28 Marzo 2024, giovedì
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Dati fiscali senza vie di fuga

L’evasione fiscale internazionale, uno sport molto amato dai contribuenti più facoltosi di tutto il mondo, sembra avere i giorni contati. La crisi finanziaria iniziata nel 2008 e le conseguenti necessità finanziarie di tutti i paesi, costretti a investire cifre enormi per tappare le falle apertesi improvvisamente nei sistemi bancari più evoluti, hanno obbligato gli stati produttori di ricchezza a dissotterrare l’ascia di guerra per sconfiggere un mostro, l’evasione internazionale, che stava sottraendo loro miliardi per dirottarli nei paesi-cassaforte. I più decisi, naturalmente, sono stati gli Stati Uniti d’America. E’ di pochi giorni fa la notizia che gli accordi Facta hanno ricevuto l’adesione di 77.000 istituzioni finanziarie (banche, finanziarie, fiduciarie, trust ecc.) in 70 Paesi del mondo. Quattrocentocinquantasette solo in Italia. Ma stupiscono soprattutto le 41 adesioni dall’Iraq, le 66 della Turchia. E le oltre 4.000 dalla Svizzera. Con gli accordi Facta (Foreign Account Tax Compliance Act) gli Usa in sostanza chiedono alle Banche di altri paesi di rivelare il nome e i dati finanziari essenziali dei cittadini statunitensi che hanno un deposito superiore a 50 mila dollari. Una sorta di Anagrafe tributaria su scala planetaria (in alternativa di versare un’imposta del 30% sui frutti del capitale). L’istituto finanziario che rifiutasse di collaborare non potrebbe più operare sul territorio americano. Di fatto non potrebbe più trattare nemmeno in dollari. In pratica una pistola puntata alla tempia, che spiega il successo dell’operazione. Soprattutto in piazze finanziarie che fino a pochi anni fa venivano considerate dai risparmiatori dei fortini inespugnabili. L’azione di persuasione americana è stata accompagnata anche da sanzioni miliardarie nei confronti di istituti di credito che avevano manovrato per nascondere capitali americani e da condanne esemplari nei confronti di contribuenti Usa, spediti per anni dietro le sbarre. Modi bruschi ma efficaci.

Tanto da convincere anche l’Ocse a modificare la propria politica di lotta all’evasione: la strategia delle liste nere, bianche o grigie volte a incentivare accordi bilaterali si è infatti rivelata fallimentare. Troppo facile sottoscrivere accordi farlocchi e uscire così dalle liste di proscrizione. Così un mese fa a Parigi l’Ocse ha deciso di cambiare strategia e ha presentato un accordo, già sottoscritto da 44 paesi, ispirato proprio al Facta a stelle e strisce. Ora si punta allo scambio automatico di informazioni tra i paesi aderenti all’accordo, per gli atri si prepara una lista nera.

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