20 Aprile 2024, sabato
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L’economia italiana tra confusione e quel cambiamento che non avviene mai

A cura di Ionela Polinciuc

L’economia mondiale si trova in un periodo particolarmente delicato caratterizzato dalle incertezze emerse con la guerra in Ucraina le cui conseguenze si riflettono sui principali indicatori macroeconomici. Tanta confusione anche a livello politico. Dalla fase di ripresa post pandemica, in cui diversi indicatori economici erano tornati positivi e facevano presagire a una decisa crescita, siamo stati catapultati nella crisi geopolitica legata al conflitto Russia-Ucraina, che ha complicato nuovamente lo scenario internazionale. In concreto, cosa dobbiamo aspettarci per il nuovo anno? Servirà la sfera di cristallo per capire cosa succederà alla politica? Forse sì. È grave che in un periodo come quello che stiamo attraversando i partiti diano ai cittadini il massimo del pressapochismo. Tutti contro tutti. Poche idee e anche confuse. Tanto odio e poca sostanza. Per rispondere a questi interrogativi, abbiamo intervistato il Prof. Avv. Giuseppe Catapano

Prof. Catapano secondo Lei, qual è il futuro dell’economia italiana?

Le previsioni parlano di un sicuro rallentamento dell’economia nel 2023, ma i pareri discordano sulle probabilità di recessione. Secondo il Fondo monetario internazionale l’economia dell’Italia andrà sotto zero (-0,2%), mentre Ocse (+0,2%) e Unione europea (+0,3%) sono più ottimiste.

Le parole d’ordine che caratterizzeranno l’economia del 2023, almeno nella sua fase iniziale sono due inflazione e recessione.

La prima c’è la portiamo dietro dal 2022e non sparirà di colpo con i botti di fine anno: le previsioni dell’Unione europea stimano un aumento del 7% dei prezzi al consumo, certo meno dell’8,5% registrato nel 2022 ma ben lontano dall’obiettivo del 2% ritenuto salutare dagli economisti. Le tensioni sui prezzi, il costo dell’energia , che non accenna a diminuire e le paure geopolitiche rischiano poi di trascinare il Continente in una spirale recessiva che nessuno si augura. Per l’Unione ci salveremo per un soffio, con una crescita a fine 2023 che si attesterà allo 0,3%, ma lo scenario è fluido e non tutti gli analisti concordano.

Tra i protagonisti certi dell’economia del prossimo anno ci sarà la tecnologia, ovviamente, ma questa volta con la componente hardware per eccellenza: i chip. Le prime avvisaglie sono arrivate nel 2022, sono attese conferme: l’Unione ha preparato un pacchetto che muoverà 43 miliardi di euro per potenziare l’industria dei semiconduttori europea, gli Stati Uniti hanno fatto lo stesso. Il tema sarà caldo a lungo. Così come l’ambiente, declinato in chiave innovativa: il greentech, con ogni probabilità, otterrà la sua consacrazione il prossimo anno. Tra i temi caldi anche le acquisizioni che, nel mondo, potrebbero ritornare a caratterizzare le cronache finanziarie, per rispondere alla necessità di consolidamento per competere alla pari in un mercato globale aggressivo e ostile (e attenzione al friend shoring).

Quanto sarà profondo il danno che la guerra in Ucraina apporterà alla ripresa, e quale sarà l’impatto dell’emergenza energetica sulla transizione ecologica?

La prima vittima è il PIL dell’Ucraina. Il Prodotto interno lordo dell’’Ucraina è diminuito di oltre il 30% secondo Amundi e, dati i continui danni alle infrastrutture fondamentali, il costo finale della ricostruzione potrebbe superare i 1.000 miliardi di dollari.

La sconfitta dell’economia russa. Le spese della Russia per la difesa sono aumentate del 60%. Nello stesso tempo i ricavi delle esportazioni di petrolio e gas sono diminuiti del 40%. Lo sforzo bellico sta portando a un forte deterioramento delle finanze pubbliche, con disavanzi di bilancio senza precedenti negli ultimi mesi.

La crisi energetica in Europa. Il blocco del gas russo ha avuto un impatto del 4% sul PIL in Europa e ha contribuito all’aumento dell’inflazione. La guerra ha accelerato la transizione energetica e ha costretto l’Europa a utilizzare manovre fiscali per attutire l’impatto del caro energia su famiglie e imprese.

Per capire quanto il conflitto Russia -Ucraina  abbia inciso e incida sugli investimenti dobbiamo partire da quale sia, a un anno dall’avvio della guerra, la salute dei mercati. Dopo un 2022 negativo per tutte le Borse, nei primi 40 giorni del 2023 i mercati e in generale tutti gli asset più rischiosi hanno ottenuto forti guadagni. Quanto è sostenibile questo rialzo?

Vediamo quali sono i punti chiave secondo le analisi di Amundi, Bnp Paribas Asset Management, Morgan Stanley e La Financiere de l’Echiquier

L’impatto della guerra sugli investimenti. Al momento i mercati non credono alla fine del conflitto entro un anno e ipotizzano una guerra di logoramento. A prescindere dagli scenari di guerra, per gli investitori il quadro geopolitico globale è cambiato: le catene del valore sono più corte, c’è un maggiore protezionismo e c’è un aumento dell’inflazione con cui dovremo fare i conti a lungo.

Le opportunità del conflitto. I cambiamenti geopolitici hanno aumentato il rischio, ma anche le opportunità per gli investitori su trend di lungo termine: la corsa ai semiconduttori, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, le energie rinnovabili e la diversificazione delle catene di approvvigionamento. In questo contesto anche le materie continuano a essere interessanti.

Il ritorno degli asset rischiosi. Dopo quasi un anno di forti tensioni, le valutazioni di azioni, obbligazioni e asset rischiosi in generale sono salite da gennaio 2023 grazie alle aspettative di un “atterraggio morbido” per l’economia statunitense, con una discesa dell’inflazione senza recessione. Per questo le Borse sono ripartite.

L’America ora piace più dell’Europa. La corsa al rialzo del mercato azionario globale ha portato i gestori a rivedere le previsioni espresse a fine 2022. Le attese della maggioranza dei money manager erano favorevoli al mercato europeo contro gli Stati Uniti. Ora dopo il rally in molti stanno rivedendo le posizioni.

Il ritorno dei mercati emergenti. Per i mercati emergenti, la maggiore frammentazione indotta dalla guerra implica la necessità di concentrarsi sui Paesi piuttosto che sui mercati emergenti come asset class. Tra i Paesi su cui puntare la Cina è in testa a tutte le preferenze.

Fino a che punto si spingeranno le banche centrali. Nonostante il rialzo delle borse e alcuni segnali positivi dell’economia americana che scacciano i timori di recessione, non c’è ancora una direzione netta dei mercati. Nessuno sa davvero fino a che punto la banca centrale americana (FED) e quella europea (BCE) continueranno a spingere sui tassi. Le attese sono per un rialzo fino a 5,25% da parte della FED e l’inizio dei tagli nel terzo trimestre 2023. La BCE potrebbe spingersi fino al 3,50% e non c’è nessuna visibilità sull’inizio dei tagli che in molti sperano arrivino entro dicembre 2023. In questo contesto la volatilità e le discese improvvise delle Borse sono probabili.

Quali sono i rischi per l’economia dopo le elezioni del 2023?

Non ci aspetta un bel periodo, come consumatori, così come non se lo aspettano le aziende. E che lo faccia invece il nuovo governo sarebbe idiota pensarlo, indipendentemente da come la si pensi politicamente.

Soluzioni? Facili non ce ne sono, mai. Inutile negarlo. “La speranza non è una strategia”, si dice nel mondo economico-finanziario. Lo scenario macroeconomico, è duro e difficile da accettare, ma è quello, sia a Bruxelles che a Roma.

In passato l’unione di politiche monetarie e fiscali ha tolto le castagne dal fuoco, ma questa volta pare, al momento, incapace di attaccare contemporaneamente inflazione e contrazione economica.

Due sole cose sono certe: la prima è che ci aspettano tempi duri, ancora per un bel po’; la seconda è che ne usciremo, come sempre, anche se al momento, nessuno, in tutto il mondo, sa come fare a farlo.

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