1 Ottobre 2025, mercoledì
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Israele colpisce a Gaza: ucciso un comandante di Hamas. Ma il bilancio civile è drammatico

L’IDF elimina un cecchino dell’ala militare di Hamas. Almeno sessanta i palestinesi uccisi in 24 ore. Il Regno Unito pronto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Starmer: “Violenza e fame a Gaza sono intollerabili”

Gerusalemme – L’esercito israeliano ha annunciato l’eliminazione di Majed Abu Salmiya, definito come un militante dell’ala militare di Hamas e accusato di pianificare un attacco imminente contro le truppe israeliane nell’area di Gaza City. La notizia è stata diffusa da una nota ufficiale delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), che hanno rivendicato l’operazione come un’azione mirata con l’obiettivo di prevenire un attentato in fase avanzata di preparazione.

“Majed Abu Salmiya operava come cecchino per Hamas – si legge nel comunicato – ed era coinvolto in attività terroristiche connesse a un attacco imminente contro le nostre forze a Gaza City”. Secondo le IDF, l’operazione è stata condotta con munizioni di precisione, assistenza di sorveglianza aerea e supporto d’intelligence per minimizzare i danni collaterali e l’esposizione della popolazione civile.

Ma nonostante le cautele dichiarate, la scia di sangue continua a crescere. Nelle stesse ore, un raid aereo israeliano ha colpito un edificio residenziale nel cuore di Gaza City. Lo riferisce l’emittente Al Jazeera, citando fonti mediche palestinesi. Il bilancio provvisorio, secondo quanto riportato dalla Tass, è di almeno quattro civili uccisi nel raid. L’attacco si inserisce in una nuova ondata di bombardamenti che ha colpito pesantemente la Striscia nel fine settimana.

Il Ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, ha diffuso dati allarmanti: oltre sessanta morti nelle ultime 24 ore, con più di duecento feriti tra Gaza City e le zone limitrofe. Una cifra che si aggiunge al già tragico computo delle vittime registrate dall’inizio dell’ultima escalation.

Scenario in peggioramento, Londra accelera sul riconoscimento della Palestina

In questo quadro di crescente tensione, giunge un segnale politico di potenziale svolta diplomatica: il premier britannico Keir Starmer è pronto ad annunciare nel pomeriggio il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Lo riferiscono diversi media del Regno Unito, confermando una linea già delineata dallo stesso leader laburista nel mese di luglio.

Allora, Starmer aveva dichiarato che Londra avrebbe proceduto al riconoscimento unilaterale entro settembre, a meno che Israele non avesse rispettato alcune condizioni, tra cui l’adesione a un cessate il fuoco a Gaza e un chiaro impegno negoziale verso una soluzione a due Stati, conforme ai parametri fissati dal diritto internazionale.

Fonti vicine a Downing Street, citate dalla BBC, sottolineano come il deterioramento della situazione sul terreno abbia accelerato la decisione. In particolare, hanno richiamato l’attenzione sulle immagini diffuse dai media internazionali che documentano episodi di fame estrema, devastazione urbana e violenza diffusa tra la popolazione civile di Gaza. Il premier avrebbe descritto queste condizioni come “intollerabili” e inaccettabili per la coscienza democratica europea.

Il contesto: un conflitto senza tregua

L’eliminazione di Abu Salmiya si inserisce in una più ampia campagna militare israeliana contro la rete militare di Hamas, che ha visto un’intensificazione degli scontri nelle ultime settimane, soprattutto nel settore settentrionale della Striscia. L’IDF rivendica operazioni “chirurgiche”, ma i numeri parlano anche di un impatto drammatico sulle popolazioni civili.

Secondo gli analisti, la figura di Abu Salmiya era considerata rilevante nei ranghi intermedi dell’organizzazione, con un ruolo operativo diretto sul campo, specialmente nelle attività di cecchinaggio e assalti alle pattuglie israeliane. La sua eliminazione rappresenta, da parte di Israele, un messaggio di deterrenza e una riaffermazione del diritto all’autodifesa. Tuttavia, la sua morte non appare sufficiente a frenare l’ondata di violenze che, secondo le Nazioni Unite, ha superato i limiti del diritto umanitario internazionale in più occasioni.

Reazioni e prospettive

Non sono ancora arrivate reazioni ufficiali da parte del governo israeliano alla decisione imminente del Regno Unito, ma fonti diplomatiche parlano di “forte preoccupazione” a Gerusalemme per un possibile effetto domino. Il riconoscimento da parte di un attore storico come il Regno Unito potrebbe infatti riaprire il dossier palestinese in Europa, a partire da Francia e Spagna, che in passato si sono dette favorevoli a una simile mossa “nei tempi opportuni”.

Sul fronte palestinese, invece, il gesto di Starmer viene interpretato come un atto di legittimazione politica in un momento di profondo isolamento internazionale. Il rischio, tuttavia, è che la crescente frammentazione della leadership palestinese – tra Hamas a Gaza e l’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania – vanifichi l’effetto concreto del riconoscimento, lasciandolo confinato al piano simbolico.

Conclusione: diplomazia al bivio, guerra sul campo

Il Medio Oriente torna al centro della scena internazionale in una fase in cui le diplomazie appaiono spesso impotenti e i processi di pace fermi da anni. L’iniziativa britannica, se confermata, potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma anche alimentare nuove tensioni con Israele e con gli Stati Uniti, tradizionale alleato dello Stato ebraico.

Nel frattempo, a Gaza, si continua a morire. Gli annunci diplomatici si intrecciano con il rombo dei caccia e le sirene dei soccorritori. E il conflitto, che da decenni sfida la pace, sembra ancora una volta resistere a ogni tentativo di soluzione.

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