29 Marzo 2024, venerdì
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Ugo Benini: ”Propongo dei gruppi di teatro per dire basta alle attività quotidiane meccaniche”

A cura di Ionela Polinciuc

Forse penserete che bisogna essere pazzi per decidere così, di punto in bianco, di voler fare l’attore o l’attrice soprattutto se si vive in Italia. Però ad alcuni succede. Ad un tratto, ci si rende conto che recitare è la cosa che non si vorrebbe mai smettere di fare. A Ugo Benini è successo così, da quando ha conosciuto questo mondo, anche se è passato molto tempo da allora, non è mai riuscito a togliersi quest’idea dalla testa. Ebbene, abbiamo incontrato Ugo, un giovane talento per cercare di capire questa sua passione.

Lei propone un gruppo di teatro: ci può dare più informazioni?

Si, propongo dei gruppi di teatro, uno spazio in cui si cerca di lasciare andare tutte le attività quotidiane meccaniche, il lavoro, il traffico, lo stress ecc. Cerco di lasciare tutto il superfluo sulla soglia della porta di ingresso. Uno spazio per scaricare, uno spazio rock per scatenarsi, cercando di farlo il più totalmente possibile. Mettiamo il corpo libero nello spazio quindi anche la danza ha un ruolo fondamentale, faccio anche danzare, che cosa c’è di più bello di far vivere i nostri corpi? che sono seppellitti dall’educazione” e dall’ ossessiva ostentazione d’esteriorità.

In questo spazio creo relazione, ascolto, e tentativi di armonia e qualche volta bellezza. Dopo, quando siamo più sciolti quindi lavoriamo sulle scene, il testo di riferimento che ho scelto è il “macbeth” di Shakespeare. Lavoriamo sulle scene, ogni partecipante da’ la sua interpretazione, così possiamo vedere una scena fatta in tanti modi diversi. E non ci si stanca mai di vedere recitare. E’ molto meglio di stare sdraiati sul divano a vedere Netflix! così ognuno recita e lo dirigo nello stesso modo in cui dirigerei degli attori professionisti. Lo scopo non è quello di fare un bello spettacolo ma che loro si godano la recitazione e sperimentino uno spazio di presenza! la voce si schiarisce, l’ansia diminuisce, ci si radica al terreno, si diventa più convincenti, il teatro apporta tante cose positive se è guidato con consapevolezza. Alla fine facciamo una piccola restituzione, non è uno spettacolo dall’inizio alla fine bensì un insieme di tante scene intrecciate fra loro. Non è uno spazio per soli giovani ma per tutte le età, le cose che facciamo non sono pesanti. E’ uno spazio di due ore a settimana che serve a dare energie a respirare liberi a rigenerarsi.

Fare l’attore è una scelta professionale o è una scelta di vita?

Credo che è una scelta professionale nella misura in cui sento il “richiamo”. Da quando ho cominciato a farlo l’ho sempre sentito. Il punto è come posso continuare a sentire il “richiamo” senza essere sopraffatto dall’insicurezza, dall’incertezza del lavoro, dai fantasmi del settore? perciò a quel punto diventa una scelta di vita, E’ una bella palestra di forza di volontà!

Quali sono state le figure che hanno influenzato la sua curiosità artistica?

Allora più che curiosità artistica parlerei di necessità. Sono state varie le persone che mi hanno motivato e stimolato, ce ne sono state anche alcune veramente nefaste che sconsiglierei al mio peggior nemico ma d’altronde sbagliando si impara! tra le persone positive, citerei Jerzy Klesic, un regista polacco molto valido, Maud Robart e Gerolamo Minasi con i quali per la prima volta a 21 anni ho cominciato a voltarmi verso quello che sentivo, verso l’interiorità, poi tante personalità spumeggianti come Pierpaolo Sepe, Marco Calvani, Federico Tiezzi. Un’esperienza molto interessante è stata a Parigi, all’Accademia nazione d’arte drammatica, è stata una bella esperienza intensa. Posso dire a quel punto di aver cristallizzato il lavoro. Questo bagaglio è stato prettamente artistico poi c’è il bagaglio umano fondamentale essenziale che ho acquisito, grazie al Lavoro di Gurdjieff, l’incontro con la mia insegnante Shurta e la pratica dei movimenti. Questo è stato l’incontro che più di tutti ha alimentato la mia parte artistica, perché nel momento che mi conosco all’interno allora so meglio come dirigere il mio “richiamo” come dicevo prima.

Qual è stata l’esperienza più significativa della sua carriera e perché?

L’esperienza più bella a mio avviso, fu quando per un festival di teatro “le dionisiache” partimmo a Calatafimi, con un gruppo di attori francesi ed italiani. Eravamo molto giovani, ed in quel momento ne guidavo il lavoro. Ogni mattina ci alzavamo, e lavoravamo fino ad ora di pranzo, dopo pranzo fino a cena ed anche dopo cena.

Ritmi che si trovano solo in contesti importanti di ricerca. Il lavoro era sulla mitologia quindi eravamo avvolti dai profumi della Sicilia, intrisi dal mito e dalle pietre millenarie. Facevamo le scene per strada, mi ricordo che una mattina venni svegliato alle sei da un attore che volle essere seguito perché in piazzetta misero in scena il funerale di Ulisse! Immaginate le facce delle persone che vivevano in quel paesino a vederci tutti in costume a fare la scena nella piazzola! Con gli attori parlavamo una lingua antica ma universale.

Quali sono le principali difficoltà che si incontrano con il lavoro teatrale?

Per quello che mi riguarda, che non ho fatto niente di particolarmente importante a livello di carriera, insomma mi ritengo un qualunque lavoratore dello spettacolo. Esatto perché in Italia il lavoratore dello spettacolo non è riconosciuto. In Francia per esempio esiste un sussidio di disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo, vengono contati i giorni di prova, gli spettacoli e poi viene dato questo sussidio. In Italia non c’è quindi o lavori veramente tanto oppure devi fare altri lavori! da parte mia ho la fortuna di non avere un affitto da pagare che mi consente di poter vivere con la mia professione.

Qual è il suo consiglio a giovani aspiranti attori?

Di rimanere aperti, ci sono sempre più persone che desiderano avere una carriera artistica perciò la competizione è un bel problema. Dico a loro di combattere con tutte le forze che hanno se lo desiderano e se viene ripagato ampiamente bene sennò di non preoccuparsi: di Shakespeare ce n’è stato uno, di Leonardo Da Vinci uno, di Peter Brook uno, di Edoardo De Filippo uno, se non siamo come questi personaggi significa che abbiamo un’altra missione su questo mondo, ed è lo stesso una bella responsabilità. Il lavoro è bellissimo e da’ tante soddisfazioni, Poi dico loro che se vi fa piacere, quando volete venite a prendere un caffè.

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