30 Aprile 2024, martedì
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Big Pharma: il lato oscuro della lobby farmaceutica

di Ronald Abbamonte

Negli ultimi mesi abbiamo imparato a familiarizzare con i nomi delle case farmaceutiche di rilevanza mondiale a cui abbiamo rimesso le possibilità di superare la pandemia. Pfizer, Moderna, Johnson e AstraZeneca negli ultimi mesi sono stati nomi che si sono rincorsi in nome di quella speranza chiamata vaccino, indicata da tutti gli esperti come la strada maestra per venire fuori dal contagio planetario in corso ormai da un anno.

Non v’è dubbio che ognuno di questi nomi rappresenta  vere e proprie potenze economiche spesso e volentieri in grado d’indirizzare il corso degli eventi anche attraverso modalità che potremo definire border line. Non può destare alcun scalpore, essendo entità economiche  finalizzate al lucro, se quindi le case farmaceutiche perseguono in ogni loro attività il profitto e poco possiamo obiettare se la pandemia in corso rappresenta, in questa ottica, una solida e indiscutibile possibilità di guadagno. Quello che possiamo umanamente aspettarci è che gli interessi economici siano pienamente compatibili, nel loro agire, con gli interessi della collettività mondiale e che nessun caso questi ultimi siano sacrificati alla regola del solo profitto che francamente, in un simile contesto, apparirebbe mostruosa.

Le lobby farmaceutiche

Il nome Big Pharma identifica il cartello che riunisce le maggiori multinazionali farmaceutiche. Sotto questa etichetta trovano spazio giganti come Pfizer,Johnson & Johnson, Novartis, Roche e Merk, senza dubbio le aziende più importanti dell’intero mondo delle multinazionali del settore. Una poderosa concentrazione economica con un fatturato globale in tutto e per tutto paragonabile al prodotto interno lordo di uno stato dell’importanza della Spagna.

Cartello che nel corso degli ultimi decenni non ha esitato ad utilizzare la propria forza economica per consolidare la posizione di dominio attraverso un’attività senza scrupoli di condizionamento di centri di ricerca, di istituti universitari,di mezzi d’informazione e di protocolli terapeutici resi completamente ed interamente  asserviti ai loro obiettivi strategici.

Una ramificazione, ormai consolidata negli anni, in tutti i centri nevralgici di potere, in tutti gli organi in cui si assumono  le decisioni vitali relative ai farmaci e che di conseguenza rivestono una rilevanza fondamentale per il business dei farmaci. Non a caso c’è chi mette in dubbio la stessa integrità e imparzialità  dell’organizzazione mondiale della sanità che pur dovrebbe avere come unica preoccupazione la tutela della salute dell’intera popolazione mondiale e sicuramente non la prosperità delle multinazionali. Così come rimangono  legittime  le perplessità sull’imparzialità della stassa agenzia europea del farmaco EMA finanziata da Big Pharma nella misura addirittura dell’83%.  Il vero rischio è quindi quello tipico di ogni sistema in cui regna sovrana la confusione tra chi controlla e chi viene controllato, essendo praticamente i primi alla dipendenze finanziarie dei secondi. Un sistema in cui ogni attività, spesso ai limiti della legalità , possa sempre far leva su  un sufficiente grado di copertura da parte di organi di controllo addomesticati e conniventi.

Il ritardo sospetto del vaccino anti-Covid 19

Così, quando nelle ultime settimane,  sono comparse le prime notizie circa i ritardi di Pfizer e AstraZeneca nella consegna dei vaccini è subito maturato il sospetto che si trattasse dell’ennesima manovra scorretta perpetrato dalle cause farmaceutiche in questione. Il taglio delle consegne di Pfizer, motivato dal colosso americano come conseguenza di non precisati lavori resi necessari  nello stabilimento di Puurs, ha lasciato perplessi quasi tutti. Il vero sospetto è che le quantità promesse all’Europa e regolarmente prenotate dall’ Unione Europea abbiano preso il volo verso acquirenti disposti a pagare cifre maggiori per ogni singola dosa.

Inutile dire che se tutto ciò fosse vero sarebbe davvero raccapricciante assistere a quanto si possa cadere in basso nella ricerca del profitto e nella speculazione commerciale  anche quando è la sopravvivenza mondiale ad essere in bilico.

Ma anche al di fuori del cartello Big Pharma con AstraZeneca le cose non sono andate diversamente e subito dopo le prime forniture l’azienda britannica ha anch’essa annunciato il ritardo nelle consegne. Addirittura in questo caso si tratterebbe di una riduzione rispetto a quanto previsto nel contratto di fornitura del 75% delle dosi . Sembra proprio inevitabile lo  scontro legale frontale tra UE e la multinazionale anglo -svedese. Se quest’ultima in base a una determinata lettura dei vincoli contrattuali si ritiene tutt’altro che obbligata alla consegna di un numero di dosi prestabilito, affermando per bocca del suo amministratore delegato che l’impegno era solo limitato a fare il meglio possibile o “il miglior sforzo possibile”  di diverso opinione l’unione europea che boccia in tronco questa interpretazione della clausola in chiave di esenzione da qualsiasi responsabilità in merito alle capacità produttive.  

Anche qui le motivazioni addotte da AstraZeneca,  basate su un presunto calo di produzione di un’azienda partner in Belgio, non hanno proprio convinto nessuno destando il sospetto che le dosi commissionate sarebbero state dirottate sul fronte del mercato britannico.

La situazione al momento rimane fluida in quanto la massima attenzione è rivolta comunque a garantire nei singoli Stati dell’unione un numero sufficienti di vaccini in grado di garantire la prosecuzione dei piani vaccinali seppur adattati alla nuova realtà venutasi a creare. Ma c’è da scommetterci che le contestazioni continueranno nel prossimo futuro, dove molto probabilmente,  avremo ancora una volta modo di assistere a come il sistema in essere,  espressione del potere sconfinato delle multinazionali,  abbia saputo cautelarsi nelle pieghe degli obblighi contrattuali sfruttando le solite connivenze e garantendosi l’ennesima impunità.

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