Un nuovo capitolo giudiziario si apre per Totò Cuffaro. I carabinieri del Ros hanno sequestrato circa 80mila euro all’ex presidente della Regione Sicilia, oggi indagato dalla Procura di Palermo in un’inchiesta che scuote ancora una volta gli equilibri politici e amministrativi dell’isola. Il provvedimento si inserisce nell’ambito di un’indagine che coinvolge in tutto 18 persone, tra cui anche l’ex ministro Saverio Romano, e che ipotizza un articolato sistema di associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti e corruzione.
Il denaro, ritenuto di sospetta provenienza, è stato rinvenuto nel corso delle perquisizioni disposte dalla magistratura. Parte della somma era custodita in alcune casseforti dell’abitazione palermitana di Cuffaro, mentre il resto era nascosto nella sua tenuta di campagna a San Michele di Ganzaria, in provincia di Catania.
Secondo le ipotesi degli inquirenti, il denaro potrebbe essere collegato a un presunto sistema di appalti pilotati, nel quale funzionari pubblici, imprenditori e figure politiche avrebbero collaborato per indirizzare gare e contratti in favore di soggetti predeterminati, in cambio di denaro o altre utilità. Il sequestro, disposto a titolo preventivo, mira a congelare eventuali proventi illeciti e a impedire la dispersione delle somme oggetto d’indagine.
Totò Cuffaro, che dopo la condanna definitiva per favoreggiamento a Cosa nostra aveva scontato la pena ed era tornato sulla scena pubblica con un ruolo nella Nuova Democrazia Cristiana, si trova ora nuovamente al centro di un’indagine che potrebbe avere pesanti ripercussioni politiche. L’ex governatore ha sempre rivendicato la propria estraneità a qualunque pratica corruttiva, ma il suo nome continua a comparire nei dossier della magistratura palermitana ogni volta che emergono intrecci tra politica e affari.
La presenza tra gli indagati dell’ex ministro Romano, figura di rilievo nell’area centrista siciliana, conferisce all’inchiesta un ulteriore rilievo politico. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire la rete di relazioni e di influenze che avrebbe consentito, secondo l’accusa, di manipolare le procedure di appalto in diversi settori della pubblica amministrazione regionale.
Per la Procura, si tratterebbe di un sistema rodato e ramificato, capace di interferire nella gestione di gare pubbliche con metodi opachi e con un utilizzo sistematico della corruzione come strumento di controllo del consenso e del potere.
Le indagini proseguono in queste ore con l’analisi del materiale sequestrato e delle movimentazioni finanziarie riconducibili agli indagati. Gli inquirenti intendono chiarire la provenienza delle somme trovate e accertare se vi siano ulteriori conti o disponibilità patrimoniali non dichiarate.
Nel frattempo, la vicenda rilancia un interrogativo antico ma sempre attuale: quanto è profonda la contaminazione tra politica e affari in Sicilia? E quanto lontano si estende ancora la rete di relazioni che, da decenni, intreccia potere amministrativo e interessi privati? Domande che tornano a pesare sulla scena pubblica dell’isola, con l’ombra lunga del passato che, ancora una volta, torna a bussare alla porta di Totò Cuffaro.
