2 Maggio 2024, giovedì
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Migranti: Libia, Malta, Italia, il possibile asse del Sar

Ora che la nostra Guardia costiera è arretrata verso il territorio nazionale lasciando alla Libia la piena titolarità delle sue funzioni di soccorso – Sar, si sono create le condizioni perché si raggiunga una forma d’intesa con Malta. Valletta eccepisce di non essere obbligata a fare sbarcare migranti il cui salvataggio sia stato coordinato da Roma nella zona di Tripoli, considerando anche che, sino a ieri, noi accettavamo tranquillamente di essere unico luogo di sbarco – Pos delle persone salvate. D’altronde, il caso dell’Aquarius ha dimostrato la lacuna della disciplina internazionale del Pos e, quindi, la liceità della “chiusura dei porti” finalizzata, tra l’altro, ad evitare l’automatica applicazione del vigente protocollo di Dublino.Risultati immagini per migranti

Malta vs. Italia
Molte sono le facce del contenzioso marittimo che oppone Malta all’Italia nel campo del soccorso da quando Valletta ha preso a reclamare unilateralmente una zona Sar: area estesissima che ingloba le Isole Pelagie e che rappresenta la proiezione a mare della sovrastante Regione per le informazioni di volo attribuita alla Gran Bretagna nel periodo della dominazione coloniale.

Tutti i tentativi fatti sinora dall’Italia per ottenere una delimitazione congiunta si sono infranti contro il pervicace rifiuto di Valletta – in nome della difesa del proprio “patrimonio marittimo” – di cedere persino l’area attorno a Lampedusa.

Paradossalmente, noi collaboriamo con la Valletta nello svolgimento delle sue funzioni di soccorso. Oltre ad aver ceduto un pattugliatore, mettiamo a disposizione il personale della Malta – Miccd (Missione italiana di collaborazione nel campo della difesa) che coopera anche al servizio Sar maltese. Tale cooperazione non è tuttavia sancita da alcun formale accordo Sar, come invece raccomandano le Convenzioni internazionali.

Quale Pos ?
I dissidi italo-maltesi sul Pos dove sbarcare i migranti si trascinano da anni. Solo che, in passato, si trattava di eventi Sar generati da partenze dal Nord Africa, ma dichiarati nella zona maltese. In simili casi, Valletta sostiene ancora oggi la tesi che il criterio da seguire sia di prossimità geografica del porto più vicino (quasi sempre località tunisine o Lampedusa). Mentre, invece, l’Imo, Organizzazione marittima internazionale, ha stabilito che lo Stato competente per la zona Sar in cui i migranti hanno ricevuto assistenza, ha la responsabilità di “provvedere ad un Pos ovvero di assicurare che si provveda ad individuare un Pos”. Un simile regime è anche quello contenuto nel Regolamento Eu di Frontex 656-2014.

Nonostante le nostre recenti reprimende, Malta potrebbe quindi avere oggi ragione, come accaduto per il caso Aquarius, a non accogliere imbarcazioni di Ong: trattandosi di natanti che hanno effettuato il salvataggio nella Sar libica sino a ieri coordinata de facto da Roma, spetta a noi o condurli in un vicino porto nazionale o ricercare un altro porto di sbarco, magari coinvolgendo il Paese che esercita giurisdizione di bandiera.

Malta & Libia
Vari ed antichi sono i settori di intesa libico-maltesi. Oltre a quelli tradizionali attinenti banche e finanze e a quelli politici risalenti all’epoca di Dom Mintoff, c’è anche una collaborazione nel Sar cementata da un Protocollo del 2009 e dalla partecipazione libica ai corsi di addestramento al soccorso tuttora organizzati dalle Forze armate maltesi con fondi europei.

Non a caso Tripoli, nel proclamare nel luglio 2017 la sua zona Sar, aveva incredibilmente dichiarato di delegare alla Valletta la responsabilità di coordinare le operazioni Sar. Questa dichiarazione era stata poi revocata, su impulso dell’Imo, forse perché non confermata dal cointeressato. La delega a Malta aveva comunque una sua ragion d’essere sia nella prossimità tra i due Paesi, sia nei loro storici legami. Tra l’altro, la contrarietà di Malta ad accogliere navi di Ong coordinate dall’Italia è stata probabilmente gradita a Tripoli, che non ha mai accettato la nostra ambiguità di fondo di sostenere a un tempo lo sviluppo delle sue capacità Sar, ma di ritardarne anche l’autonomo esercizio per via di un asserito carente funzionamento della Centrale di soccorso e dell’obiettiva mancanza degli assetti navali necessari.

Unire le forze
Una Vis è stata la sigla dell’iniziativa della nostra Guardia costiera di coordinare, come proprio braccio operativo nella Sar libica, le Ong. Ora che la collaborazione con le Ong è divenuta imbarazzante, sarà necessario dare una diversa connotazione  all’azione mediterranea della nostra Autorità marittima.

Si può immaginare che la Libia ufficializzi nuovamente la collaborazione Sar con il suo vicino maltese. E che l’Italia si associ ad entrambi, sia per la formazione del personale della Marina-Guardia costiera libica sia per la messa a disposizione di assetti dedicati ad assistere Tripoli nelle sue autonome responsabilità Sar, come peraltro già previsto dall’Ue.

A questo punto, anche un protocollo d’intesa nel Sar tra Roma e Valletta sarebbe (incredibilmente) possibile, se si superasse l’impasse della sovrapposizione delle rispettive zone Sar, accettandola sulla base del fatto che essa è implicitamente ammessa dalla normativa di riferimento, ma facendo salva la sovranità italiana sulle Pelagie. Come addendum ad una tale intesa si potrebbe pensare a una dichiarazione interpretativa sui criteri di individuazione del Pos.

Insomma, se si vuole, un accordo congiunto nel Sar italo-libico-maltese può essere il suggello di una specificità geografica che la politica ha sinora ignorato. Chiaramente, si tratterebbe di un’iniziativa extra Ue che però presupporrebbe il coinvolgimento europeo nel riconoscere sia la separazione del nesso tra salvataggio e luogo di concessione dell’asilo sia il fatto che Tripoli dia garanzie di rispetto dei diritti umani.(affarinternazionali.it)

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