29 Marzo 2024, venerdì
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Perché il determinismo tecnologico non convince più?

a cura di Ronald Abbamonte

Sono decenni che consideriamo l’evoluzione tecnologica come la principale causa dei ritmi sempre più sostenuti della vita. App e dispositivi tecnologici sempre più performanti, con il passare del tempo, hanno trovato sempre maggiore spazio nella nostra quotidianità. Ma il vero paradosso è che nonostante la nostra vita sia stata sostanzialmente resa più semplice e veloce, attraverso gli apporti della tecnologia, non abbiamo assistito, a un minore livello di stress o una percezione più serena del tempo. In altri termini la vita continua a rilevarsi troppo frenetica e la pressione delle incombenze sempre più intensa e, ciò nonostante, l’apporto innovatore della tecnologia.

Anche se il numero delle ore lavorative nel corso degli ultimi anni non solo non è aumentato anzi il contrario   c’è chi è pronto a scommettere che oggi si lavora di più, che i ritmi sono più serrati e che la pressione del tempo è ai massimi livelli.

Senza dubbio nella cosiddetta società dell’accelerazione e del multitasking il ritmo frenetico con cui si evolvono le cose è la regola. La possibilità che tutto ciò avvenga sfruttando l’ausilio di dispositivi tecnologici sempre più evoluti dovrebbe condurci a riflettere che probabilmente dietro a tanto correre non ci sia la tecnologia, in quanto tale, ma qualcosa di ben diverso e di afferente alla stessa natura umana.

Il mito della vita piena di impegni

Negli ultimi tempi abbiamo sempre dimostrato una certa predilezione per una vita una vita ricca di impegni unanimemente considerata come sinonimo di successo e di affermazione sociale.  Al vertice della considerazione sociale abbiamo, così relegato, chiunque avesse tantissime cose da fare e pochissimo tempo per farle piuttosto che il contrario. Così i ritmi frenetici di una vita senza soste hanno sempre incontrato una particolare approvazione nella considerazione generale come, in genere, la condizione di un disoccupato è generalmente vista in termini di riprovazione. Alla luce di questa credenza metropolitana è stato facile anche abusare della tecnologia rendendola un elemento costitutivo della realtà. La promessa tecnologica di poter risparmiare tempo incrementando efficienza e precisione era quanto di più funzionale per celebrare il mito della vita caotica.

I luoghi comuni del determinismo tecnologico

A ben vedere tutto quello che viene proposto dalle aziende nel settore tecnologico, sebbene si accompagni ad una promessa di velocità ed efficienza, è qualcosa che solo attraverso l’utilizzo reale che ne andremo che riesce a trovare la sua precisa collocazione. Quando viene creato un prodotto neppure chi lo produce è in grado di conoscere il tipo di utilizzo che nella pratica finirà per valorizzare il suo collocamento sul mercato. Così alcuni dispositivi finiscono per essere utilizzati in una certa maniera e non in un’altra e di lì a poco si svilupperanno nuove caratteristiche proprio in base alle risposte ottenute dai consumatori. La versatilità dei dispositivi rimane la base da cui si costruirà ogni altra evoluzione attraverso un meccanismo di selezione naturale che porterà a sopravvivere tra le tante funzioni possibili solo quelle effettivamente premianti. Alla luce di questa considerazione appare evidente che non è la tecnologia o le I.T.C a modellarci quanto noi a modellare loro.

L’evoluzione tecnologica e il paradosso della percezione del tempo.

Come si è detto l’evoluzione tecnologica non ha prodotto, come sperato, una sorta di affrancazione da livelli di vita percepiti come pressanti. Questo non è avvenuto con l’avvento degli smartphone o dei personal computer così come non è avvenuto attraverso tutti i benefici derivanti da una connessione continua 24/7 al web. Niente di diverso di quanto accaduto qualche decennio or sono a livello domestico dove l’introduzione di alcuni elettrodomestici, ormai di uso comune, come la lavatrice, l’aspirapolvere, il forno a microonde non hanno determinato nella condizione femminile un sostanziale alleggerimento nelle ore dedicate alle incombenze domestiche. Invece di avere più tempo libero, magari da dedicare ai figli, sono considerevolmente aumentati gli standard di vita all’interno delle case, lasciando inalterato il numero di ore necessario al loro raggiungimento rispetto al passato. Il successivo approdo al mondo del lavoro e la sostanziale disparità di genere su cui si base tradizionalmente la ripartizione delle competenze domestiche ha fatto tutto il resto, negando alla donna una maggiore quantità di tempo libero da dedicare a stessa e obbligandola a condivisione con l’attività di crescita dei figli. 

In conclusione

Ormai è tempo di abbandonare la pista che conduce alla validità di qualunque forma di determinismo tecnologico. La tecnologia in sé non vive di vita propria se non nelle configurazioni che le nostre abitudini di vita sono pronte ad attribuirle.

Non si può partire dalla macchina tecnologica per trovare la decodificazione del nostro stile di vita quando sarebbe più appropriato fare il percorso opposto, trovando nel nostro modo di vivere il perché della creazione di alcuni dispositivi apparentemente infernali.

In un simile contesto appare inutile qualsiasi forma di dieta tecnologica che non sia preceduta da una serie valutazione della scala di valori a cui ispiriamo la nostra esistenza. Senza dimenticare quanto e quale sia stato il contributo dato dalla tecnologia alla nostra vita anche in termini di quelle occasioni di socialità che attraverso la rete sono state in grado di svilupparsi a prescindere dalla presenza fisica.

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