26 Aprile 2024, venerdì
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Covid positivo : reato uscire di casa

Il malato di Covid che si allontana dalla propria abitazione, violando la quarantena domiciliare disposta dall’autorità sanitaria, ne risponde penalmente. Anche se non c’è (o non c’è mai stata) un’ordinanza del sindaco ad avergli intimato di restare a casa.C’è una via d’uscita al pasticcio normativo (uno dei tanti contenuti nella alluvionale normativa Covid) creato dal decreto legge n.19 del 25 marzo 2020 a cui a fine maggio, in sede di conversione, è stato aggiunto un inciso che affidava ai sindaci, in qualità di autorità sanitarie locali, il compito di sottoporre a quarantena le persone positive al Covid 19. Con l’effetto paradossale di rendere non condannabili penalmente le condotte dei trasgressori, visto che mai nessun sindaco ha in questi mesi intimato a chi è stato contagiato dal virus di restare a casa (ammesso che un sindaco possa mai disporre di informazioni aggiornate in tempo reale sulla positività al Covid dei propri concittadini).E la via d’uscita risiede nel fatto che prima che il discusso decreto legge venisse convervito con la modifica voluta dal M5S alla Camera, un altro decreto legge (il n.33 del 16 maggio 2020) faceva marcia indietro sulla responsabilità dei sindaci, facendo ritornare in capo all’autorità sanitaria (le Asl per intenderci) l’onere di sottoporre i positivi al Covid a quarantena. In base al nuovo decreto chi vìola la quarantena continuerà a essere punito con la contravvenzione dell’arresto da 3 a 18 mesi e con l’ammenda da 500 a 5.000 euro, come previsto dall’art.260 del Testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto n.1265 del 1934) per chi contravvenga all’ «ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo», salvo che il fatto non integri gli estremi di un reato più grave o del reato di epidemia colposa di cui all’art.452 cod.pen.

Del presunto coinvolgimento dei sindaci in un ruolo che, come dimostrato da un anno di pandemia, anche le Ats svolgono con difficoltà, si è tornato a parlare dopo che la procura di Milano ha chiesto l’archiviazione nei confronti di una homeless positiva al Covid che si era allontanata dall’ospedale. Secondo i pm milanesi la senzatetto sarebbe stata non punibile non avendo mai ricevuto un’ordinanza del sindaco che le intimasse di stare a casa.

Per l’Associazione dei comuni, invece, non ci sono mai stati dubbi: nel passaggio dal primo al secondo decreto legge c’è stata un’abrogazione implicita di norme e la disposizione che tirava in ballo i sindaci non è mai entrata in vigore visto che prima che il dl 19/2020 venisse convertito in legge, il decreto 33 ha rimesso le cose a posto. Per essere certa della propria tesi, l’Anci il 13 novembre ha scritto ai ministeri della salute, della giustizia e degli affari regionali per chiedere un’interpretazione autentica che tuttavia non è mai arrivata.

basterebbe leggere un’ulteriore disposizione della magmatica normativa Covid (l’art.1 bis della legge di conversione del decreto legge n.83/2020, quello per intenderci che ha prorogato lo stato di emergenza dal 31 luglio al 15 ottobre 2020) per rendersi conto di come in definitiva l’Anci abbia ragione. Per fugare ogni dubbio su quale dei due decreti in conflitto debba prevalere, l’art. 1 bis del dl 83 taglia la testa al toro: «le disposizioni del decreto legge 25 marzo 2020 n.19, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2020 n.35, si applicano nei limiti della loro compatibilità con quanto stabilito dal decreto legge 16 maggio 2020 n.33». I sindaci possono dunque dormire sonni tranquilli. Non dovranno rincorrere i propri cittadini positivi con ordinanze di quarantena. E chi, affetto da Covid, vìola l’obbligo di restare a casa continuerà a risponderne in via amministrativa e, se del caso, penalmente. Senza potersi appellare a uno dei tanti cavilli di cui la normativa Covid è disseminata.

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