24 Aprile 2024, mercoledì
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Se i processi si facessero in piazza ci sentiremmo al sicuro?

A cura dell’Avv. Margherita Morelli

Se vivessimo in uno Stato dove vige la pena di morte, i criminali venissero torturati, e impalati e magari gettati in una cella sotto terra e la chiave buttata; se vivessimo in uno Stato dove il reato di opinione diventa la regola perché non si può dire altro che ciò che il potere impone o la pancia detta e la libertà si compra con il silenzio;
se vivessimo in un paese un cui le leggi penali si fanno, si disfano e si applicano ad personam perché più il delitto indigna ed è ributtante più si rende necessario superare i canoni della civiltà giuridica e ricorrere alla legge del taglione;
se vivessimo in uno Stato dove chi indossa la toga può decidere sulla base dell’umore e dell’onda mediatica se difendere il reo o quale pena applicare;
se i processi si facessero in piazza magari esponendo al ludibrio del popolo il reo e la giustizia sommaria diventasse la regola senza difesa e senza appello;
se nel nostro paese il medico potesse decidere chi curare e chi lasciare morire un base a una regola di giudizio morale;
Ecco…se vivessimo in un paese così sarebbe allettante ?saremmo al sicuro?
Lo chiedo ai giuristi dell’ultima ora e anche a chi indossa la toga e sostiene i processi di piazza o denega ogni forma di percorso riabilitativo del reo in base alla gravità del reato.
Se le leggi sono fallaci possono essere modificate e anche inasprite per tutelare la vittima e funzionare da deterrente. Però, non si abbandoni mai la via della civiltà e del progresso di una nazione respingendola indietro nel medioevo o nella barbarie.
Chi indossa la toga e si definisce giurista non dovrebbe mai sostenere l’idea di Giustizia che chiede solo vendetta.

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