26 Aprile 2024, venerdì
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Animali in condominio: quando il padrone del cane può essere sanzionato

Condominio pet-friendly? Sempre più persone convivono con un animale domestico nella propria casa. La presenza di questi animali, di solito, non comporta nessun inconveniente ma quando, invece, i proprietari degli animali non si preoccupano o non riescono ad impedire che i loro animali infastidiscano in vario modo i vicini, esplode spesso una reazione di questi ultimi, provocando litigi ed incomprensione che spesso diventano insanabili ed irrimediabili. A conferma di quanto detto i Giudici hanno emesso diverse sentenze in tema di mantenimento di una pacifica convivenza in ambito condominiale. I protagonisti sono, tanto per cambiare, i cani ovvero il miglior amico dell’uomo. I numeri parlano chiaro. Dai dati divulgati in questi giorni dall’Aidaa (tribunale degli per la tutela legale degli animali) ogni 17,5 minuti scoppia una lite in condominio causata dalla detenzione di un animale. Dati in forte aumento rispetto all’anno 2012 quando le richieste per liti in condominio per animali erano “solo” 23mila. Quindi abbiamo assistito ad un incremento del 23.4%. Nel 2013 sono state registrare 30mila liti. Le consulenze prestate relativamente alle liti di condominio legate alla presenza di animali dall’Aidaa hanno riguardato prevalentemente i cani, per i quali ci si lamenta in particolare dell’abbaio, dell’uso continuato e quasi esclusivo per loro degli spazi comuni, di problemi legati all’uso dell’ascensore. In particolare, 19.000 delle 30.000 richieste di consulenza hanno riguardato cani, 8.900 gatti, 1.800 volatili ed altri animali.

La vicenda. Brevemente il caso in oggetto si sostanzia in questi termini: il Tribunale di Foggia aveva condannato una coppia di inquilini con una ammenda di 300 euro per aver arrecato disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone non avendo impedito il latrato del cane durante le ore del giorno e della notte.

La decisione. La Prima sezione penale della Cassazione con sentenza 6685, emessa in data 12-02-2014 invece, ribalta completamente il verdetto: la sentenza deve essere annullata per insussistenza del fatto. Secondo i giudici di legittimità vi è la mancanza di uno degli elementi costitutivi del predetto reato. Infatti, per concretizzare una rilevanza penale, la condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, deve necessariamente incidere sulla tranquillità pubblica, in quanto “l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare”. Se i latrati del cane non pregiudicano la quiete pubblica e non arrecano disturbo ad un numero indeterminato di persone ma ai soli denuncianti, il padrone del cane non può essere condannato (cfr. come già disposto dalla stessa Corte nella sentenza n.47298 del 29.11.2011). Nel caso di specie la casa in cui il cane veniva accudito era in aperta campagna e, per tali ragioni, i latrati non potevano disturbare un numero indefinito di abitanti.

Alcune considerazioni sulla sentenza. La motivazione utilizzata dalla Cassazione ruota intorno ad una interpretazione letterale dell’art. 659 c.p acclamando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato da tempo. Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario per erogare la contravvenzione prevista dal comma 1 dell’art. 659 c.p. è sufficiente la dimostrazione che la condotta posta in essere dall’agente sia tale da poter disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone indipendentemente dal fatto che una sola di esse si sia in concreto lamentata (Cass. 05-07- 2006, n. 23130). La Cassazione inoltre che qualifica il reato ex art. 659 c.p. come reato di pericolo presunto, diretto a tutelare la tranquillità pubblica o privata (Cass. 13-02- 1997, n. 1284; Cass. 23-06-1989; Cass. 03-03-1993; Cass.-10-2004, n. 40393). Per cui, secondo questo orientamento, ai fini della sua configurabilità, non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone (Cass., 14 -10- 2004, n. 40393).

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