A cura di Daniela Avallone
La locuzione latina cum grano salis invita da sempre alla moderazione in tutte le cose, facendo prevalere il buon senso. Oggi, questo antico consiglio trova un solido supporto nelle evidenze scientifiche, soprattutto riguardo al consumo di sale.
Da decenni, la comunità scientifica sottolinea l’importanza di limitare l’assunzione di sodio per preservare la salute. Secondo un rapporto recente dell’Istituto Superiore di Sanità, solo il 50% degli italiani presta attenzione al consumo di sale, una percentuale quasi invariata rispetto al 2015, quando il 57% dichiarava di limitarne l’uso. Preoccupa particolarmente il fatto che solo il 26% delle persone con ipertensione o insufficienza renale e il 32% delle donne in gravidanza siano consapevoli dei rischi associati a un eccesso di sodio, nonostante le chiare evidenze scientifiche.
Le abitudini alimentari variano notevolmente tra le regioni italiane: al Nord, il 60% della popolazione modera il consumo di sale, mentre al Sud questa percentuale scende al 50%. Il sodio, componente principale del sale, è direttamente correlato all’aumento della pressione sanguigna, un noto fattore di rischio per malattie cardiovascolari, cancro gastrico, obesità, osteoporosi e insufficienza renale. Studi pubblicati su riviste autorevoli come Nature confermano che ridurre l’assunzione di sodio contribuisce a mantenere una pressione arteriosa più bassa.
A livello globale, il consumo medio di sale supera di gran lunga i 5 grammi al giorno raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Attualmente, l’assunzione media di sodio per gli adulti è di 4.310 mg al giorno, equivalente a circa 10,78 g di sale, più del doppio della soglia consigliata. Le Linee Guida Europee sull’Ipertensione ribadiscono l’importanza di non superare i 5 g al giorno, un traguardo spesso difficile da raggiungere considerando la presenza di sodio negli alimenti lavorati, nei condimenti e negli additivi alimentari come il glutammato monosodico.
Ulteriori studi hanno evidenziato una correlazione tra l’eccesso di sodio e il cancro gastrico. Il batterio Helicobacter pylori, considerato cancerogeno, prolifera in diete ricche di sodio che compromettono la mucosa gastrica. Abitudini comuni, come aggiungere sale ai cibi senza nemmeno assaggiarli, possono aumentare del 40% il rischio di tumore allo stomaco. Anche il sale iodato, raccomandato per prevenire carenze di iodio essenziale per la salute della tiroide, deve essere utilizzato con moderazione. Sorprendentemente, solo il 60% degli italiani sceglie il sale iodato, nonostante una legge del 2005 ne promuova l’uso rispetto al sale comune.
Lo iodio è cruciale per il corretto funzionamento della tiroide e del sistema nervoso centrale, in particolare durante gravidanza e allattamento. Tuttavia, il 20% delle donne in gravidanza e il 35% delle madri che allattano non utilizza abitualmente sale iodato, un comportamento che potrebbe compromettere la salute del feto e del neonato, aumentando il rischio di patologie da deficit iodico. Gli esperti consigliano di monitorare l’apporto di iodio con esami specifici, soprattutto in queste delicate fasi della vita.
Adottare il principio del cum grano salis non è solo una questione di saggezza: è una necessità per vivere in salute.