25 Novembre 2025, martedì
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Trump rilancia l’offensiva protezionista: dazi fino al 35% per l’Europa, nuove misure su chip e farmaci

Il presidente statunitense annuncia una nuova stagione di dazi mirati: nel mirino l’Unione Europea, l’India e il settore farmaceutico. Incertezza sulla sua ricandidatura, ma i sondaggi lo premiano per la linea dura sul commercio.

Washington – Donald Trump torna a premere sull’acceleratore del protezionismo economico. In una lunga intervista rilasciata alla rete televisiva statunitense CNBC, il presidente degli Stati Uniti ha delineato una serie di misure commerciali che promettono di accrescere le tensioni economiche a livello globale. Le dichiarazioni, pronunciate nel corso del programma “Squawk Box”, spaziano dall’Unione Europea all’India, fino all’industria dei semiconduttori e a quella farmaceutica, rivelando un’agenda economica centrata su un ritorno deciso alla politica dei dazi come leva di pressione e strumento di rilancio dell’industria americana.

L’ultimatum a Bruxelles

Uno dei passaggi più rilevanti riguarda l’Unione Europea. Trump ha affermato che, in assenza degli investimenti promessi da parte dell’UE — stimati dallo stesso presidente in 600 miliardi di dollari — gli Stati Uniti sono pronti a innalzare i dazi sulle importazioni europee fino al 35%. “L’unica ragione per cui li avevamo abbassati al 15% era questa promessa di investimento”, ha dichiarato Trump. Il messaggio, inequivocabile nei toni, si inserisce in una narrativa di scambio commerciale concepito in termini bilaterali e transazionali, in cui ogni concessione deve essere compensata da un ritorno diretto e misurabile per l’economia statunitense.

Farmaci, dazi fino al 250%

Trump ha poi rivolto la sua attenzione al comparto farmaceutico, anticipando la possibilità di applicare dazi fino al 250% sulle medicine importate. L’argomentazione sottesa è la tutela dell’industria farmaceutica nazionale, che il presidente considera strategica e vulnerabile all’ingresso massiccio di prodotti esteri a basso costo. La proposta, se attuata, comporterebbe un impatto potenzialmente significativo sul prezzo dei farmaci negli Stati Uniti e su tutta la catena di fornitura globale del settore.

Nuovi dazi su semiconduttori e microchip

Nel corso dell’intervista, Trump ha inoltre annunciato l’intenzione di introdurre, già entro la prossima settimana, nuovi dazi sull’importazione di semiconduttori e chip, con l’obiettivo dichiarato di incentivare la produzione domestica. “Vogliamo che siano prodotti negli Stati Uniti”, ha detto. Il settore dei semiconduttori è uno snodo critico per l’intera economia globale, non solo per l’elettronica di consumo ma anche per l’industria automobilistica, le telecomunicazioni e la difesa. La mossa rappresenta dunque un segnale forte in direzione della cosiddetta “re-shoring”, ovvero il ritorno delle filiere produttive critiche all’interno dei confini nazionali.

Pressioni su New Delhi

Non è mancato un riferimento all’India, accusata da Trump di aver stretto relazioni economiche troppo strette con la Russia. In particolare, il presidente ha minacciato un aumento “sostanziale” dei dazi nei confronti di Nuova Delhi nelle prossime 24 ore, segnando un’ulteriore escalation nel confronto tra le due democrazie più popolose del pianeta. Le tensioni commerciali si intrecciano qui con considerazioni geopolitiche più ampie, in un momento in cui Washington guarda con crescente preoccupazione ai rapporti tra i Paesi emergenti e il blocco russo-cinese.

I dazi come strumento di consenso

A sorprendere non è soltanto il contenuto delle misure annunciate, ma anche il tono trionfalistico con cui Trump ha rivendicato l’efficacia della sua strategia commerciale. “La gente ama i dazi e ama gli accordi commerciali”, ha affermato, sottolineando come questa linea politica stia premiando la sua popolarità. Secondo quanto dichiarato, i sondaggi registrerebbero i migliori risultati di sempre per la sua figura politica. Si tratta di un’affermazione difficile da verificare empiricamente senza dati precisi, ma coerente con la retorica trumpiana che fa dei dazi non solo uno strumento economico, ma anche una bandiera identitaria.

Una ricandidatura ancora incerta

Infine, interpellato direttamente sul tema di una sua eventuale ricandidatura alla presidenza, Trump ha risposto in modo interlocutorio: “No, probabilmente no. Mi piacerebbe…”. Una dichiarazione che lascia aperta ogni opzione, probabilmente funzionale a mantenere alta l’attenzione su di sé, senza però scoprirsi prematuramente. È evidente che il presidente sta costruendo un’agenda economica e mediatica ad alta intensità, che potrebbe agevolarlo nel caso decidesse di intraprendere nuovamente la corsa alla Casa Bianca.

Con le sue recenti dichiarazioni, Donald Trump conferma la sua strategia di politica economica basata sulla leva dei dazi, sul rafforzamento della produzione interna e sulla pressione bilaterale verso partner considerati poco collaborativi. Il suo ritorno alla ribalta con un linguaggio diretto, privo di mediazioni diplomatiche, rischia di rimettere in discussione alcuni degli equilibri commerciali faticosamente negoziati negli ultimi anni. Se le intenzioni saranno tradotte in atti concreti, ci si può attendere una nuova stagione di frizioni tra Washington e i suoi principali interlocutori economici, con effetti rilevanti sui mercati globali e sulle catene del valore.

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