Nel giorno dedicato alla sua commemorazione alla Camera, il ricordo di Nicola Pietrangeli assume il peso di un’eredità che supera la dimensione sportiva. Le parole di Chiara Appendino, deputata del Movimento 5 Stelle e vicepresidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, restituiscono la statura di un personaggio che ha attraversato il Novecento italiano non come semplice atleta, ma come figura capace di ridefinire l’idea stessa di italianità nello sport.
Pietrangeli è stato il primo a spingere il tennis tricolore oltre la soglia del possibile, quando questa disciplina non aveva ancora il seguito popolare né la struttura professionale di oggi. Serviva qualcosa di più di talento per aprire quella strada: servivano coraggio, visione e una dose di ostinazione che gli ha permesso di competere e vincere sui palcoscenici più prestigiosi del mondo.
Appendino lo ricorda con precisione e rispetto: fu l’uomo che fece scoprire agli italiani la sensazione di poter battere chiunque. Le sue vittorie al Roland Garros e la conquista della Coppa Davis del 1976 non furono soltanto successi sportivi, ma eventi culturali capaci di creare un’inedita identità collettiva attorno al tennis. È in quel momento che Pietrangeli smette di essere solo un campione e diventa un simbolo nazionale.
Ma la cifra di un personaggio come lui non si esaurisce nei risultati. Appendino, rivolgendosi all’Aula non solo da parlamentare ma da persona che lo ha conosciuto da vicino, invita a guardare al di là dei trofei. Ne tratteggia la personalità magnetica: ironia affilata, eleganza naturale, capacità di tenere insieme leggerezza e profondità. Un modo di stare al mondo che lo ha reso punto di riferimento per generazioni di atleti e non solo. In molti, anche al di fuori dell’ambiente sportivo, hanno visto in lui un modello di stile, autenticità e cultura sportiva.
C’è in questo ricordo anche un’ultima immagine, quasi simbolica: Pietrangeli se ne va mentre il tennis italiano vive la sua stagione più luminosa, tornato ai vertici mondiali che lui per primo aveva raggiunto e reso familiari. È come se il ciclo da lui inaugurato trovasse oggi una sua naturale continuità.
“Ci stringiamo alla sua famiglia”, conclude Appendino. “Caro Nicola, ci mancherai. Il tuo nome è inciso nel marmo del Foro Italico, ma soprattutto resterà nel cuore di tutti gli italiani.” Una frase che non ha il tono della retorica, ma quello di un Paese che saluta uno dei suoi protagonisti più autentici.
