19 Aprile 2024, venerdì
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Toshiba produrrà anche insalata

Dalle fabbriche di pc a quelle di insalata. In Giappone, un marchio tecnologico come Toshiba si sta lanciando nella coltivazione di verdure non ogm, allevate senza pesticidi. Verrebbe da definirle bio, in realtà sono nuovi prodotti: le piante crescono con metodi hi-tech in fabbriche asettiche come quelle dei semiconduttori, che permettono di allungarne la scadenza, o di arricchirle di vitamine e altri nutrienti che fanno gola ai consumatori salutisti.
Toshiba interpreta così l’idea di alimenti bio, per rispondere a una fortissima domanda interna, esplosa dopo il disastro nucleare di Fukushima nel marzo 2011 e indirizza il suo piano di investimenti triennale da 10,9 miliardi di euro proprio sul benessere, oltre che al business dell’energia e dei semiconduttori. «L’interesse dei consumatori dell’Arcipelago per cibi sani, protetti da prodotti chimici e da suoli inquinati, è andato via via crescendo», ha dichiarato l’azienda in un comunicato. A fronte di una produzione stagnante, la domanda di vegetali è infatti altissima: solo nel 2012, il Giappone importava 10 mila tonnellate di insalate, destinate specialmente a essere consumate dai single.
I frutti della Clean room farm Yokosuka, questo il nome del progetto annunciato da Toshiba a maggio, verranno presentati al Salone dell’orticoltura di Tokyo (dal 23 al 25 luglio) e commercializzati da qui a settembre.
Nei 2 mila metri quadrati asettici della fabbrica di Yokosuka, a sud della capitale, Toshiba ha iniziato a coltivare spinaci e diverse varietà di insalate in una soluzione liquida arricchita di sostanze nutrienti.
In fabbrica, la presenza di microrganismi è mille volte meno forte che in un campo naturale e le condizioni in cui le piante vengono allevate permettono di estendere la conservazione dei prodotti, che non vengono trattati con pesticidi, o insetticidi.
Hi-tech sì, ma non ogm. «Le sementi utilizzate sono le stesse dell’agricoltura tradizionale. Non sono geneticamente modificate», ha dichiarato l’azienda a Le Monde.
Altri vantaggi: la fabbrica è quasi automatizzata, non richiede personale qualificato e non osserva le stagioni, quindi la produzione è stabile tutto l’anno. La tecnologia, inoltre, permette di far crescere in uno spazio di poco inferiore ai 2 mila metri quadrati, 3 milioni di insalate all’anno, cioè 200 tonnellate circa. Poche, per ora, ma la diversificazione del business in chiave alimentare delle aziende tecnologiche è sostenuta dal governo giapponese, che punta all’autosufficienza alimentare, ferma al 40%: le fabbriche di vegetali, infatti, hanno ricevuto dal ministero dell’economia sovvenzioni per 107 milioni di euro dal 2009 a oggi.
Toshiba, tuttavia, sostiene di non aver ricevuto alcun aiuto di stato. Piuttosto, progetta di vendere «fabbriche di grandi dimensioni e di elementi per questo genere di installazione prima della fine dell’esercizio 2014», mentre i proventi della vendita degli alimenti dovrebbero ammontare a 2,1 milioni di euro. Per rendere i nuovi prodotti più appetibili, inoltre, l’azienda progetta di sviluppare verdure arricchite per esempio con vitamina C e polifenoli, utili all’organismo umano.
La svolta di Toshiba è dettata anche dai tempi. Le attività tradizionali come gli elettrodomestici, i computer e le tv sono in difficoltà. In campo energetico, l’obiettivo di costruire 39 reattori nucleari da qui al 2018 è stato abbandonato. Parallelamente, il gruppo sta provando a seguire nuove strade, fra cui quella delle fabbriche di vegetali. Un mercato promettente, in cui Toshiba vuole essere protagonista, sfruttando l’aumento della popolazione su scala mondiale.

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