A cura dell’Avv. Prof. Luca barbuto
L’intimazione di pagamento è l’atto attraverso il quale, L’Agente della Riscossione intima al contribuente il pagamento delle somme nel termine di cinque giorni dalla notifica, in mancanza di pagamento o di rateizzazione del debito indicato, la Riscossione potrà attivate le azioni esecutive di recupero del credito, fatta salva tuttavia la possibilità per il contribuente di impugnare l’intimazione per mancata notifica delle cartelle indicate o per prescrizione del credito dovuto.
In riferimento alla prescrizione il contribuente dovrà preventivamente verificare i termini a seconda della tipologia del tributo richiesto che variano in tre anni per i bolli auto, in cinque anni per i tributi locali e le sanzioni, in dieci anni per le tasse statali.
Proprio in tema di impugnabilità e di prescrizione è intervenuta recentemente la pronuncia della Corte di Cassazione (n. 16743/2024) la quale ha chiarito alcuni aspetti per ciò che attiene l’impugnabilità della intimazione e la funzione interruttiva della stessa precisando che:
L’avviso di intimazione integra un sollecito di pagamento ed in quanto tale è idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione., tuttavia È facoltà e non obbligo del contribuente impugnare l’avviso posto che l’intimazione non è un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;
Ovviamente tale principio ha ricadute sul piano processuale ed infatti, il contribuente può ben proporre opposizione ad un secondo avviso di intimazione, indipendentemente dall’impugnazione del primo avviso, eccependo l’intervenuta prescrizione delle cartelle e del credito maturato antecedentemente al primo avviso di intimazione.
Occorre in ultimo chiarire che l’intimazione di pagamento, a far data dal 16 luglio 2020, ha una validità di 1 anno (non più di 180 giorni come spesso viene indicato) entro il quale l’agente deve attivare le azioni esecutive essendo necessaria, in difetto di azione entro l’anno, di notifica di ulteriore avviso di intimazione.