Un emendamento al decreto sulla pa per rinviare l’obbligo di centralizzazione degli acquisti imposto ai comuni non capoluogo. Con due nuove scadenze: 1° gennaio 2015 per i beni e i servizi e 30 giugno 2015 per i lavori.
È questa la soluzione al momento più gettonata per ovviare al caos creato dall’art. 9 del dl 66/2014, che, a decorrere dal 1° luglio scorso, ha imposto a tutti i comuni, tranne quelli capoluogo di provincia, di approvvigionarsi esclusivamente facendo ricorso ad una centrale di committenza (da istituire all’interno delle unioni o mediante accordo consortile) ovvero ad un soggetto aggregatore. La norma, al momento, non fa sconti, avendo anche cancellato la deroga (introdotta dalla l 147/2013) per gli acquisiti in economia o per importi inferiori a 40.000 euro.Come denunciato dall’Anci, la maggior parte dei comuni non è pronta ad adeguarsi, anche perché, in base alla normativa previgente, l’obbligo riguardava solo quelli con meno di 5.000 abitanti. Per alcune categorie di lavori e servizi (si pensi alle manutenzioni edilizie o ai servizi sociali), non è neppure possibile fare ricorso a Consip, trattandosi di prodotti non standardizzabili.Da qui la richiesta di una proroga, su cui fin da subito il Governo si è dimostrato favorevole. Delle due soluzioni disponibili sul piano tecnico – ossia un emendamento ad uno dei decreti-legge in via di conversione oppure l’adozione di un nuovo provvedimento d’urgenza – al momento sembra favorita la prima. Il correttivo dovrebbe confluire nella legge di conversione del dl 90/2014 (quello sulla riforma della pa, al momento all’esame della Camera) e prevedere due scadenze differenziate per beni e servizi (1° gennaio 2015) e per i lavori (30 giugno 2015). Nelle more del perfezionamento della norma, comunque, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora soppressa e incorporata nell’Autorità anticorruzione) sarebbe disponibile a rilasciare comunque il codice identificativo di gara (Cig), in deroga al divieto previsto dallo stesso dl 66.