26 Aprile 2024, venerdì
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Nato: i risultati del Vertice visti dall’Italia

Il summit Nato dell’11 e 12 luglio a Bruxelles è mediaticamente parso più un bilaterale allargato GermaniaStati Uniti che il Vertice dei capi di Stato e di governo dei 29 Paesi dell’Alleanza.Risultati immagini per giuseppe conte nato

Per quanto riguarda l’Italia – sin dal discorso al Parlamento nel passaggio per il voto di fiducia, e quindi dall’incontro con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg -, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato il legame del nostro Paese con l’Alleanza Atlantica quale pilastro della sicurezza europea e internazionale.

Se da parte statunitense il burden sharing è la principale esigenza pratica da cui far ripartire la più ampia condivisione degli oneri e degli onori, Roma ribadisce invece la propria volontà di affermarsi come attore chiave nell’area mediterranea e, in linea di continuità con la posizione assunta dai precedenti governi, sensibilizza alla centralità della sponda sud nel processo di complessivo riposizionamento strategico dell’Alleanza.

Focus sulla sponda meridionale
L’istituzione dell’Hub per il sud della Nato presso il Joint Force Command di Napoli, inaugurato nel 2017 e non ancora pienamente operativo, è in questo senso per l’Italia lo strumento attraverso cui riaffermare la sua posizione in un’Alleanza giudicata obsoleta a intermittenza un po’ lungo la nostra penisola, un po’ Oltreoceano.

Proprio quell’approccio a 360 gradi e in supporto ai tre core tasks del Concetto Strategico Nato di Lisbona (difesa collettiva; operazioni di gestione delle crisi; sicurezza cooperativa anche tramite partenariati), nonché quella richiesta di un contributo fattivo alle molteplici iniziative dell’Alleanza, e di una reciprocità pragmatica nell’implementazione delle stesse, rendono necessario il superamento della postura di deterrenza e difesa dell’Alleanza classicamente basata sul concetto di “presenza”, e pertanto funzionale alle minacce tradizionali. Ci si dovrebbe invece muovere verso una postura basata su prevention o denial, che quindi si attagli meglio e in maniera omnidirezionale agli scenari complessi a est come a sud.

Il messaggio principale lanciato dall’Italia è un consolidamento dell’Hub per il sud, che al momento non gode del completamento organizzativo, di adeguato personale ed expertise, né di un mandato ben definito. Dal primo punto di vista, va ricordato il ritardo nella composizione dell’organico – da effettuarsi per designazione e assegnazione degli ufficiali a livello nazionale – a spese degli Stati Membri e su base volontaria, quindi non rientrando nei meccanismi di ripartizione delle “posizioni quota” tra le nazioni.

In tal senso, data l’attenzione ai meccanismi di rotazione e ripartizione delle quote secondo accordi stipulati per altri Comandi, si è indotti a ritenere che il “fianco Sud” sia ancora deficitario di attenzione da parte dell’Alleanza. C’è da segnalare che, presso l’Hub, l’Italia metterà a disposizione il suo Corpo di Reazione Rapida.

Mandato dell’Hub e cooperazione con l’Ue
Al ritardo nell’invio degli ufficiali si lega la seconda questione, ovvero la definizione e pianificazione della missione del Centro, che specifichi le attività di “Connect, Consult, Coordinate” cui è ad ora generalmente deputato.

Connesso alla determinazione del mandato dell’Hub, tra gli obiettivi che consegue l’Italia v’è la più ampia programmazione di un “Piano per il sud” in linea con il Theatre Wide Approach e l’attuazione dell’Action Plan in materia di antiterrorismo, nonchè la necessità di un salto qualitativo nei meccanismi di coordinamento e approccio strategico condiviso alle crisi. Ciò interessa anche la cooperazione con l’Unione europea, naturalmente per l’Italia a partire dalla questione migratoria.

Per quanto attiene la cooperazione Nato-Ue, sarebbe interessante capire se l’Italia abbia adeguatamente fatto pesare le proprie 75 unità di personale e le 2 unità navali impegnate nell’operazione di sicurezza marittima Nato Sea Guardian, e soprattutto se in sede di Vertice abbia richiamato, a proprio implicito favore, la cooperazione Nato-Frontex nel Mar Egeo per arginare il traffico e l’immigrazione illegali attraverso attività di intelligence, surveillance and reconnaissance, iniziata nel febbraio 2016 su richiesta di Germania, Grecia e Turchia.

Senza dubbio l’annoso tema del burden sharing e dell’aumento della percentuale di Pil destinato alle spese per la difesa, non gioca a nostro favore, per quanto l’Italia abbia sempre mirato ad allineare il proprio budget alla media degli Alleati europei. La risposta italiana, ancora una volta, si è orientata all’affermazione delle proprie eccellenze capacitive che dovrebbero indurre ad una considerazione della contribuzione operativa dei vari Stati membri che vada oltre i meri parametri di spesa.

Sostegno a Tunisia, Macedonia e Afghanistan
Infine, nel supporto italiano alla richiesta della Tunisia di essere tra i beneficiari della Nato Defence and Related Security Capacity Building Initiative nell’ambito dei partenariati, può, invece, aver influito la recente vicenda diplomatica con Tunisi (legata ad un “fraintendimento” delle dichiarazioni del ministro dell’Interno italiano e risolta nel più ampio intento di non vanificare il programma di cooperazione perseguito dal predecessore al Viminale).

Richiesta supportata, appunto, dall’Italia insieme all’istanza di incremento dei fondi nel contesto delle partnership e al ricorso anche al common funding per le attività di addestramento, consulenza ed assistenza. In tal senso andrebbe vista positivamente l’apertura al futuro ingresso nella Nato della Macedonia (del Nord), una volta attuato l’accordo con Atene sul contenzioso sul nome, alla luce dell’accordo tra il ministero della Difesa italiano e quello di Skopje sulla cooperazione nel campo della difesa ratificato nel 2001. Importanti anche gli sviluppi in Afghanistan dove l’Italia è terzo contributore alla Missione Resolute Support e svolge un ruolo di primo piano nella formazione delle Forze Armate e di polizia afghane.(affarinternazionali.it)

a cura di Maria Parente

 

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