Nel silenzio ovattato del carcere di Regina Coeli, Mark Samson ha preso carta e penna per raccontare la sua versione dei fatti. Lo ha fatto attraverso una lunga e disturbante lettera indirizzata ai pubblici ministeri di Roma, in cui confessa — ancora una volta — l’omicidio della sua ex compagna, Ilaria Sula, 22 anni. Un femminicidio consumato tra le mura di un’abitazione familiare, nel quartiere Africano della Capitale, e proseguito con un macabro tentativo di occultamento del corpo.
“Dalle 22:15 del 25 marzo fino alla mezzanotte abbiamo parlato della nostra relazione”, scrive il 23enne. “Mi dava fastidio il fatto che frequentasse altre persone. Mi ero stancato di aspettarla”. Con tono distaccato, Samson descrive l’ultima notte trascorsa con Ilaria, che gli aveva chiesto ospitalità per non rincasare tardi. “Le ho dato un pigiama comodo, ci siamo sdraiati sul letto e abbiamo ricordato i momenti felici: i viaggi, i soprannomi affettuosi — ‘Amore, tesoro, vita’, e poi anche ‘Shpirt’, ‘Zemra ime’, ‘Bebe Ko’, ‘Mahal’, ‘Asawa’…”.
Parole dolci che si trasformano presto in sangue. All’alba del 26 marzo, l’aggressione. Ilaria viene accoltellata, secondo le indagini, all’interno della casa di famiglia di Samson, in via Homs. A quel punto, il ragazzo tenta di disfarsi del cadavere. Prima chiudendolo in un trolley, poi cercando invano di caricarlo nell’auto. “Ho aperto tutti gli sportelli per vedere se entrava sui sedili. Non ci riuscivo. Così sono rientrato a casa a prendere un’altra valigia”.
Una volta sistemato il corpo nel bagagliaio, la sequenza degli eventi si fa ancora più agghiacciante. “Era una giornata di sole splendente. Ho portato fuori il trolley, ho lasciato passare due ragazze che venivano verso di me e poi, senza l’aiuto di nessuno, l’ho caricato in auto. Sono partito senza una meta”. Ore dopo, un gesto che lascia sgomenti: “Verso le 16:30 mi sono fermato da un tabaccaio per comprare sigarette e un accendino. Il corpo di Ilaria era ancora con me”.
Il tragitto, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, è poi proseguito fino a Capranica Prenestina, dove il giovane ha abbandonato la valigia in un burrone. Le indagini, coordinate dalla Procura di Roma, proseguono per chiarire ogni dettaglio del delitto e ricostruire con precisione la dinamica e i moventi.
Un gesto estremo, quello di Samson, che si inserisce tragicamente nella lunga lista dei femminicidi in Italia. E che, ancora una volta, pone l’urgenza di riflettere sul possesso, sulla gelosia e sull’illusione tossica che può celarsi dietro la parola “amore”.