24 Aprile 2024, mercoledì
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Un caprino vaccino

«Ieri ho chiesto un “formaggio caprino” per mia moglie, che mal sopporta il latte vaccino, ma leggendo poi l’etichetta ho scoperto che latte è… di mucca».

Quella he ci segnala il socio R.A. è un ambiguità consentita dalla legge, prole omaggio a tradizioni produttive consolidate, ma che in effetti può trarre in inganno chi compra. Con il termine “caprino” è consentito denominare anche il formaggio fresco prodotto con latte vaccino, che dei tradizionali formaggi di capra conserva solo la forma e, appunto, il nome. In Italia, per questi tipi di formaggio, è autorizzata la dicitura “caprino di latte vaccino”, ma con una precisa condizione: che la dicitura “di latte vaccino” apposta sulla confezione risulti più evidente della scritta “caprino” ossia che sia scritta in caratteri più grandi. Per essere corretta l’etichetta del formaggio deve quindi avere questa caratteristica. Da ricordare, in generale, che quando sulle confezioni è indicato “latte”, senza ulteriore specificazione, è da intendere come latte vaccino. Se, invece, viene utilizzato latte di un altro animale deve essere esplicitato nella lista degli ingredienti (latte di bufala, latte di capra…). Per controllare bisogna ricordarsi di girare la confezione e leggere la lista degli ingredienti. È un consiglio che vale sempre, per essere sicuri che ciò che si sta acquistando corrisponda  effettivamente alle aspettative.

Contributo estratto da altro consumo

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