8 Maggio 2024, mercoledì
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IL 2021 SARÀ MEGLIO?

A cura di Giuseppe Catapano 

Chi crede che finendo questo disgraziato anno bisestile i guai “funesti” se ne andranno così come sono venuti, sta ingannando se stesso. “Certo bisogna  vedere anche quel po’ di acqua che sta nel bicchiere, e pazienza se non arriva a metà”. Questa invocazione viene dal profondo, dal bisogno di rassicurazione, che in questo momento credo pervada ogni italiano. Mai come al momento di consuntivare questo maledetto 2020 all’insegna del Covid ci sentiamo persi, e nello stesso ansiosi di vedere la luce in fondo al tunnel.

Detto questo, siamo abbiamo vissuto il Natale più triste, caratterizzato dallo scaricabarile dei politici e dei pubblici amministratori che non sapendo governare non trovano niente di meglio che accusare i cittadini di  tenere comportamenti irresponsabili, e quella parte del popolo che essendo tutt’altro che civile non trova niente di meglio che coprire le proprie vergogne scaricando ogni responsabilità sulla casta e i suoi privilegi (veri o presunti, non importa). E abbiamo il dovere, individuale e collettivo, di archiviare con il giusto metro di valutazione il 2020, ma soprattutto di immaginare cosa ci aspetti nel 2021, così da avere la lucidità e la forza per fare ciò che serve.

Partiamo dal consuntivo per poi capire che anno nuovo ci aspetta. Intanto, diciamo subito che sul fronte di quelle che io considero le precondizioni – rifondare la politica e ridisegnare gli assetti istituzionali – per poter successivamente affrontare tutte le maggiori questioni sul tappeto, l’unica cosa che archiviamo è la populistica scelta di ridurre il numero dei parlamentari, inutile per molti versi e controproducente per altri. Per il resto la politica si è definitivamente dissolta e le istituzioni, nazionali e locali, hanno ulteriormente perso credibilità e capacità di funzionamento. Quanto poi alle due emergenze dell’anno, quella sanitaria e quella economica, siamo ben lontani dalla sufficienza. La pandemia, affrontata con ritardo e in modo disorganizzato, anziché anticiparne la diffusione, l’abbiamo affannosamente rincorsa a suon di decreti che, oltre a danneggiare le attività economiche e procurare disagi di ogni tipo, hanno finito col creare uno spaventoso senso di incertezza. Il nostro paese in tutte le analisi internazionali più accurate è stato clamorosamente bocciato, finendo penultimo – solo il Belgio ha fatto peggio – nelle classifiche a livello Ocse. Un triste primato, che si calcola in morti – non solo di Covid o con Covid, ma anche di altre patologie che in modo criminale sono state trascurate – e in consunzione delle strutture sanitarie. Tutto questo potrà non dico essere dimenticato, ma moralmente superato, con il realizzarsi di due condizioni. La prima: se l’operazione vaccini riuscirà sotto tutti i punti di vista, dal giusto approvvigionamento all’efficiente distribuzione e somministrazione, nel rispetto dei tempi e avendo approntato un registro che consenta sotto controllo il decorso e programmare i successivi richiami. La seconda: se verranno finalmente prese le risorse messe a disposizione dal MES e con esse si avvii una radicale riforma del sistema sanitario, sottraendolo alle responsabilità regionali. Sul realizzarsi della prima a volersi sforzare di essere ottimisti si potrebbe anche spendere un po’ di speranza, sulla seconda francamente non se vede lontanamente neanche un briciolo di possibilità.

Quanto all’economia, per il pil le cose sono andate meno peggio di quel che si temeva, soprattutto grazie al formidabile rimbalzo del terzo trimestre (+15,9%), che con tutta probabilità consentirà di consuntivare la recessione annua con una sola cifra anziché due. Ma se il 2020 chiuderà male ma non malissimo, è già chiaro che il 2021 parte zavorrato molto più di quanto non si pensasse. E il Centro studi di Confindustria lo conferma: essendo i servizi tornati in rosso e con l’industria che fatica a reggere, il quarto trimestre 2020 sarà pessimo e ciò causerà un trascinamento nel 2021, che parte più basso del preventivato. Il risultato è dunque una minore caduta nel 2020, ma nello stesso tempo un rimbalzo più esile nell’anno prossimo. Sul fronte dell’occupazione, si è perso quasi un milione di posti lavoro nonostante il blocco dei licenziamenti e il largo uso della cassa integrazione, il che fa pensare che se nel corso del 2021 si toglieranno questi vincoli – come sarà inevitabile, e opportuno se non si vuole far morire più aziende di quelle che sono già decedute – assisteremo ad una vera e propria carneficina, che aprirà una crisi sociale senza precedenti. Ma tutto dipenderà dal Recovery: se si predisporrà una governance adeguata per il suo funzionamento e se i progetti da finanziare saranno all’altezza tanto delle aspettative e degli indirizzi strategici della Commissione europea quanto della necessità di modernizzazione del sistema Italia rimandata da decenni, allora forse non il 2021 ma di certo il 2022 potrà essere l’anno della svolta; viceversa, se questo non accadrà, non solo la crisi continuerà a erodere le fondamenta del nostro paese, ma il debito pubblico – che nel frattempo sta vertiginosamente salendo e toccherà fino al 170% del pil – rischierà seriamente di non essere più sostenibile (e sostenuto dalla Bce), portandoci verso l’abisso del default in salsa greca.

Insomma, se il 2020 che si sta per chiudere è stato l’anno del Covid, il 2021 si avvia ad essere l’anno dell’esplosione delle conseguenze del virus e, soprattutto, delle miriade di misure che si sono succedute nel tentativo, fin qui vano, di scongiurare la seconda ondata e ora, con il decreto di Natale-Capodanno-Befana, la terza. Per evitare che sia così c’è solo un antidoto: un governo di emergenza che faccia in modo eccezionale le cose normali. Come sapete in queste ore caratterizzate dalla manfrina della “verifica di governo” finalizzata ad un “rimpasto”, ha ripreso consistenza la congettura secondo la quale una serie di personalità politiche, della maggioranza e dell’opposizione, stiano lavorando all’obiettivo di portare Mario Draghi a palazzo Chigi. Si tratta di cosa fondata. Ma è anche vero che troppe variabili, a cominciare dalla effettiva disponibilità dello stesso ex banchiere centrale, rendono il progetto chiamato “governo di ricostruzione”, ancora del tutto ipotetico. Certo, se una inedita e vasta coalizione di forze che escluda solo la destra anti-europeista (Fratelli d’Italia e quella parte della Lega che se Salvini si sottraesse dovesse rimanere con lui anziché dar retta ai moderati alla Giorgetti) e quella parte di 5stelle che preferisse Di Battista a Di Maio dovesse formarsi intorno all’ipotesi di formare un esecutivo Draghi, ricevendo per questo la benedizione tanto informale quanto incalzante di Bruxelles e delle principali cancellerie europee, beh allora anche il fin qui recalcitrante ex presidente della Bce avrebbe difficoltà a sottrarsi. Anche perché sta succedendo una cosa: “stavolta i fondi europei non sono solo un indebitamento dello Stato italiano, del quale gli altri si possono disinteressare, ma sono un indebitamento degli Stati europei. Si può pensare che la Germania, che sarà donatore netto, davanti a prenditori netti dissipatori, starà a guardare? Non è possibile. Arriverà una forma di potere parallelo: una nuova sovranità europea”. Capito qual è l’ancora di salvezza che abbiamo per evitare che il 2021 sia peggio dell’anno 2020?

Auguri, nonostante tutto.

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