A cura di Carla Cavicchini
Le meditazioni di Jean Jacques Rosseau
Può sembrare anacronistico parlare di Jean-Jacques Rousseau indicato come non
precursore dell’Illuminismo – secolo dei lumi – bensì’ ìlluminista’ diremmo sui generis e, per certi versi, più precursore del ‘Romanticismo.’
In tempo di Twitter e del Metaverso riflettendoci sopra, all’inizio tutto appare opera di
visionari ma, solamente dopo viene da chiedersi come mai qualcuno non ci aveva pensato prima.
L’agile libretto che ci offre l’editore “ Lorenzo De’ Medici Press “, con la bella introduzione della brava giornalista scrittrice, traduttrice Ilaria Guidantoni, potrebbe essere, perché no? quel sassolino gettato nello stagno della indifferenza e della uniformità culturale che oggi ci opprime.
Le riflessioni di un vegliardo qual’ era Jean-Jacques Rousseau nel mentre si accingeva a resocontare le sue ‘passeggiate’ senili in quel Ermenonville, l’ultima delle quali lo
accompagnerà al giorno della sua morte, varrebbero forse a scalfire quel settorialismo
culturale che si contrappone al globalismo economico dei nostri tempi, questo in parte
realizzato mentre il primo, ben lungi da trovare in sé una forza universale improntata alle ambizioni leopardiane delle ‘ magnifiche sorti e progressive’, ci appare sempre più
frammentato in tante culture impermeabili tra loro e, anzi, molte volte in forte dissidio e conflitto, ammantate da una melassa di dati veicolati dagli strumenti informatici che spesso confondono ancor prima di informare.
“Le Fantasticherie di un Viandante Solitario” sono considerate l’ultima opera di Jean
Jacques Rousseau.
Egli descrive le sensazioni provate nelle passeggiate quotidiane, le sue riflessioni ed il
dialogo con se stesso, che pare essere rimasto l’unico suo piacere, poiché oramai
emarginato dalle vorticose relazioni umane sino a pochi anni prima coltivate.
Non dimentichiamo la sua amicizia alle volte anche conflittuale con due grandi
dell’Illuminismo quali Diderot e Voltaire, venuta meno negli ultimi anni di vita del
pensatore.
Le passeggiate sono una specie di diario ma anche di confessione, e infatti molti ritengono che altro non siano se non il prosieguo delle più note ‘Confessioni’.
L’autore è ormai sopraffatto da una sempre più accentuata misantropia, egli scrive per se stesso e non per gli altri.
Così come del resto aveva fatto per tutta la sua vita egli riflette sui rapporti umani, ma stavolta in maniera pessimistica, poiché destinati comunque a risolversi in un conflitto e cadere nella corruzione delle relazioni.
Nell’introduzione al libro, Ilaria Guidantoni ci propone un interessante confronto tra il
modello di società pensato da Ibn Khaldoun, studioso del mondo arabo della seconda
metà del XIII secolo, poco noto alla cultura occidentale.
Ci viene quindi proposta una lettura comparata, con interessanti spunti sull’origine della civiltà sedentaria, attraverso il passaggio della caccia e pastorizia all’agricoltura e con esse consolidamento dello spirito del Clan che porta con sé fedeltà e solidarietà reciproca.
Principi questi che Rousseau contesta e mette in crisi, senza tuttavia sostituirli con una nuova proposta di convivenza tra esseri umani.
Nella lettura delle sue passeggiate-riflessioni traspare una fuga dal mondo degli uomini, per rifugiarsi nel rapporto con la natura, non a caso in questo periodo Rousseau si interessa alla vita delle piante, che lo appaga più di ogni altra cosa.
In buona sostanza egli diviene un implacabile giudice di se stesso, il passeggiare assume il significato di uno stile di vita, una metafora dell’essere in cammino.
A pensarci bene quale miglior esercizio per la nostra mente di persone del nuovo
millennio, riproporci delle ‘Passeggiate’ quotidiane, privi di appigli social, soli con noi
stessi, senza la ‘rete’ di protezione che pensa per noi . Così, tanto per provare e, se del caso, avere conferma che abbiamo ancora un’anima scollegata dall’algoritmo!