26 Aprile 2024, venerdì
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Taroccate anche le casse da morto

Bare taroccate, vendute con il marchio di note case produttrici ma, in realtà, provenienti dalla Cina. Una truffa bella e buona, non solo nei confronti delle agenzie di pompe funebri e dei loro clienti che le acquistavano, quanto soprattutto della Dogana, dove passavano a costi molto più bassi di quanto avrebbe dovuto essere, perché venivano fornite una serie di false attestazioni, tra cui il fatto che erano fabbricate con legno scadente. La Guardia di finanza della provincia di Chieti ne ha sequestrate 1.203. Erano conservate in tre depositi che si trovano sul territorio di tre comuni del Teatino, Vacri, Casacanditella e Francavilla al Mare. I cofani funebri di importazione cinese erano privi del marchio della ditta costruttrice e già solo per questo fatto avevano violato il Regolamento di polizia mortuaria. Per questo motivo sono stati sottoposti inizialmente a sequestro amministrativo cautelare e, successivamente, a seguito di sentenza emessa dagli organi giudicanti, sono stati confiscati e destinati alla distruzione, in quanto privi delle caratteristiche tecniche previste dall’apposito Regolamento e, quindi, da ritenersi pericolosi ai fini sanitari. La denuncia per contrabbando e violazione dei diritti doganali è scattata nei confronti di quattro persone, due pugliesi e un romeno, responsabili di una ditta cinese con sede nella bassa Romagna, e un cittadino di nazionalità cinese titolare di una ditta a Francavilla al Mare. Secondo le indagini delle fiamme gialle, i pugliesi e il romeno gestivano la ditta cinese-romagnola che aveva il compito di importare le bare della Cina. In questo caso i cofani funebri erano arrivati nei porti di Napoli e Ancona. Da qui erano stati prelevati e venduti alla società di Francavilla che poi li doveva piazzare sul mercato locale. Solo allora avrebbe messo su ogni cofano il timbro di registrazione delle case costruttrici. I finanzieri ne hanno trovato di 11 tipi diversi, in modo da coprire, in pratica, la gran parte del mercato. Sembra che per ogni bara chiedessero un costo di 250 euro, prezzo molto inferiore a quello di mercato. A questo punto sarebbe quantomeno strano immaginare che gli impresari di pompe funebri non si accorgessero che il prodotto era taroccato. Quelli che certamente, invece, non si accorgevano del raggiro erano i clienti finali, ai quali la bara veniva venduta come fosse della casa costruttrice come attestava il falso marchio di fabbrica con l’indicazione della ditta costruttrice a garanzia della conformità agli standards sanitari e costruttivi (come richiesto nella circolare del Ministero della Salute n. 24 del 1993 per l’immissione in commercio nel territorio nazionale). Altra storia è quello che accadeva quando le bare passavano in dogana. Per ognuna di loro si sarebbe dovuto pagare 350 euro di diritti doganali, ma, asserendo che erano costruite con legno scadente, il dazio scendeva a 50 euro, con un guadagno netto di 300 euro a bara. Alla dogana, inoltre, erano state fornite altre dichiarazioni mendaci, indicando una generica tipologia della merce importata (“altri lavori di legno”), fruendo dell’esenzione dai dazi doganali, e un valore unitario della merce in misura nettamente inferiore a quello reale, ottenendo, così, un pagamento minore dell’iva dovuta all’atto dell’importazione.

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