Per qualcuno è “un eroe”, un generoso altruista come pochi al mondo. Per altri un tennista che ha avuto paura di rischiare o che non ha saputo mettere in campo la proverbiale furbizia italica tacendo sul suo Covid come i troppi, sportivi e non, che fanno il tampone in casa nascondendo sotto il tappeto la positività. Mentre i giudizi sul ritiro volontario di Matteo Berrettini da Wimbledon si rincorrono sui social insieme al vago regolamento Coronavirus dell’All England Club (non è richiesto il test del tampone agli iscritti, in presenza di sintomi è opportuno farlo ma poi volendo si può giocare anche da positivi e comunque adesso si monitora la situazione e magari si rivedono le norme) e alle rivelazioni di Alizé Cornet su un Roland Garros ad alto (e taciuto) tasso Covid, lui, Matteo, sta già pensando al prossimo futuro.
Una volta smaltita la delusione del ritiro da Wimbledon, ricomincerà il 17 luglio dalla terra svizzera per poi spostarsi su quella austriaca. “Matteo è iscritto a Gstaad e Kitzbühel – informa l’AGI il coach Vincenzo Santopadre – giocherà sulla terra prima di cominciare la stagione sul cemento americano”.
L’Atp 250 di Gstaad, al via il 17 luglio, è un portafortuna per il tennista azzurro che su quella terra svizzera ha vinto nel 2018 il suo primo titolo in carriera, in finale contro Bautista Agut. Nello stesso anno all’Atp 250 di Kitzbühel si era fermato nei quarti e da allora non aveva più calcato la terra dei due tornei. Le partite e i punti che gli servono per arrivare tra i magnifici otto delle Atp Finals di Torino, in programma a novembre (attualmente è al dodicesimo posto della Race to Turin) se li andrà quindi a cercare sulla terra prima di approdare sul cemento americano, a Washington il primo agosto (500 punti Atp) e puntare quindi ai due mille di Montreal e Cincinnati prima degli Us Open del 29 agosto.
Facendo il furbo e sperando che i tiepidi sintomi da Covid dichiarati “con il cuore spezzato” su Instagram insieme alla decisione del ritiro scomparissero del tutto nei giorni del torneo, quei punti Matteo avrebbe anche potuto cercare di portarseli a casa in questo strano Wimbledon 2022 che non assegna punti Atp (e Wta) come rappresaglia per l’esclusione dal torneo di russi e bielorussi.
Già, perché la qualificazione alle Finals è riconosciuta di diritto a un campione Slam che dovesse concludere la stagione tra il nono e il ventesimo posto della Race. Ma sarebbe stata una grande scommessa, a scapito della sua salute e di quelli che gli stanno intorno.
E quindi l’eroe (o lo sportivo che si è comportato correttamente, o il tennista a cui latita la spregiudicatezza) ha fatto bene a ritirarsi sua sponte da Wimbledon? A Matteo, reduce da due vittorie a Staccarda e al Queen’s e segnalato tra i favoriti del torneo con Nadal e Djokovic sarà certo dispiaciuto non giocare provando a entrare nella storia come primo italiano vincitore di Wimbledon dopo essere stato lo scorso anno, il primo finalista.
Ma da Atp e Wimbledon, diciamolo, non è stato trattato con i guanti bianchi: quando hanno deciso la non-assegnazione dei punti in sostanza hanno sacrificato lui e Djokovic sull’altare della politica sportiva. Nole però è n.1, lui avrebbe perso al volo dieci posizioni in classifica. E neanche glielo hanno comunicato, come ha recriminato prima del torneo. In più, sebbene il sorteggio sia stato poi abbastanza favorevole, non era tra le prime teste di serie.
Alla luce di tutto questo perché quindi Matteo avrebbe dovuto giocare da positivo al Covid rischiando di infortunarsi e di contagiare qualcun altro? Ritirandosi ha rinunciato alla potenziale gloria, è vero e anche tanti potenziali soldi: quest’anno il torneo dell’All England club mette in palio un prize money di 44,9 milioni di euro, il 15, 23 per cento in più del 2021, con quasi due milioni e mezzo di euro al vincitore e un milione e duecento al finalista.
Soldi che non arriveranno ma non è che a Berrettini manchino e per lui adesso è più importante trovare i punti necessari per le Finals di Torino, dove di soldi potrebbe incassarne, pure di più. C’è da sperare soltanto che la sfortuna smetta di accanirsi contro di lui e che il suo fisico regga ai tanti stop and go (Berrettini è stato fermo tre mesi per l’operazione al mignolo destro, poi ha vinto due tornei di fila e ora è stato fermato dal Covid) e al tour de force cui si sottoporrà da qui a novembre (a settembre c’è anche l’appuntamento con la Davis a Bologna).
Ma per quanto riguarda Wimbledon Matteo non è un eroe. E neanche un pavido. È uno sportivo che si è comportato correttamente e al contempo ha ragionato sulla sua programmazione da qui a fine anno. Perchè tutto ciò faccia scandalo agli occhi di qualcuno, resta un mistero.