29 Marzo 2024, venerdì
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L’Euro senza Europa

Da oltre dieci anni l’euro è moneta legale in Kosovo e Montenegro. Si è trattato in ambedue i casi di una decisione unilaterale mossa da ragioni economiche – iperinflazione, forte contrazione dell’economia, euroizzazione de facto assai diffusa fra gli agenti economici privati – e politiche – la secessione dalla ex Jugoslavia.

Lo status di stati indipendenti – dal 2006 per il Montenegro e dal 2008 per il Kosovo – ha sollevato la questione della congruità di tali regimi monetari atipici con i Trattati europei, resa più acuta dal fatto che il Montenegro è tra i paesi candidati all’ingresso nella Unione europea (Ue), con cui ha avviato negoziati di adesione. Il Kosovo è fra i “potenziali” candidati, nella fraseologia comunitaria.

Dal punto di vista della sostanza economica, i due paesi – minuscole economie – godono di margini di manovra assai limitati nell’affrontare possibili shock esterni in quanto le loro banche centrali non possono condurre una politica monetaria autonoma né agire come prestatrici di ultima istanza.

Sono fortemente esposti a rischi di instabilità sia macroeconomica che finanziaria. Nell’ultimo quinquennio hanno segnato un discreto progresso economico con solidi tassi di crescita del Pil. Restano però strutturalmente molto deboli, con tassi di disoccupazione assai elevati (dell’ordine del 12-15 per cento in Montenegro e del 30-40 per cento in Kosovo).

Il Montenegro registra poi un disavanzo molto ampio e persistente della bilancia dei pagamenti correnti e quindi un accumularsi di debito nei confronti dei mercati esteri dei capitali.

Criteri di convergenza
Nella prospettiva dell’ingresso nella Ue e poi nell’area dell’euro e nel processo di convergenza economica che questo percorso implica, sorgono difficoltà istituzionali in quanto il Trattato prevede che i paesi membri della Ue con una propria moneta nazionale adottino l’euro qualora soddisfino i criteri di convergenza, ivi incluso quello relativo alla stabilità del tasso di cambio rispetto all’euro nell’ambito del cosiddetto “ERM II”.

Questo è stato l’iter di adesione all’euro sia per i primi entranti nel 1998 che per i successivi. Una regola di parità di trattamento implicherebbe un iter siffatto anche per i due paesi in questione.

Su questo punto, norma giuridica e sostanza economica sono, almeno in parte, in conflitto.

Nelle sue conclusioni dell’ottobre 2007 – il documento principale in materia – il consiglio Ecofin dichiarò che l’adozione unilaterale dell’euro non è compatibile con il Trattato, aggiungendo con un po’ di voluta vaghezza che le implicazioni del Trattato per il regime monetario del Montenegro sarebbero state precisate al tempo dei negoziati di adesione.

Una possibile soluzione sarebbe rappresentata dall’introduzione di una propria moneta nazionale, legata all’euro da un regime di “currency board” – che implica una parità irrevocabilmente fissa fra le due valute. Questo consentirebbe in linea di principio di valutare la convergenza dell’economia del paese al momento della sua domanda di adesione all’euro secondo i classici criteri di Maastricht.

Tale soluzione comporta tuttavia dei costi elevati e non è scevra da rischi nel doppio passaggio dall’euro alla moneta nazionale e poi nuovamente all’euro.

Non è quindi escluso che possa prevalere una posizione più flessibile e pragmatica, in ragione delle natura eccezionale delle condizioni che hanno contraddistinto l’euroizzazione unilaterale. In tal caso, sarebbe poi il Trattato di adesione a disciplinare un processo di convergenza ad hoc.

Questo è lo stato dell’arte ad oggi.

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