Nel pieno della discussione sulla legge di bilancio, Giorgia Meloni sceglie la via della chiarezza. Con un messaggio pubblicato su X, il premier ribadisce in modo perentorio che la patrimoniale “non vedrà mai la luce con la destra al governo”. Una presa di posizione che suona come una risposta diretta tanto alle opposizioni quanto al leader della Cgil, Maurizio Landini, che nelle scorse ore ha rilanciato l’idea di un “contributo di solidarietà” sui grandi patrimoni.
Il post, asciutto ma politicamente denso, arriva in un momento delicato per l’esecutivo, impegnato a difendere l’impianto della Manovra economica e la propria visione liberale e produttiva dello sviluppo. “Le patrimoniali – ha scritto Meloni – ricompaiono ciclicamente nelle proposte della sinistra, ma con la destra al governo non vedranno mai la luce”.
Un messaggio che segna una linea di confine netta: il centrodestra non intende introdurre nuove imposte sui patrimoni privati o sui risparmi degli italiani. L’obiettivo dichiarato resta quello di stimolare la crescita e alleggerire il peso fiscale su chi produce. “Rilanciare l’economia e sostenere famiglie e imprese senza chiedere nuovi sacrifici”, ha più volte ripetuto Meloni, sintetizzando una filosofia economica che punta su incentivi e riduzioni fiscali selettive, non su prelievi straordinari.
Il fronte delle opposizioni: la patrimoniale come strumento di equità
Sul fronte opposto, le opposizioni tornano a invocare una maggiore redistribuzione della ricchezza. Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, ha dichiarato che “la patrimoniale non è un tabù”, citando l’esempio del Brasile di Lula come modello per un’Europa capace di intervenire sui “super-ricchi”. Anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, ha attaccato il governo accusandolo di “retorica senza alcuna proposta concreta” in materia fiscale.
Per il centrosinistra, la patrimoniale rappresenta uno strumento di giustizia sociale in un Paese dove le disuguaglianze si sono accentuate negli ultimi anni. Ma per Meloni e la coalizione di governo, è esattamente il contrario: un freno alla crescita e un segnale negativo per chi investe. Da qui la chiusura definitiva di Palazzo Chigi a ogni ipotesi di tassa sui grandi patrimoni durante l’attuale legislatura.
La proposta di Landini: un contributo dell’1% per finanziare welfare e servizi
Nel dibattito è intervenuto anche Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che ha rimesso al centro la questione della redistribuzione con una proposta concreta: un’aliquota dell’1% sui patrimoni superiori ai 2 milioni di euro. Secondo i calcoli del sindacato, la misura – che riguarderebbe circa 500 mila italiani – potrebbe generare fino a 26 miliardi di euro da destinare a sanità, scuola e lavoro.
“Bisogna andare a prendere i soldi dove sono”, ha detto Landini durante un’assemblea della Cgil a Firenze, accusando la Manovra del governo di essere “ingiusta” perché “scarica il peso sui lavoratori e pensionati anziché colpire le rendite”. Una posizione che rilancia il confronto con l’esecutivo sul terreno della giustizia fiscale, ma che trova nel premier un muro invalicabile.
La Manovra in discussione: priorità, risorse e tensioni sociali
Il messaggio di Meloni arriva mentre la legge di bilancio entra nella sua fase decisiva. La Manovra punta a confermare il taglio del cuneo fiscale, sostenere le famiglie con misure per la natalità e garantire nuovi incentivi alle imprese. Al centro, la riduzione dell’Irpef per il ceto medio e la semplificazione delle aliquote.
Ma il fronte sindacale e quello delle opposizioni restano in stato di mobilitazione. La Cgil ha già annunciato nuove manifestazioni in diverse città per chiedere un maggiore impegno su salari, pensioni e welfare. La linea del governo, tuttavia, resta ferma: difendere il risparmio privato, favorire la produttività e puntare su un’economia “che cresce dal basso”, non su prelievi straordinari.
Nel botta e risposta che attraversa la politica italiana, la questione fiscale torna dunque a essere terreno di scontro ideologico. Per la premier, la patrimoniale è “un fantasma del passato” che rischia di penalizzare il Paese. Per la sinistra e i sindacati, è invece l’unico modo per riequilibrare una società sempre più diseguale.
Tra le due visioni si gioca una delle partite centrali della legislatura: quella su chi deve pagare il prezzo delle scelte economiche e su quale modello di sviluppo debba guidare l’Italia nei prossimi anni.
