Gli inquirenti che indagavano sulle cause del disastro aereo di Ustica furono vittime di continui tentativi di depistaggio. E la tesi dell’abbattimento del Dc9 Itavia da parte di un missile è definitivamente accertata. La Corte di Cassazione ha accolto con queste motivazioni il ricorso presentato dagli eredi della proprietà dell’Itavia, la compagnia aerea alla quale apparteneva il volo Bologna-Palermo precipitato un mare il 27 giugno 1980 con a bordo 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, dopo essere esploso in volo per circostanze mai chiarite. La Suprema corte ha anche ravvisato la necessità di istruire un nuovo processo in sede civile, per valutare l’eventuale responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. A rivolgersi alla Cassazione era stata Luisa Davanzali, erede di Aldo Davanzali, defunto presidente di Itavia.
In particolare, ha rilevato la Corte, è necessario valutare se nel fallimento di Itavia si sia omesso di dare la giusta responsabilità agli effetti negativi provocati proprio dai depistaggi che gettarono “discredito commerciale” sulla compagnia colpita anche da “provvedimenti cautelari” sollecitati “dalla diffusione della falsa notizia del cedimento strutturale” del DC9. “E’ stata una grande vittoria per tutti noi”, ha detto la presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti. “Anche per Aldo Davanzali che ora non c’è più ma si è sempre battuto sostenendo la tesi dell’abbattimento del Dc9”.