29 Settembre 2023, venerdì
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SOLUZIONI AL DEBITO – QUESITI OPERATIVI

E’ ipotizzabile la rinuncia alla procedura di liquidazione controllata?

A cura dell’Avv. Prof. Luca Barbuto

La liquidazione controllata, già disciplinata dalla L. 3/2012 con la diversa denominazione di Liquidazione dei beni è una delle procedure di risoluzione al debito riformate con il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e disciplinata all’art. 268 e seguenti.

L’accesso alla procedura è riservata al consumatore, al professionista, alle imprese minori, all’imprenditore agricolo ed alle start up innovative ed ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o liquidazione coatta amministrativa che versino in uno stato di sovraindebitamento, inteso come lo stato di crisi o di insolvenza come disciplinato all’art. 2 – ovvero in una situazione che rende probabile l’insolvenza intesa quest’ultima come lo stato di incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Gli effetti della liquidazione controllata sono di particolare rilevanza posto che, il debitore potrà liberarsi dei propri debiti anche se non integralmente pagati, in modo da poter ripartire con una nuova attività al riparo dalle azioni dei creditori anteriori insoddisfatti. La procedura di liquidazione controllata consente, infatti, al debitore di beneficiare, a determinate condizioni, della esdebitazione, che consiste appunto nella liberazione dei debiti e nella inesigibilità del debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura stessa

Elemento di novità rispetto alla vecchia normativa è dato dalla possibilità, non solo da parte dei soggetti sopra indicati, ma anche su iniziativa dei creditori stessi del soggetto sovraindebitato, di promuovere ed attivare la procedura di liquidazione controllata, e ciò in presenza di determinati presupposti, ovvero la sussistenza dello stato di insolvenza e del limite quantitativo dell’ammontare dei debiti risultanti dall’istruttoria il quale dovrà essere uguale o superiore ad euro 50 mila. 

In ogni caso, alla domanda di liquidazione proposta dal creditore nei confronti di persona fisica non segue l’apertura della procedura laddove l’Organismo di composizione attesti l’impossibilità di acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.

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Al quesito operativo posto in premessa – ovvero se il debitore sovraindebitato possa, a seguito della sentenza di apertura della procedura, formulare istanza di rinuncia alla stessa – occorre dare risposta negativa ritenendosi inammissibile una istanza di rinuncia alla procedura di liquidazione avanzata dopo la pubblicazione della sentenza di apertura in ragione della natura essenzialmente concorsuale e pubblicistica del procedimento e dell’assenza di una espressa previsione legislativa sul punto.

Ulteriori spunti di riflessione per il quesito in oggettovengono forniti dal disposto di cui all’art. 43 – previsto in tema di liquidazione giudiziale ma applicabile anche alla liquidazione controllata – dal quale si desume la possibilità di rinuncia ma solo in una fase antecedente alla sentenza – ed ancora – dall’art. 276 il quale, nel disciplinare la chiusura della procedura già aperta, rinvia espressamente all’art. 233, che individua tassativamente le ipotesi di chiusura, tra le quali non si rinviene, in maniera espressa, l’ipotesi della rinuncia.

Inoltre, già sotto la vigenza della vecchia normativa di cui alla L. 3/2012 si era consolidato un orientamento giurisprudenziale secondo il quale al debitore non sarebbe consentito, una volta intervenuto il decreto di apertura del Giudice, di rinunciare liberamente alla domanda, attesa la natura e la struttura concorsuale e pubblicistica del procedimento, ed appunto l’assenza di una espressa previsione legislativa circa la possibilità di revocare detto decreto.

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