsi dei bisogni della gente. “Questa è l’ora della prova. Noi forniremo i servizi alla nostra nazione, daremo serenità alla nazione intera e faremo del nostro meglio per migliorare la vita delle persone”, dice nel video, citato dalla Bbc, seduto nel palazzo presidenziale circondato da miliziani armati. “Il modo in cui siamo arrivati era inatteso e abbiamo raggiunto questa posizione che non ci aspettavamo”, dice ancora Akhund.
A differenza della maggioranza dei Paesi occidentali-Danimarca, Norvegia e Germania hanno annunciato la chiusura temporanea delle sedi o la riduzione delle attività al minimo- sia la Russia sia la Cina mantengono aperte e attive le proprie ambasciate a Kabul. L’ambasciatore russo in Afghanistan, Dmitry Zhirnov, ha annunciato un incontro domani con i talebani che hanno promesso alla Russia che costruiranno un Afghanistan “civilizzato”, “libero dal terrorismo e dal traffico di droga”. Condizioni di partenza per la Russia per prendere “una decisione sul riconoscimento del regime del movimento talebano a seconda di quanto responsabilmente governerà il Paese”. Così la Cina, con la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, auspica che i talebani diano seguito alle loro promesse di un governo islamico “aperto e inclusivo”. La Cina inoltre è disposta a sviluppare “relazioni amichevoli” con i talebani e svolgerà un ruolo attivo per la pace e la ricostruzione post-bellica del Paese.
a cura di Maria Parente