2 Maggio 2024, giovedì
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Incontrare Per salvarci

A cura del Prof. Avv. Giuseppe Catapano

Le immagini di morte e disperazione di esseri umani fragili e indifesi, sotto le bombe in Israele, in Gaza, in Ucraina, in Russia, o nelle periferie del mondo e di grandi città, si susseguono sui nostri schermi. E spesso, troppo spesso, anche di fronte a persone massacrate la nostra reazione è di indifferenza, freddezza, abitudine.

A differenza dell’11 settembre, la maggior parte delle persone conosce personalmente qualcuno che ha subito una perdita per il Covid. Eppure, questa volta, non c’è stato un vero e proprio tentativo di lutto nazionale. Possiamo incolpare il governo o il capitalismo o qualsiasi altra cosa, ma è difficile non vedere questo fatto come il riflesso di un cambiamento: una riduzione collettiva dell’empatia. (…) Non è certo la prima volta che metto in discussione l’empatia americana. Mi sento così ogni volta che un innocente americano di colore viene ucciso da un poliziotto e qualcuno inizia a parlare di secondo emendamento a poche ore da una sparatoria (…). Non possiamo, solo per un momento, provare compassione per le vittime?”.

 “L’empatia si coltiva attraverso le interazioni con persone che non conosciamo bene, quegli scorci su altri mondi interiori. Negli ultimi due decenni, un’app alla volta, abbiamo ridotto notevolmente la nostra necessità di impegnarci casualmente con chi non conosciamo, o anche di impegnarci in modo significativo con chi conosciamo. A volte mi capita di pensare a tutte le persone con cui avrei potuto intrattenermi in una giornata tipica di soli cinque anni fa. Viaggiando in treno ,nel  prendere un caffè e chiacchierare  con il barista o arrivare  in ufficio e spettegolavo con i colleghi . A pranzo, potevo fare due chiacchiere mentre aspettavo la mia insalata. A casa, prima di andare a letto, chiamavo un amico.Non voglio elencare tutte le app che hanno cambiato questa situazione, ma è sufficiente dire che non c’è più bisogno di andare in ufficio per chiacchierare quando si può semplicemente fare Zoom tutto il giorno. Decine e decine di punti di contatto umano sono stati cancellati da ogni giorno della nostra vita. E abbiamo accettato questa cancellazione senza mai chiederci se fosse una buona cosa”.

Allontanandoci dalla vita, là dove accade, non dove pensiamo noi che debba accadere, ci stiamo rendendo sempre più insensibili a essa. Non solo per ciò che riguarda la sofferenza, ma anche nei confronti della gioia, del bello, del gusto.

Il punto non è, chiudere i nostri account sui social media e rinunciare alla tecnologia, ma tornare a ricostruire luoghi in cui incontrarsi, confrontarsi, aiutarsi, cercare di imparare. Solo così può tornare il desiderio di “alzare il telefono e chiamare un amico invece di apprezzare un post su Instagram”.

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