28 Marzo 2024, giovedì
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Ecco perché tutti scappano a Londra (anche 13 big Usa hanno fatto come Fiat)…

Attilio Befera lo ha assicurato: l’Agenzia delle Entrate verificherà il pagamento delle tasse italiane di Fca, la nuova Fiat con sede legale in Olanda e cittadinanza fiscale nel Regno Unito. Ma il trasloco del Lingotto da Torino a Londra non è la prima, né l’ultima, delle fughe dei big internazionali dal fisco di casa propria ai regimi “business friendly” approvati sull’altra sponda della Manica o dell’Oceano. C’è il Regno Unito, certo, con una corporate tax sforbiciata nel 2013 fino a un 23% che fa gola a società che scontano aliquote superiori del 10% . E poi l’Irlanda, gli stessi Paesi Bassi, le Bermuda, le Cayman… L’esodo è iniziato, con un’emorragia di capitali che incrina l’Italia, si allarga all’Europa e non risparmia gli Stati Uniti. Anzi.

Cominciamo dal Lingotto. Perché proprio Londra? Su 13 compagnie Usa che hanno trasferito sede e cartelle esattoriali all’estero, quattro si sono affidate al fisco del Regno Unito. Basterebbe questo dato, fornito da una ricostruzione Bloomberg, per suggerire quanto e come la Gran Bretagna sia “appealing”, attraente, per il futuro fiscale della nuova Fiat. Downing Street, nell’esplicito tentativo di «fare del Regno Unito il miglior posto al mondo per stabilizzare un’impresa», ha avviato dal 2010 un piano di riforme del sistema di tassazione. L’obiettivo è rendere l’erario di sua Maestà «il più competitivo del G20». E i primi risultati si vedono: corporate tax sforbiciata dal 28% al 23% nel 2013, con un ulteriore taglio al 21% per l’anno in corso e al 20% per il 2015. Niente a che vedere con il 12,5% dell’Irlanda, terra di sbarco di Google e altri colossi del web. Ma neppure con il 31%, il 33% e addirittura il 40% previsti rispettivamente in Italia, Francia e Usa entro la stessa scadenza del 2015. Senza contare lo snellimento delle pratiche burocratiche, incentivi al segmento Research and Development (Ricerca e sviluppo), tassa sul capital gain con tetto ben saldo a un massimo del 28% contro il 34,5% della Francia, il 40% dell’Irlanda e il 45% della Germania.

 

Mal comune, mezzo gaudio. O meglio, mezzo fisco: secondo alcuni analisti, la trafila di delocalizzazione di big nordamericani costa al Tesoro Usa più di 500 milioni di dollari all’anno. Negli States, il cambio di indirizzo sulla rotta dei “tax heavens” (i nostri paradisi fiscali) è una pratica che ha preso piede da anni. Dal 2007 ad oggi, come accennato sopra, sono 13 le grosse compagnie Usa che hanno traslocato il proprio domicilio fiscale lontano dalla madrepatria e da una corporate tax senza pari tra i paesi sviluppati: il 35%, quasi tre volte tanto di quella prevista in Irlanda. Nell’ordine: l’agenzia pubblicitaria Argonaut Group Inc. e la compagnia di assicurazioni Tower Group si sono spostate alle Bermuda, la multinazionale del petrolio Esco International Inc., la società di consulenza Aon Corporation, “l’eccellenza delle trivellazioni” Rowan Cos. E il gigante delle telecomunicazioni Liberty Global Inc. hanno scelto il Regno Unito. I colossi dei medicinali sembrano preferire l’Irlanda: tre case farmaceutiche da fatturati record come Jazz Pharmaceuticals Inc., Actavis Inc. e Perrigo Co. hanno spostato il proprio domicilio fiscale sull’isola. Il quadro si completa con Sara Lee Coffee Unit, Olanda, e Vantage Energy Services, Isole Cayman. Endo Health Solutions Inc., Omnicom Group Inc e Applied Material Inc. si preparano a salpare quest’anno verso Dublino e Amsterdam. Già nel 2004 il Congresso aveva tentato il primo tampone con una legge che imponeva e, in teoria imporrebbe ancora, una tassa speciale del 15% sugli stock option dei dirigenti. “In teoria” perché da allora, sempre secondo la ricostruzione di Bloomberg, almeno sette società di grossa dimensione hanno aggirato l’ostacolo con dei bonus che ammortizzano il prelievo in più del governo. Alcune si sono limitate a “rimborsare” i propri vertici, pagando le imposte scaricate sui conti degli executive. Altre hanno formulato scappatoie, perfettamente legali, per quelli che sono stati ribattezzati con uno sciogli lingua: «metodi per evitare di pagare la tassa che cerca di evitare che non si paghino le tasse».

 

 

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