A cura del Prof.Avv. Giuseppe Catapano
Negli ultimi anni abbiamo visto nascere incontri e rapporti inaspettati con cristiani e musulmani coinvolti in progetti comuni (come i nuovi scavi del Santo Sepolcro, il recupero della tomba di Lazzaro e di tutta l’area di Betania, diverse attività di aiuto sociale a Betlemme).
Con fatica e dedizione, nel tempo costruito qualcosa che sembrava andare controcorrente rispetto alla mentalità del conflitto e della divisione. Questa nuova, immensa ondata di violenza e di guerra, diversa da tutte le altre, ha sconvolto tutti, con lo stesso effetto del terremoto in Siria: quello che pian piano era stato ricostruito giorno per giorno, ora cade di nuovo. E in questo contesto è ancora più tragico, perché qui ad agire è la furia cieca dell’uomo.
È riemerso un odio che in qualche modo sembrava essere stato vinto da tanti momenti di condivisione e vita insieme. Di fronte a questi fatti così tremendi e duri, vedendo la più ampia portata della questione, le conseguenze terribili che potrebbe avere nel contesto medio-orientale, mediterraneo e globale, è sorto potentemente un senso di paura e di non speranza: la convinzione che da una cosa così non si possa tornare indietro e che in fondo il peggio debba ancora venire.
Come sempre accade, la speranza si è però re-introdotta come un cambiamento di sguardo… alcuni testimoni e fatti da guardare, che hanno fatto spostare lo sguardo dalle circostanze storte e senza uscita, all’esperienza.
Di fronte a questi fatti… dov’è Dio?”, “Più che altro io mi chiedo: dov’è l’uomo?? Dentro tutto questo fiume di violenza, dov’è finito l’uomo??”. Un giudizio che ricentra lo sguardo sull’umanità e ribalta la questione: cosa rende l’uomo uomo?