29 Aprile 2024, lunedì
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Che sia la volta buona !

A cura di Rhella MAARAD

In questi 35 anni da quel 1989 in cui è finito il comunismo come forma di coesione di una parte del mondo, abbiamo vissuto in una sorta di limbo, nel quale l’adesione alla Nato è stata sufficiente per tutelare la nostra indipendenza e la nostra libertà. Certo, ci sono state guerre in molti angoli del pianeta, o molto vicino come in Kosovo, ma nessuna ha mai assunto una valenza globale come Putin e Hamas hanno voluto dare ai conflitti che hanno scatenato ora. Nel mirino ci sono Ucraina e Israele, ma il disegno – probabilmente unitario, quello tardo sovietico-zarista del Cremlino e quello dell’imperialismo islamico dell’Iran e dei suoi bracci armati, o comunque unificabili – va ben al di là, e punta a mettere in discussione gli interi equilibri planetari e con essi la convivenza pacifica faticosamente ma proficuamente costruita dal 1945 in poi. Un contesto nel quale l’Europa, non pienamente consapevole dei suoi limiti, rischia di essere il vero obiettivo delle autocrazie e dei terroristi. Anche perché popolata di leadership politiche incapaci, per un mix letale di ignoranza e ignavia, di raccontare la verità ai suoi cittadini, lasciandoli preda delle narrazioni fuorvianti, vuoi degli utili idioti o dei prezzolati che credono che Mosca si sia mossa perché provocata dalla Nato, vuoi dei pacifisti, più o meno candidi, che imprecano contro Israele, spesso con toni antisemiti, senza mai dire come fermare il “trio H” (Hamas, Hezbollah, Houthi) e chi lo arma e finanzia.

Il passaggio storico che stiamo vivendo è decisivo come mai prima. In gioco non c’è solo il presente, inteso come continuità della libertà e del benessere che le generazioni precedenti ci hanno lasciato, ma anche e soprattutto il futuro da consegnare ai nostri figli, che è tutto da costruire. Da un lato abbiamo bisogno di sviluppare una capacità di difesa all’altezza dei rischi che stiamo correndo, dall’altro di creare le condizioni per essere competitivi in un mondo che sperimenta, con il digitale e l’intelligenza artificiale, nuovi e rivoluzionari modelli di sviluppo. Su entrambe le frontiere siamo maledettamente indietro. Ma non ci mancano le chances di recupero, se solo riuscissimo a capire che per coglierle dobbiamo accelerare il processo d’integrazione politico-istituzionale europeo, mettendo mano con coraggio e lungimiranza a istituzioni e regole comunitarie.

Partiamo dalla  nascita dell’euro, quando si credette che l’integrazione monetaria avrebbe virtuosamente messo in moto gli altri livelli di coordinamento. Dunque, perché non mettere al centro del programma europeo delle forze politiche nazionali e dei raggruppamenti continentali una strutturale riforma istituzionale che consenta ai cittadini di votare direttamente liste europee per eleggere un governo federale? Senza un governo europeo è puramente illusorio parlare di esercito comune, di integrazione dei produttori degli strumenti di difesa, di politica estera unica, di debito comune finalizzato a investimenti comunitari. In Italia ci si dilania intorno all’ennesimo tentativo di cambiamento della Costituzione, senza capire che anche la migliore delle riforme – e quella in discussione di certo non lo è, anzi – non darebbe al governo italiano la capacità di affrontare i veri problemi, per il semplice motivo che non sono assolutamente risolvibili a livello nazionale (e questo vale per tutti i paesi, nessuno escluso).

Altra opportunità da cogliere si chiama Nato. Proprio in questi giorni si festeggiano i 75 anni dell’Alleanza Atlantica, che dal 1949 in poi è stato strumento decisivo per mettere e mantenere il mondo in equilibrio. Un compleanno diviso tra la sordina, la retorica  e la vecchia tiritera sull’imperialismo americano. L’occasione per definire un nuovo e più pregnante ruolo europeo nella Nato viene dalla proposta lanciata dal segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, di affidare alla stessa Nato il compito di rafforzare il sostegno all’Ucraina – in questo momento ineludibile se non si vuole che Kiev soccomba, aprendo la strada a nuove e ancor più pericolose mire di Putin – con un piano militare da 100 miliardi di dollari. Finora gli aiuti Zelensky li ha avuti dai singoli Stati, nella preoccupazione di mantenere la Nato al di qua della linea rossa dell’intervento diretto ed evitare così di dare al Cremlino la scusa per innescare un conflitto su più vasta scala, se non mondiale. Ma quegli aiuti stanno venendo meno, e con essi la capacità degli ucraini non solo di contrattaccare ma anche di difendersi.

La competizione economico-finanziaria e industriale dell’Europa nel contesto della nuova fase della globalizzazione (post Covid e alla luce della drastica riduzione delle esportazioni cinesi e del blocco navale del canale di Suez) e della rivoluzione tecnologica in atto. Siamo maledettamente indietro. Un numero per tutti: sull’intelligenza artificiale l’Europa ha stanziato 7 miliardi di euro, la sola OpenAI ha in programma di raccogliere 7 trilioni di dollari per trasformare i modelli di business. Diciotto zeri contro nove, la partita è persa in partenza. Mario Draghi ha invitato l’Ue a spendere almeno 500 miliardi all’anno nel prossimo decennio, Enrico Letta si predispone a presentare al Consiglio europeo una riforma del mercato unico che indicherà in telecomunicazioni, energia, difesa e finanza i settori su cui andrà immediatamente posta un’azione anti-frammentazione. Tutto giusto, ma non realizzabile senza prima aver messo mano alla governance comunitaria.

Haiti  insieme agli altri paesi  dei Caraibi sono interessati  da una importante incertezza governativa , si invita le classi dirigenti continentali a predisporsi a riforme strutturali e si indicano  specifiche proposte di policy.

Questi paesi con l’ importanza nel mediterraneo devono richiamare l’attenzioni dell’Europa ;  perché la pace al confine ne vale per la tranquillità’ dell’Europa .Putin non si lascia scappare nulla , guadagnando terreno nel continente americano dove, dopo aver fornito al Venezuela armi sofisticate come missili terra-aria che possono raggiungere qualsiasi paese di questo continente, da tempo notiamo che Nelle manifestazioni popolari ad Haiti diverse bandiere russe vengono brandite da manifestanti che chiedono pubblicamente il sostegno della Russia per arginare la crisi. E la risposta non si è fatta attendere, visto che recentemente il portavoce del Ministero degli Esteri russo ha chiaramente accusato gli americani di seminare il caos ad Haiti e che la Russia è già pronta a contribuire a risolvere il problema delle bande criminali. Siamo di fronte alla tentazione frenetica dei russi di estendere il loro potere in tutto il mondo fino alle porte degli americani.

Questi popoli  in guerra civile meritano un loro  governo eletto dal popolo nel rispetto della più elementare delle democrazie .

Oggi potrebbe sembrare prematuro per andare alle urne . Allora come la nato con le sue opere di garanzia ha chiesto , si affidi la presidenza del Governo di passaggio ad una figura tecnica garante , e, l’esperienza di un passato di Haiti ci insegna come un tecnico del mondo della magistratura che conia bene con l’alta formazione e di certo garante internazionale per garantire gli aiuti al paese e semplificare l’attesa elettorale .

Le speranze degli Europei che  confidano nelle   raccomandazioni alle istituzioni Europee di non perdere occasione per partecipare al processo di pace , che questi popoli  siano affidati ad un primo Ministro di autorevole preparazione con capacità di indipendenza che  solo un uomo di Tribunale può garantire .. La mia speranza perché ciò avvenga prima del 9 giugno è assai flebile, ma il tempo c’è. Ci riflettano non solo i politici, ma anche gli esponenti della cultura, dei media, delle imprese. Su tutti loro, su tutti noi, incombe la responsabilità di decidere se combattere o se soccombere, in tutte le possibili accezioni delle opposte condizioni che vivono questi paesi .

Opportunamente richiamo la lettura di un articolo del Canada che ha sentito il pensiero di tante associazioni umanitarie e del mondo della chiesa , che richiamano magistrat Alténor Barthélémy, juge à la Cour de Cassation il nuovo presidente di Haiti Il magistrato Barthélémy Alténor appartiene alla categoria delle riserve sane del paese. Quasi trent’anni di servizio nella magistratura haitiana, dopo aver lavorato presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Port-au-Prince, fu l’unico, tra i suoi pari, di maggior spicco che il mandato dell’allora Ministro della Giustizia e di Pubblica Sicurezza, nel novembre 1999 onorato e mantenuto in carica per la sua integrità, competenza e magnanimità. Nominato regolarmente giudice presso la Corte di Cassazione della Repubblica, è nella posizione migliore per garantire una transizione politica e condurre il Paese verso elezioni libere, trasparenti, inclusive e democratiche. Lo stato di eccezione in cui vive il Paese dal giorno successivo all’assassinio del presidente Jovenel Moïse merita una transizione intrisa di un minimo di legalità e legittimità che il magistrato Barthélémy sembrerebbe l’unico in grado di offrire. Di carattere forte, ma conciliante, il magistrato Barthélémy, noto per la sua integrità, la sua indipendenza di spirito, il suo disinteresse, il suo patriottismo illuminato e aperto al mondo, è quasi unanime in tutti i settori della vita nazionale, compresa l’opzione alla crisi e la Corte di Cassazione.  La Repubblica di Haiti affida l’esercizio della sua sovranità nazionale a tre potenze. In assenza degli altri due, l’esecutivo e il legislativo, la magistratura, nella misura in cui permangono costituzionalità, legalità e legittimità, è l’ultimo baluardo al quale si deve rivolgere per arginare l’attuale e multiforme crisi di governabilità. Il panorama politico internazionale appare sempre più convinto con voce unica: Altenor Barthelmy, giudice del Corte di Cassazione, è nella posizione migliore per essere il nuovo presidente di Haiti..

Che sia la volta buona !

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