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Cellule, quattrini e bugie La storia nera di Stamina nel dossier dei carabinieri

Questo è l’inizio della storia. Per la prima volta siamo in grado di documentarlo attraverso le carte dell’inchiesta giudiziaria. Nel 2007 c’è un professore di psicologia con i capelli spettinati, che gestisce un call center di successo in centro a Torino. Riceve finanziamenti privati e pubblici per lavori come questo: «Atteggiamenti dei piemontesi nel settore culturale».

 

Ha 40 anni, un Rolex al polso, ottimi contatti. Ma chi è davvero Davide Vannoni?

«Ho deciso di andarmene perché mi chiedeva di modificare i dati di ricerca a favore dei suoi interessi personali. Perché sosteneva che solo gli imbecilli pagano le tasse. Perché diceva che le malattie degenerative, fortunatamente, erano in aumento. Così lui avrebbe guadagnato di più, tanto erano senza speranza». E’ il verbale di Rebecca P., la sua principale collaboratrice di allora. Nell’informativa dei carabinieri del Nas datata 29 giugno 2009, spiega come ha conosciuto il fondatore del metodo Stamina: «Sono laureata in Scienze della Comunicazione, insegno all’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Conosco il professor Vannoni dal 1999 per incarichi professionali. Sono entrata in Cognition nel 2007 nella veste di consulente. Ho svolto il ruolo di responsabile di ricerche di mercato… Ho deciso di tagliare i contatti in occasione di una telefonata che ho avuto modo di ascoltare. La biologa Olena parlava in tono concitato con Vannoni, sostenendo che un paziente stava male a causa di una puntura di staminali. Diceva che quel paziente era da inviare in ospedale…».

 

E’ l’epifania del caso Stamina. Quando il call center del professor Vannoni si trasforma in qualcos’altro. Proprio Rebecca P. racconta questa strana mutazione genetica agli investigatori: «Per un problema personale di salute, il professor Vannoni si era recato a Kharkov, in Ucraina. Lì ha conosciuto i due staminologi Vyacheslav Klimenko e Olena Shchegelska. Al suo rientro ha deciso di creare una struttura simile in Italia». E’ una semiparesi facciale a rompere l’equilibrio. Vannoni ha la bocca contratta in una smorfia. Parla con difficoltà. Non trova una cura. Parte per Kharkov e scopre il mondo delle staminali. Forse, a quel punto, deve essergli sembrato logico travasare i contatti per le ricerche di mercato nella sua nuova avventura.

 

E’ quello che succede. «A detta di Vannoni, è stato sostanzialmente aiutato da alcuni politici», mette a verbale Rebecca P. Quali politici? «Dal vice presidente della Regione Piemonte Paolo Peveraro, dall’assessore Andrea Bairati e dal presidente della Regione Mercedes Bresso. In Cognition operava, in qualità di assistente di ricerca, il figlio di una collaboratrice stretta dell’assessore Bairati, che aveva seguito il tema delle staminali. Inizialmente il centro per la manipolazione delle cellule doveva nascere all’ospedale San Luigi di Orbassano. Tramite l’assessore Nicotra, era stata emanata una delibera di giunta per la collaborazione fra Vannoni e la Regione. Ma alla fine il progetto non andò in porto».

 

Ora si sa quello che è successo. La Regione Piemonte stava per finanziare gli esperimenti di Vannoni con 500 mila euro. Titolo del progetto: «Attività promozionali per la conoscenza delle cellule staminali». Ma pochi giorni prima di mettergli a disposizione i soldi, l’accordo è saltato. Qualcuno aveva messo in guardia l’assessore Bairati. I dipendenti di Cognition stavano per denunciare Vannoni per la sua «attività parallela». Per questo pezzo di storia, è importante sapere che a dicembre del 2013 Davide Vannoni è già stato rinviato a giudizio per tentata truffa. Secondo la Procura di Torino, tutte le credenziali che aveva presentato per ottenere il finanziamento dalla Regione erano false. Scrive il pm Giancarlo Avenati Bassi: «Presentando un progetto privo di contenuto scientifico. Millantando le partecipazioni di professori al comitato scientifico della sua associazione. Illustrando nel progetto sei casi di pazienti in realtà inventati».

 

Ma la mutazione genetica di Cognition ormai era inarrestabile. Vannoni aveva già assunto i due biologi ucraini. Così decide di realizzare il laboratorio nel seminterrato del suo call center. «Un laboratorio buio, senza areazione, dieci metri quadrati scarsi», dice Rebecca P. «Mi ricordo un paio di frigoriferi, un ripiano con alcuni microscopi. Lì dentro i due biologi lavoravano tutto il giorno, riproducevano cellule che avevano prima espiantato da pazienti vivi».

Sopra call center, sotto laboratorio clandestino. Arrivano malati da tutta Italia. Vannoni maneggia le cartelle cliniche. Ama farsi chiamare neuroscienziato. Ecco cosa racconta Michela O., un’altra impiegata di Cognition: «Il professor Vannoni mi chiese di occuparmi di un minore, Amedeo C. Un bambino di tre anni, affetto da paresi cerebrale. Dovevo somministrargli dei test neuropsicologici, posto che lo stesso era inserito nel trattamento terapeutico delle cellule staminali». Dalle telefonate, agli esami clinici. Dalla cultura in Piemonte, al dramma di un bambino. «Non ho redatto alcuna relazione conclusiva – si giustifica Michela O davanti ai carabinieri – perché non ho ricevuto alcun incarico formale da Vannoni. E mi sono resa conto che non stava procedendo in maniera eticamente corretta».

 

Sono giorni fuori da ogni regola. Arrivano parenti disperati e pronti a tutto. Vannoni mostra il video di un ballerino paralizzato che guarisce dopo la terapia. L’avallo medico lo fornisce il neurologo, Leonardo Scarzella. Il prelievo avviene alla clinica Lisa di Carmagnola. Mentre nello scantinato, i biologi ucraini conservano provette con dentro un tritato di osso e liquor spinale. Da cui ricaveranno le infusioni.

Le prime denunce contro il metodo Stamina sono del 2009. Il padre di Paola P., per esempio: «Per tutta la procedura Vannoni mi chiese una somma totale di 50 mila euro. Gli dissi che per mia figlia avrei dato l’anima. Lui si preoccupò di informarmi che questa procedura chirurgica in Italia era vietata, quindi di non fargli pubblicità sulla guarigione di mia figlia, posto che a Natale avrebbe pranzato con noi. Mi garantiva una guarigione all’87 per cento. Con la prima puntura sarebbe stata a posto».

 

Il miracolo non avviene. Il padre non si arrende. «Vannoni, prima dell’intervento di novembre, mi disse che aveva cambiato modo di essere pagato, ovvero 30 mila euro sul suo conto corrente tramite bonifico. Mi aveva detto che nella causale dovevo mettere la dicitura “contributi, donazioni e oblazioni”, perché era un modo come un altro per aggirare l’ostacolo della legge… Posto che la terapia somministrata a mia figlia non sortiva alcun beneficio, chiesi a Vannoni quale fosse l’intendimento per la prosecuzione della cura. Lui mi disse che la seconda puntura l’avrebbe eseguita in un clinica di San Marino. Pagai altri 8000 euro più le spese. Anche la terza puntura venne fatta a San Marino, ma lì non pagai. A fine ottobre del 2008, alla segretaria che sollecitava il pagamento della terza fattura, risposi che avrebbe dovuto vergognarsi…».

 

Sono 68 le vittime accertate dal procuratore Raffaele Guariniello, nel periodo del laboratorio clandestino. E’ la prima fase dell’inchiesta: Torino, Carmagnola, San Marino, Trieste. Se i pazienti hanno pagato una media di 27 mila euro (ma diversi indicano cifre superiori) il totale incassato da Vannoni è di 1 milione 836 mila euro. Intorno a lui, si muovono: «Il neurologo Scarzella, con il ruolo di reclutare i pazienti. Il direttore sanitario del Poliambulatorio Lisa, Luciano Fungi. L’ortopedico Andrea Losana, che ha costantemente eseguito tutte le biopsie ossee. Il dottor Roberto Ferro, che ha favorito le sperimentazione abusive presso il poliambulatorio Lisa». Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione pericolosa di farmaci. Scrive il Nas: «Davide Vannoni è la principale figura di riferimento. La sua condotta è stata menzognera, falsa, al limite del grottesco. Come nel caso delle false dichiarazioni fatte sottoscrivere ai pazienti per ciò che attiene le biopsie ossee e i prelievi di liquor spinale, per arrivare alla false dichiarazioni nei documenti fiscali per la somministrazione di emolumenti economici in conti correnti di fatto riconducibili a Vannoni stesso».

 

Dovevano ancora venire, in ordine sparso: la sperimentazione all’ospedale di Brescia, la guerra dei protocolli, i ricorsi al Tar, le manifestazioni dei genitori a favore della cura, il ruolo del Parlamento in questa storia tutta italiana. Ma l’inizio, almeno l’inizio, adesso è chiaro. I carabinieri del Nas volevano l’arresto del profeta delle staminali: «Non può essere sottovalutato il rischio al quale pazienti gravemente ammalati sono stati sottoposti».

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