19 Aprile 2024, venerdì
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Sla,la “malattia della famiglia”: dalla cura e sostegno dei pazienti al caregiver

a cura di Maria Parente

Tra le prerogative della Camera , dall’ultima seduta in Parlamento, si pone un richiamo particolare alle iniziative per la cura e il sostegno dei pazienti colpiti da sclerosi laterale amiotrofica(SLA) e delle relative famiglie. Secondo i dati forniti dal Consorzio europeo della sclerosi laterale amiotrofica, aggiornati al mese di febbraio 2019, in Italia si stimano più di 6.000 persone affette dalla malattia e si prevedono circa 2.000 nuove diagnosi ogni anno: definita “malattia della famiglia” poiché un familiare colpito da SLA coinvolge attorno a se i congiunti che lo assistono, i cosiddetti caregiver, paragonato alla stregua di un «angelo invisibile» del malato che, nel tempo, ne sostituisce le mani, le braccia, le gambe e la voce, rinunciando di fatto alla propria vita professionale, familiare e sociale.

Le cause della sclerosi laterale amiotrofica non sono ancora del tutto note, nonostante negli ultimi anni siano stati condotti numerosi studi e ricerche. Gli esperti concordano nel ritenere che la maggior parte dei casi sia riconducibile ad una pluralità di fattori che tutti insieme contribuiscono all’insorgenza della malattia. Tra questi, si annoverano la predisposizione genetica, il contesto ambientale e gli stili di vita del soggetto. Un dato singolare è quello relativo all’incidenza della patologia nei calciatori professionisti. Secondo un recente studio epidemiologico, infatti, questi atleti si ammalano fino a sei volte di più rispetto al resto della popolazione e contraggono la malattia in età più giovane, attorno ai 43 anni, contro una media generale che si attesta sui 65,2 anni.

In base alla critica situazione prospettata in divenire è necessario garantire una maggiore partecipazione alla ricerca e soprattutto collocare la figura del caregiver familiare, attualmente definita dall’articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nell’ambito di un quadro giuridico di riferimento, predisponendo una disciplina organica che ne tuteli i diritti in maniera piena ed effettiva, sotto il profilo economico, lavorativo e sociale; promuovere un approccio multidisciplinare che preveda la collaborazione di specialisti ospedalieri e territoriali con competenze differenti per migliorare il benessere psicofisico del paziente e non da ultimo garantire, per quanto di competenza, l’accesso permanente delle associazioni dei pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento.

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