2 Ottobre 2025, giovedì
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Stellantis, allarme Fiom: in quattro anni persi quasi 10 mila posti di lavoro in Italia

Il sindacato accusa la proprietà e l’amministratore delegato Tavares: “Ammortizzatori sociali per il 62% dei dipendenti, miliardi distribuiti agli azionisti”

In quattro anni, dal 2020 al 2024, gli stabilimenti italiani di Stellantis hanno perso 9.656 lavoratori. A lanciare l’allarme è la Fiom, che con il segretario generale Michele De Palma ha tracciato un bilancio impietoso della situazione occupazionale del gruppo nel nostro Paese.

Secondo i dati diffusi dal sindacato metalmeccanico della Cgil, mentre il saldo occupazionale è in rosso di quasi diecimila unità, nello stesso arco temporale l’azienda ha distribuito ai propri azionisti dividendi per circa 14 miliardi di euro. “A oggi – ha sottolineato De Palma – il 62% dei lavoratori di Stellantis in Italia è interessato da ammortizzatori sociali. Queste sono le cifre di un fallimento”.

Per la Fiom, le responsabilità ricadono sulle scelte strategiche della proprietà e sul management guidato dall’amministratore delegato Carlos Tavares. In particolare, il sindacato accusa la direzione di aver privilegiato la remunerazione finanziaria degli azionisti a scapito della salvaguardia dei livelli produttivi e occupazionali negli stabilimenti italiani.

Dietro i numeri, c’è una realtà che il sindacato definisce preoccupante: la progressiva riduzione della forza lavoro, il ricorso sempre più massiccio a cassa integrazione e altri strumenti di sostegno al reddito, la mancanza di un piano industriale solido che garantisca futuro alle fabbriche e alle professionalità italiane.

La denuncia della Fiom si inserisce in un contesto più ampio di tensione tra i sindacati e Stellantis, con mobilitazioni e richieste di confronto che mirano a ottenere dall’azienda garanzie reali per i lavoratori e per il tessuto industriale del Paese. Per De Palma, senza una svolta nelle politiche di investimento e un impegno diretto del governo, “il rischio è quello di un depauperamento irreversibile della presenza industriale dell’automotive in Italia”.

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