27 Ottobre 2025, lunedì
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Mohammad Bagheri, il generale dell’ombra che ridisegnò l’esercito iraniano

Architetto della strategia militare di Teheran, fu il perno della modernizzazione delle forze armate e della proiezione regionale dell’Iran. È morto sotto le bombe israeliane in una delle operazioni più clamorose degli ultimi anni.

Un potere costruito in silenzio, un’eredità che resta nelle sabbie del Golfo. Mohammad Hossein Bagheri, figura chiave nella galassia militare iraniana, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano nel cuore di un’operazione che ha scosso gli equilibri della regione. Con lui sono morti anche Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie, e due scienziati coinvolti nei progetti nucleari di Teheran.

La sua caduta rappresenta non solo una perdita strategica per l’Iran, ma anche un segnale inequivocabile dell’intensificarsi dello scontro tra Israele e l’asse sciita. Bagheri non era un volto noto al grande pubblico, ma tra i corridoi del potere militare di Teheran era considerato l’uomo del disegno lungo: stratega, accademico, coordinatore della difesa multilivello del regime.

Le origini: da una famiglia di guerra al cuore dello Stato

Nato a Teheran attorno al 1960, Bagheri cresce in un ambiente segnato dalla cultura militare. Suo fratello Hassan, martire della guerra Iran-Iraq, è stato una delle figure leggendarie della prima generazione dei pasdaran. Lui ne seguirà le orme, ma con un profilo diverso: più riflessivo, più sistemico, più incline alla visione geopolitica.

Formatosi come ingegnere meccanico all’Università Amirkabir, completa successivamente un dottorato in geografia politica presso la Tarbiyat-e Modares University. Un percorso accademico che si affianca alla militanza nei Guardiani della Rivoluzione, dove entra giovanissimo nel 1979, in pieno fervore post-rivoluzionario.

Partecipa alla guerra contro l’Iraq e si distingue anche nelle operazioni interne contro le insurrezioni curde. Ma è nel lavoro di intelligence e nella pianificazione strategica che costruisce la propria reputazione, diventando l’uomo delle mappe e delle reti.

Il salto di qualità: la guida dell’intero apparato militare

Il 28 giugno 2016 arriva la svolta: l’Ayatollah Ali Khamenei lo nomina Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, succedendo a Hassan Firouzabadi dopo 27 anni di continuità. È una mossa che segna il consolidamento del controllo dei pasdaran anche sulla catena di comando dell’esercito regolare (Artesh) e sulle forze di polizia. Bagheri diventa così il primo coordinatore operativo dell’intero sistema di difesa iraniano.

Non un semplice uomo di raccordo, ma un vero innovatore. Bagheri imprime una svolta verso l’integrazione delle diverse componenti: esercito, marina, aviazione, forze speciali e reparti d’élite. Rilancia i programmi missilistici, autorizza la costruzione di città sotterranee per lo stoccaggio degli armamenti, aggiorna i radar e i sistemi antimissile, consolida il cybercomando.

Nel maggio 2025, pochi giorni prima della sua morte, si era recato personalmente nel Golfo Persico per ispezionare le flotte iraniane, sottolineando il ruolo strategico dello Stretto di Hormuz come arteria vitale per l’energia globale. Nello stesso mese aveva annunciato l’avvio della costruzione di una barriera difensiva da 3 miliardi di dollari al confine con il Pakistan, nella turbolenta regione del Sistan-Baluchestan, per contrastare infiltrazioni terroristiche e traffici illeciti.

L’uomo del sistema, il volto internazionale del potere militare

Bagheri non era soltanto un comandante d’armi: era anche un diplomatico in uniforme. Ha viaggiato più volte in Russia, Siria e Cina, rinsaldando le alleanze militari di Teheran in funzione anti-occidentale. Ha promosso esercitazioni congiunte, condiviso tecnologie e intelligence, alimentato una visione multipolare della sicurezza regionale.

Nel delicato equilibrio tra il potere politico e quello militare della Repubblica Islamica, Bagheri rappresentava la continuità dell’ideologia khomeinista unita a una sorprendente capacità di adattamento strategico.

La sua morte, avvenuta in uno dei più audaci attacchi israeliani degli ultimi anni, potrebbe aprire una fase di instabilità interna e di ridefinizione degli equilibri di potere tra le varie componenti dell’apparato iraniano. Il vuoto lasciato da Bagheri sarà difficile da colmare, perché non era solo un comandante: era il disegnatore della visione militare dell’Iran contemporaneo.

Un profilo che lascia dietro di sé silenzi e inquietudini, tra i labirinti della geopolitica e i bunker blindati della difesa iraniana.

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