12 Febbraio 2025, mercoledì
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Khapse: Il dolce tibetano che porta pace e tranquillità

Il biscotto fritto simbolo del Losar e della comunità buddhista tibetana

A cura di Dario ricci

Nel cuore delle tradizioni tibetane, il khapse rappresenta molto più di un semplice dolce. Questo biscotto fritto croccante, preparato con cura e dedizione, è un simbolo del Capodanno tibetano (Losar), un momento di rinnovamento e celebrazione. Ogni anno, milioni di buddhisti tibetani e sherpa in Tibet, Nepal, Bhutan, India e altre parti del mondo preparano il khapse come gesto di buon auspicio, convinti che mangiarlo porti calore, pace e tranquillità nel nuovo anno.

All’ingresso del monastero Kemgun Gumba a Lukla, in Nepal, un gruppo di uomini e donne lavora instancabilmente attorno a lunghi tavoli di legno. Mescolano, stendono e modellano con abilità l’impasto in sottili strisce rettangolari, che poi vengono attorcigliate a formare eleganti fiocchi. Il ritmo della preparazione è scandito dal suono dell’olio bollente, nel quale i biscotti vengono fritti fino a diventare croccanti e dorati.

Il nome khapse deriva dal tibetano: kha significa “bocca” e sey significa “spuntino”. Secondo lo chef tibetano Yeshi Jampa, coautore del libro Taste Tibet e fondatore dell’omonimo ristorante a Oxford, il khapse è un elemento imprescindibile delle celebrazioni del Losar.

Il Losar (dal tibetano lo che significa “anno” e gsar che significa “nuovo”) è un festival di 15 giorni che inizia il primo giorno del calendario lunare tibetano e celebra i nuovi inizi. Nel 2025, il Losar avrà inizio il 28 febbraio. I primi tre giorni sono i più significativi: le persone visitano i monasteri, offrono sciarpe cerimoniali, ricevono benedizioni dai Rinpoche (insegnanti spirituali di alto rango) e preparano cibi speciali, tra cui il khapse.

Preparare il khapse è un processo laborioso che coinvolge intere famiglie e comunità. L’impasto, composto da farina di grano, burro, zucchero e olio (con l’opzione di aggiungere un uovo), viene lavorato con pazienza prima di essere modellato in varie forme decorative come fiori, nodi e trecce. Una volta pronte, le forme vengono immerse nel ghee (burro chiarificato) bollente fino a diventare croccanti e dorate.

Kanchhi Maya Sherpa, proprietaria dell’Hotel Sherwi Hyul a Kathmandu, racconta come la preparazione del khapse sia un’attività collettiva:

“Non è possibile che una o due persone lo preparino da sole, perché l’impasto deve essere lavorato a lungo. Nel monastero, questo diventa un vero e proprio lavoro comunitario.”

Il primo khapse preparato non viene né mangiato né offerto agli altri. Seguendo un’antica credenza, viene modellato a forma di scorpione e lasciato all’esterno della cucina fino al quindicesimo giorno del nuovo anno, per allontanare la sfortuna e proteggere la famiglia dagli incidenti.

Secondo la monaca tibetana Geshema Delek Dolma, la tradizione del khapse ha radici antiche e risale ai primi rituali della religione Bon, praticata sull’altopiano tibetano prima dell’arrivo del buddhismo nel VII secolo d.C. In origine, i rituali prevedevano sacrifici di sangue come offerte alle divinità, ma nel tempo questa pratica si è evoluta: il khapse ha sostituito il sangue e talvolta veniva colorato di rosso per mantenere il significato simbolico dell’offerta.

Oggi, il khapse è una parte integrante delle cerimonie buddhiste. Prima di essere consumato, viene offerto sugli altari insieme a fiori, frutta, cereali, noci, sale, burro e acqua. Le torri di khapse, chiamate derga, includono forme particolari come lune crescenti e soli, decorate con chhurpi (un formaggio tradizionale himalayano), dolci e zucchero di roccia.

Le ricette e le forme del khapse variano a seconda delle regioni e delle famiglie. In alcune zone del Tibet, il dolce viene preparato con miele biologico anziché zucchero, conferendogli una consistenza più morbida e una dolcezza più delicata.

Yeshi Jampa, originario della regione tibetana del Kham, spiega le diverse tipologie di khapse:

Kong-chen: una striscia rettangolare di pasta con un taglio centrale attraverso cui si passa un lato del biscotto.

Hrug-hrug: piccoli pezzi di pasta rettangolari o triangolari, dalla preparazione più semplice.

Alcuni chef moderni stanno sperimentando varianti innovative del khapse, aggiungendo ingredienti come banana, barbabietola e spinaci. Tuttavia, molti tibetani rimangono fedeli alla versione tradizionale.

“Dobbiamo mantenere le cose tradizionali”, afferma Jampa. “Il khapse non è solo un biscotto, ma un simbolo dello sforzo familiare e un ricordo delle nostre radici culturali.”

Sebbene il khapse sia strettamente legato al Losar, oggi viene consumato tutto l’anno in molte comunità himalayane. Nei negozi di Kathmandu è possibile trovarlo in qualsiasi periodo dell’anno, e molte famiglie lo preparano come snack quotidiano.

Nonostante le innovazioni moderne, il valore simbolico del khapse rimane intatto: è un dolce che unisce le persone, rappresenta la continuità culturale e spirituale del popolo tibetano e augura prosperità per il nuovo anno.

Che venga gustato durante il Losar o in qualsiasi altro momento dell’anno, il khapse continua a portare con sé il sapore della tradizione, della famiglia e della comunità.

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