Generalmente, la querela può essere ritirata da chi l’ha sporta fino a che non sia intervenuta una sentenza di condanna definitiva. In altre parole, è sempre possibile tornare sui propri passi e rinunciare alla pretesa punitiva.
Questa regola non è però sempre valida. Un esempio è dato dalla violenza sessuale, la cui querela è sempre irrevocabile. Per lo stalking, invece, l’irrevocabilità scatta solamente al ricorrere di alcune circostanze.
Al ricorrere di alcune circostanze, tuttavia, la pena subisce un incremento. Per la precisione, la pena è aumentata se il fatto è commesso:
- dal coniuge, anche separato o divorziato;
- da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla vittima;
- attraverso strumenti informatici o telematici.
Inoltre, bisogna sapere che la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso:
- a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità;
- con armi o da persona travisata
lo stalking è un reato procedibile a querela di parte. Ciò implica essenzialmente due conseguenze:
- solamente la vittima (cioè, la persona “stalkerizzata”) può segnalare l’accaduto alla polizia;
- fino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, la querela può sempre essere rimessa.
La legge parla chiaro, infatti, la querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce gravi e reiterate.
Si definiscono minacce “gravi” quando sono commesse con le armi, da persona travisata, con scritto anonimo, da più persone riunite o in qualsiasi altro modo che possa ingenerare nella vittima un reale e fondato timore per la propria incolumità.
In poche parole, la vittima di stalking non può più tornare indietro dopo aver presentato la querela: questa diventa irrevocabile, escludendo qualsiasi possibilità di remissione della stessa.