Sigfrido Ranucci arriva all’Assemblea dell’Associazione nazionale magistrati con il passo fermo e le idee chiarissime. Pochi giorni dopo l’attentato che lo ha colpito, il conduttore di “Report” rilancia il suo impegno in difesa del giornalismo d’inchiesta e della libertà di informazione, senza concessioni né vittimismi.
«Io non voglio che ritirino le querele contro di me – ha dichiarato Ranucci ai cronisti –. Voglio vincere sul campo, non per assenza di giocatori». Un’affermazione che racchiude il senso della sua battaglia: non la ricerca di scorciatoie o di protezioni, ma il riconoscimento del diritto di un giornalista di poter raccontare la verità senza subire intimidazioni.
Ranucci ha poi aggiunto una riflessione che tocca il cuore del dibattito sul rapporto tra stampa e potere: «Vorrei che, se un politico denuncia un giornalista sapendo che ciò che il giornalista ha detto è vero, poi paghi. E paghi anche salato». Una presa di posizione netta contro le cosiddette “querele temerarie”, lo strumento con cui troppo spesso si tenta di imbavagliare chi indaga e pubblica notizie scomode.
Le parole di Ranucci, pronunciate in un contesto simbolico come quello dell’Anm, assumono un significato che va oltre la sua vicenda personale. Sono un richiamo forte alla responsabilità delle istituzioni e della politica nel difendere l’indipendenza dell’informazione, in un Paese dove le minacce, le pressioni economiche e le cause civili strumentali restano una delle armi più efficaci contro la libertà di stampa.
Il giornalista di Rai 3, che da anni porta avanti inchieste di grande impatto su temi di interesse pubblico, ha voluto ribadire che il suo impegno non si fermerà: «Vincere sul campo» significa continuare a raccontare, con rigore e coraggio, i fatti. Anche quando farlo costa caro.
