Le parole del presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Meeting di Comunione e Liberazione non sono passate inosservate. Con accenti che lasciavano intendere un possibile ruolo politico della magistratura, il premier ha lanciato un messaggio ambiguo e in parte provocatorio. La risposta dell’Associazione nazionale magistrati è arrivata immediata, chiara e senza fronzoli: “Non c’è nessuna volontà da parte della magistratura associata di svolgere attività di opposizione politica, né di ostacolare l’esercizio delle prerogative e dei poteri che spettano al potere esecutivo”, ha affermato il presidente Cesare Parodi.
Un messaggio secco, diretto: i magistrati non sono strumenti da usare a piacimento, e chi tenta di dipingerli come opposizione politica commette un errore di sostanza e di forma. “I magistrati applicano le leggi – ha sottolineato Parodi – tenendo necessariamente conto del quadro normativo generale, come prevedono le loro prerogative”. Non interpretazioni personali, non schieramenti: solo diritto, solo norme, solo legalità.
Parodi ha poi ricordato che le recenti decisioni della Corte europea confermano questo approccio, ribadendo che il rispetto dei ruoli non è un optional ma un obbligo costituzionale e internazionale. Tradotto in termini più chiari: la magistratura non arretra di fronte a pressioni politiche, e chi prova a delegittimarla rischia di scontrarsi con la legge, con la Corte e con l’opinione pubblica.
L’editoriale lascia poco spazio a fraintendimenti. Il governo può esercitare i propri poteri, ma non può pretendere di usare la magistratura come una pedina o dipingerla come nemica politica. La nota dell’Anm non è solo una difesa istituzionale, ma un avvertimento netto: la Costituzione e lo Stato di diritto non ammettono scorciatoie. In un momento in cui i rapporti tra politica e giustizia sono sotto i riflettori, questo chiarimento si legge come una lezione di autonomia, equilibrio e fermezza, e come una risposta decisa a chi confonde il diritto con il consenso.
