25 Aprile 2024, giovedì
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“Libertà d’informare” senza il terrore di obbedire

A cura del Prof. Avv. Giuseppe Catapano

Il 3 maggio, Giornata mondiale per la libertà di stampa, e’ stato celebrato con un convegno internazionale a Parigi, al quartier generale dell’Unesco. Altre cerimonie (come quella organizzata a Milano, al Giardino dei Giusti, dall’associazione Gariwo) si svolgono negli  Stati democratici in cui l’espressione “libertà d’informare” ha un senso nella realtà quotidiana della popolazione. Mai come oggi, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni è un rivelatore di realtà molto diverse. Tra Paesi democratici e autocrazie sono aumentate le differenze e si è sviluppa una crescente diffidenza. Sembrano pianeti diversi, malgrado le speranze nate in questi decenni sull’onda delle tecnologie della comunicazione. I nuovi muri sembrano più forti persino delle nuove tecnologie. La globalizzazione esiste nell’economia, non nell’informazione.

Lo scorso autunno, l’Union internationale de la Presse francophone ha tenuto a Parigi un convegno sulla libertà d’informazione in cui questa diversità è stata drammaticamente evidenziata. Ma non ci si piò fermare a questa constatazione. È ovvio che la situazione delle democrazie europee non possa essere paragonata, ad esempio, a quella di Stati africani in cui oggi gli oppositori vengono sistematicamente intimiditi e persino arrestati. Questo però non indica affatto un’assenza di gravissimi problemi nelle democrazie europee o americane. Nessuno ha il diritto di consolarsi dicendo che altri stanno peggio. La Giornata della libertà di stampa ha un senso se diventa un momento per riflettere sulle sfide che ciascuno ha di fronte a sé e da cui dipendono la conquista o il mantenimento della democrazia.

Laddove i poteri politici vengono liberamente scelti dai cittadini, ci si rende conto oggi dei limiti e dei problemi delle stesse istituzioni democratiche. In gran parte dei Paesi europei (come ItaliaFrancia e tanti altri ancora) la partecipazione dei cittadini alle urne cala in modo preoccupante e ci si chiede come far rinascere la partecipazione della popolazione alla vita delle istituzioni rappresentative. Questo risultato non può essere raggiunto senza una vera libertà di stampa. Ecco la riflessione sul futuro dell’informazione diventare tutt’uno con quella sul futuro della democrazia.

Un Paese come la Francia, in cui molti media erano nelle mani di cooperative di giornalisti o di imprenditori editoriali, vede oggi il dominio di gruppi di altra natura.

La privatizzazione (1987) del primo canale della tv pubblica (Tf1) è andata a vantaggio del gigante delle costruzioni Bouygues, che si è poi espanso anche nel settore della telefonia mobile proprio come altri attuali grandi protagonisti del paesaggio mediatico transalpino (Bolloré, Drahi, Niel). Il quotidiano Le Figaro, un tempo nelle mani dell’editore Hersant, appartiene oggi alla famiglia Dassault, che fornisce allo Stato i suoi principali velivoli militari. I quotidiani Les Echos e Le Parisien appartengono al gigante del lusso LVMH. La relazione media-istituzioni si snoda tra i dubbi, provocati dai particolari interessi di chi è proprietario dei media stessi. Interessi legittimi, ma talvolta inquietanti.

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