26 Aprile 2024, venerdì
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Due morti per polmonite dopo le infusioni di cellule Nuovo filone d’indagine

Due morti sospette per polmoniti fulminanti, una a Brescia e l’altra all’ospedale triestino «Burlo Garofolo», entrambe avvenute dopo la somministrazione di infusioni Stamina. E altre due infezioni alle vie respiratorie che avrebbero messo in serio pericolo due bambine in trattamento con il «metodo Vannoni». Una correlazione certa non c’è ma Nas e Procura di Torino da un po’ di tempo hanno acceso i riflettori su l’aspetto più inquietante dell’«affare Stamina»: quello della sua presunta pericolosità per la vita dei pazienti. Un filone nuovo delle indagini che potrebbe portare a richieste di rinvio a giudizio anche per omicidio colposo in una fase due dell’inchiesta. Dopo aver messo il punto sulla prima fase, quella che per fine mese dovrebbe portare alla richiesta di rinvio a giudizio per Vannoni e soci con l’accusa di truffa non più semplice ma aggravata, finalizzata alla somministrazione di medicinali pericolosi.

La novità è che i carabinieri dei Nas avrebbero rilevato una coincidenza allarmante tra le infusioni Stamina e la successiva insorgenza di gravi infezioni respiratorie che avrebbero colpito due piccole pazienti, tra le più esposte mediaticamente nell’ultimo anno. E lo stesso tipo di infezioni sarebbero la causa di due decessi sospetti». Il primo, per polmonite, riguarda un paziente trattato a Trieste prima che lo stesso ospedale «Burlo» decidesse di mettere la parola fine ai trattamenti Stamina. Il secondo caso è quello di un malato di atrofia multisistemica, patologia simile al Parkinson che solitamente non determina il rischio di morte repentina. Infatti le cause del decesso, dopo un’infusione praticata agli Spedali Civili di Brescia, non sono legate alla malattia neurodegenerativa ma, anche in questo caso, a una gravissima forma di polmonite, come aveva svelato a suo tempo lo stesso Davide Vannoni. Un modo per mettere in chiaro che in alcun modo la morte poteva essere collegata alle infusioni. Ma per gli scienziati un legame invece ci può essere eccome. I primi a dirlo sono stati gli esperti del comitato scientifico numero uno, quello che bocciò sul nascere la sperimentazione prima di essere dichiarato «non imparziale» dai giudici del Tar Lazio. Nel documento consegnato a suo tempo al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, gli esperti dopo aver esaminato passo dopo passo il protocollo Stamina coperto da un discusso segreto industriale, avevano a chiare lettere ritenuto il terreno di coltura delle cellule a rischio di tossicità. Denunciando inoltre il pericolo che la presenza di detriti ossei nel cocktail somministrato ai pazienti potesse provocare «micro embolie polmonari e cerebrali».

Il professor Paolo Bianco, una cattedra in anatomia patologica alla Sapienza di Roma e tra i massimi esperti italiani di cellule staminali, fa capire ancor più nel dettaglio perché può esserci una correlazione tra infusioni e polmoniti. «Tutto quello che scorre nelle vene va nei polmoni e le cellule staminali mesenchimali non fanno eccezione», spiega in premessa. «Negli stessi polmoni –precisa- vengono trattenute da un filtro vascolare e questo, teoricamente, può facilitare l’insorgenza di polmoniti. Pericolo che sussiste nel caso le cellule infuse siano in qualche modo infette, ma anche in caso contrario». «Questo perché comunque –conclude il professore- le cellule sono in grado di provocare danni alla micro circolazione polmonare, esponendo così il paziente al rischio di infezioni anche gravi». Tutte ipotesi al vaglio dei periti medici nominati dal Procuratore Raffaele Guariniello, che stanno cercando di verificare se esistono connessioni tra le infusioni Stamina e i casi di morte sospetta.

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